apprendimento e musica

Apprendimento e musica

Iniziano ufficialmente il 28 aprile le prove scritte del concorso scuola 2016. Tra i primi a sostenere l’esame ci saranno i candidati alle classi di concorso dell’Ambito Disciplinare 3 – Musica (c.d.c. A30-A20 Musica nella scuola secondaria di primo e di secondo grado). Consulta il calendario completo delle prove scritte.
Come da Programma d’esame ai candidati è richiesta la conoscenza dei “principi fondamentali della pedagogia musicale come disciplina collegata sia alla Musicologia sia alle Scienze dell’educazione, con particolare riferimento alle diverse funzioni formative esplicate dall’educazione musicale, nonché alle sue implicazioni interdisciplinari, sociali e interculturali”. Ai candidati è richiesto inoltre il possesso di un’adeguata conoscenza dei modelli teorici e operativi della didattica della musica.
Un recente studio dell’Università di Liverpool ha dimostrato che lo studio della musica, anche se fatto per un brevissimo arco temporale, può far aumentare l’afflusso di sangue nell’emisfero sinistro del cervello, deputato principalmente alla decodifica e all’elaborazione del linguaggio. Questo ci suggerisce che musica e linguaggio sono elaborate in parti comuni del cervello e che quindi l’una può avere ripercussioni sull’altro.

Apprendimento e musica: la decodifica del suono

La musica, intesa come linguaggio che veicola un significato, ha bisogno, infatti, una volta arrivata all’orecchio dell’ascoltatore, di essere decodificata. Grazie al senso che ognuno di noi attribuisce ai suoni che ascolta, il nostro corpo risponde con determinati tipi di comportamento, che possono essere di tipo emotivo, ma anche di tipo motorio (danza). Mentre, però, gli effetti del linguaggio parlato sono sicuramente più palesi, gli effetti che produce il linguaggio musicale sono più nascosti, perché diretti alla parte emotiva ed inconsapevole del nostro cervello.
Tutti i suoni, che siano essi parola o musica, hanno bisogno di essere decodificati dal nostro cervello, affinché possano essere associati ad un significato. Per il linguaggio parlato, il percorso di decodifica avviene attraverso varie tappe, che portano al planum temporale sinistro, e più precisamente all’Area di Wernicke, che gli studiosi hanno individuato come centro di decodifica del linguaggio parlato.
Per il linguaggio musicale, non si è in grado di individuare con altrettanta certezza un’area del cervello specializzata nella sua decodifica. Possiamo, però, dire, supportati dall’osservazione clinica di alcuni soggetti colpiti da lesioni ischemiche alla parte sinistra del cervello, e quindi resi afasici ma non amusici, che la zona deputata alla decodifica del linguaggio musicale sia principalmente quella destra. Questo non esclude, però, un coinvolgimento di entrambi gli emisferi nella decodifica del linguaggio musicale: sappiamo, infatti, che tra parola e musica esiste una naturale e complessa interazione.
Nel linguaggio parlato esiste una componente musicale e ne abbiamo un esempio lampante nella poesia, mentre nel canto il messaggio musicale è arricchito fortemente dalle parole del testo. Per questo, quindi, in perfetto accordo con lo studio condotto presso l’università di Liverpool, possiamo dire che nella decodifica del linguaggio musicale sono coinvolti entrambi gli emisferi e che chi studia, o ha studiato anche per un breve periodo la musica, ha una maggiore facilità nella decodifica e nell’uso della parola. La formazione musicale può, allora, comportare una modifica dei nostri meccanismi cognitivi a vantaggio dello sviluppo del linguaggio.
Queste deduzioni ci portano alla conclusione che chi studia musica ha una marcia in più, poiché il cervello, sottoposto a una serie di stimoli aggiuntivi, elabora e risponde in modo tale da rinforzare inconsapevolmente anche altri tipi di linguaggio, come quello parlato.

DSA e Musica

Lo studio della musica per i ragazzi ha un forte potenziale di sviluppo cognitivo. A maggior ragione, la musica potrebbe essere di supporto, o addirittura terapeutica, per gli alunni con DSA. Ricordiamo che questa sigla indica i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, che rendono appunto più difficile l’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo per alcuni ragazzi.
Sembra che tali disturbi siano legati ad un’anomalia del planum temporale che, mentre comunemente presenta una asimmetria (quello di sinistra è più grande di quello di destra), per i ragazzi con DSA, invece, questa asimmetria manca. La parte sinistra, deputata normalmente alla decodifica del linguaggio, nel ragazzo con DSA, si equivale a quella di destra.
Di qui, quindi, le difficoltà che questi ragazzi manifestano nell’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo. A seconda del campo in cui si manifestano queste difficoltà di apprendimento, gli alunni con DSA possono dimostrare difficoltà nella lettura (dislessia), nella scrittura (disgrafia), nell’ortografia (disortografia) e nel calcolo (discalculia).
Questi ragazzi, però, assolutamente normodotati ed intelligenti, apprendono in modo diverso rispetto agli altri e quindi hanno bisogno, per raggiungere il successo formativo, di strumenti compensativi, che li aiutino a decodificare il linguaggio e che li collochino allo stesso punto di partenza degli altri. È come dare gli occhiali ad un miope e permettergli di vedere come chi non ha problemi alla vista.
Lo studio della musica, coinvolgendo anche l’emisfero sinistro per la sua decodifica, potrebbe avere degli effetti formidabili nell’alunno con DSA, favorendo e potenziando le capacità verbali e migliorandone, in generale, i processi cognitivi.
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