È una splendida mattina di primavera qui a Milano e, mentre cammino in una delle mie zone preferite di questa bella città che nasconde angoli inaspettati e caratteristici, ripenso all’incontro appena avuto con Veronica Arlati. Psicologa con una passione per il mondo dell’infanzia e per le storie, è l’autrice di uno dei libri di fiabe più conosciuti tra quelli sul tema delle emozioni: Emozioni in fiaba.
L’avevo contattata qualche settimana fa, dopo che mi era venuta un’idea: perché non chiedere a una persona che ha messo le emozioni al centro della propria professione cosa ne pensa di Verdolina scopre il mondo? Ero davvero curiosa di avere una opinione – chiamiamola così – “professionale”. E quella di Veronica mi incuriosiva particolarmente, perché il suo libro mi è piaciuto tanto.
Così l’ho contattata e oggi mi ritrovo a raccontarvi quella che doveva essere una intervista e che si è invece trasformata in una piacevolissima conversazione sulle persone, sulla società, sulle fiabe, sull’importanza delle relazioni interpersonali.
Gli argomenti dell'articolo
Un paio di premesse
Prima di iniziare, però, devo necessariamente dirvi che
a
abbiamo parlato per più di un’ora, e quindi capirete che è umanamente impossibile riassumere tutto quello che ci siamo dette senza sacrificare qualcosa
b
per i più coraggiosi e interessati tra voi ho comunque preparato una “versione integrale” della nostra conversazione, dove troverete una serie di argomenti a mio avviso interessanti almeno quanto quelli che state per leggere.
Quindi, se vi stuzzica l’idea di…
- avere un parere professionale su quando e come sviluppare l’intelligenza emotiva
- riflettere su quale sia il valore aggiunto di un libro nell’era del digitale
- sapere come dare qualità al sempre poco tempo trascorso con i nostri figli
- o conoscere qualcosa in più sul progetto Emozioni in fiaba
… allora inserite il vostro indirizzo nel box in fondo alla pagina e scaricate gratuitamente la versione integrale di questa conversazione che ho proprio voglia di condividere con voi, così vi iscriverete anche alla nostra newsletter e ci permetterete di informarvi su tutte le novità che riguardano il nostro blog e la nostra collana Occhicielo educare con le fiabe.
Ma qui, dedichiamoci a un argomento che sta a cuore a molti di noi: le straordinarie potenzialità educative dei libri di fiabe.
La fiaba, uno strumento efficace per arrivare al cuore dei piccoli
Francesca Vorrei iniziare la nostra chiacchierata citando una delle storie raccolte nel suo Emozioni in fiaba, la mia preferita a dirle il vero, perché mi sembra che racconti proprio del motivo per cui lo ha scritto.
I cuccioletti si svegliarono uno accanto all’altro… e improvvisamente si ricordarono… di come, mentre lo gnomo raccontava quelle bellissime fiabe, la rabbia, la paura e la tristezza a poco a poco avevano lasciato il posto all’amore e alla gioia…
I cuccioli che vivono a Baby riescono a riscoprire il valore della felicità, dell’amicizia e della solidarietà grazie alle storie che lo gnomo Sem racconta loro intorno a un fuoco allegro e scoppiettante. Noi di Occhicielo siamo d’accordo: il potere delle fiabe è straordinario! Ci spiega perché le storie si rivelano uno strumento tanto efficace per “arrivare al cuore” dei nostri piccoli e guidarli nello sviluppo di una buona competenza emotiva?
Veronica Quando sono piccoli, per comunicare i bambini usano un canale diverso da quello verbale, più simbolico, e per “simbolico” intendo il gioco, il disegno, ma anche la fiaba. Questa, in particolare, permette di entrare profondamente in contatto con il cuore del bambino, perché gli consente di fare quel passaggio di identificazione che gli offre la possibilità di vivere la “sua fiaba” a livello di mondo interiore e, allo stesso tempo, di vivere i “suoi drammi emotivi”, cioè quelli che sta sperimentando in un momento specifico del suo sviluppo, e di superarli.
Chi è mamma lo sa, in certi momenti i bambini si accaniscono su una fiaba e vogliono ascoltarla continuamente. Ciò accade perché quella storia, in quello specifico periodo evolutivo, ha per il piccolo un significato particolare e proprio la reiterazione di questo significato lo aiuta a superare il momento evolutivo che sta vivendo. Perché, magari, quella fiaba va a toccare dei punti salienti della sua problematica interna, dove con “problematica” non stiamo facendo riferimento a problemi patologici, ma a momenti di sviluppo emotivo che hanno bisogno di salti per poter essere superati. E, in questo senso, la fiaba aiuta tantissimo.
Francesca Per questo molto spesso i bambini sono attratti dai personaggi cattivi o arrabbiati? Perché loro sentono queste emozioni forti, coinvolgenti, spesso represse e censurate, che invece nella fiaba possono essere espresse?
Veronica Sì, nella fiaba queste emozioni possono essere sublimate dal bambino che pensa: “Lo vivo nella fiaba ed è come se lo vivessi anch’io”. Tanto è vero che, quando abbiamo fatto il progetto “Emozioni in fiaba” da cui è nato il mio libro, noi ricercatrici utilizzavamo uno strumento molto efficace per favorire l’immedesimazione, e cioè la drammatizzazione.
Ogni bambino poteva scegliere il personaggio della fiaba che voleva interpretare e così poteva far suo il pezzo della storia che più gli piaceva, tramite il quale riusciva a elaborare meglio una parte per lui importante. Per questa sua potenzialità la drammatizzazione può essere proprio un tipo di attività molto efficace da fare con i bambini a partire dalle storie.
Le “terribili” fiabe popolari tanto amate da Bettelheim
Francesca Proprio perché la fiaba è uno strumento tanto potente per entrare in contatto con il cuore dei bambini, vorrei farle una domanda che mi sta molto a cuore e riguarda, nello specifico, la fiaba popolare. Bettelheim, nel testo Il mondo incantato del 1975, che ancora oggi rappresenta un riferimento teorico fondamentale per chi approccia la fiaba come strumento educativo, sostiene che “dell’intera letteratura per l’infanzia – con rare eccezioni – nulla può essere in grado di arricchire e di divertire sia bambini sia adulti quanto la fiaba popolare”.
Lei è d’accordo? Glielo chiedo perché spesso questo tipo di racconto, che secondo Bettelheim, può essere istruttivo e rivelatore “circa i problemi interiori degli esseri umani e le giuste soluzioni alle loro difficoltà in qualsiasi società”, appare agli occhi di noi genitori della moderna, complessa, digitale società di massa come qualcosa di “terribile”, con bambini abbandonati da madri e padri snaturati, orchi, lupi e streghe malefiche che se li vogliono mangiare, adulti senza scrupoli che vogliono sfruttarli e pericoli di ogni genere da cui i piccoli devono tirarsi fuori quasi sempre con le proprie forze, idee e stratagemmi. Secondo lei Bettelheim ha ragione? Queste favole fanno davvero bene ai nostri bambini?
Veronica La fiaba popolare ha una struttura particolare. C’è sempre un incipit, in cui il protagonista ha un problema che deve essere risolto. Per risolverlo, si allontana da casa, vive una fase eroica, durante la quale deve superare tante peripezie, e infine torna al nido felice e contento. Se lei ci pensa, questa esperienza – che poi anche nel suo Verdolina scopre il mondo è presente, seppure vissuta in maniera meno drammatica – è simbolica della separazione dei bambini dai genitori.
Quella proposta dalla fiaba popolare quindi è in qualche modo una situazione (sempre abbastanza difficile) in cui i bambini possono immedesimarsi e che possono vivere nella fiaba. È ovvio che, nel caso delle fiabe popolari, si tratta di storie fantastiche, dove ci sono un sacco di difficoltà tremende, ma è anche vero che il piccolo protagonista è sempre forte, riesce sempre a superare tutto e ad arrivare a un lieto fine. Questo dà coraggio al bambino, nel cui immaginario la separazione dai genitori può essere vista in modo drammatico.
Come le dicevo prima, ci sono bambini che si appassionano a una fiaba e bambini che si appassionano ad altre. Ognuno, per le sue preferenze, per le problematiche che sta attraversando, sceglie quella che sente più “sua”, ovvero più vicina al suo sentire di quel momento particolare della vita. È per questo che sarebbe giusto che fossero i bambini a scegliere.
Francesca Questo mi rasserena molto. Sia perché ho anche da lei la conferma che Bettelheim è ancora attuale, anche se quarant’anni di studi pedagogici, psicologici e neuroscientifici si frappongono tra noi e il suo “mondo incantato”, sia perché posso leggere serenamente alla mia bambina di tre anni il “terrificante” – almeno per me – Pollicino di Charles Perrault che le hanno regalato.
Educazione emotiva a scuola: il grande aiuto delle fiabe
Francesca Oggi c’è un generale accordo sul fatto che l’educazione emotiva dei bambini cominci da subito, appena vengono al mondo: i primi anni di vita e le prime esperienze sono fondamentali in tal senso. Risulta ovvio allora che il primo luogo in cui la competenza emotiva si sviluppa è la famiglia: anche questo un fatto su cui c’è accordo unanime.
Ma, quanto è importante che la scuola – altra grande agenzia educativa della nostra società – sappia accogliere il contributo familiare e, nel caso in cui questo sia carente, sappia sopperire a tale mancanza? In particolare, in che modo, secondo lei, genitori e insegnanti possono trovare un linguaggio comune per un dialogo costruttivo?
Veronica È giusto, soprattutto nella scuola materna ed elementare, che ci sia una buona collaborazione tra scuola e famiglia nel supportare la competenza emotiva dei bambini. Perché è in questa fase che i bambini scoprono il mondo delle emozioni e spesso le esperienze più importanti in questo senso le fanno a scuola, a contatto con i coetanei, soprattutto nei conflitti, ma in generale in tutte le relazioni.
Qui deve venir fuori la parte “educativa” dell’insegnante, volta anche a gestire dei momenti emotivamente importanti per il bambino. E, in questo caso, la comunicazione tra scuola e famiglia è importantissima, perché c’è bisogno del supporto massiccio della famiglia, ma anche di un buon “contenitore” scolastico.
Francesca Quindi è vero che se una delle due agenzie è carente, il lavoro educativo sul bambino diventa meno efficace?
Veronica Il discorso è che, se tutto va bene, non se ne accorge nessuno. Se non ci sono cioè problematiche rilevanti a livello sociale o relazionale, cosa che deriva principalmente dal fatto che il bambino ha ricevuto una buona educazione emotiva a casa, il problema non si pone, anche se c’è una carenza da parte della scuola.
Laddove invece si manifestano situazioni un po’ più problematiche, e soprattutto visto che parliamo di bambini che sono a stretto contatto per tante ore e magari non sono tutti allineati dal punto di vista dello sviluppo della competenza emotiva, l’attenzione all’educazione emotiva anche a scuola è un aspetto da tenere nella dovuta considerazione.
In questo senso, diventa cruciale una buona collaborazione tra scuola e famiglia e diventano particolarmente utili alcuni strumenti didattici in grado di favorire il dialogo sulle emozioni. Tra questi, la lettura di una fiaba può rivelarsi molto efficace, perché l’insegnante può leggerla all’intera classe e trasformarla in una attività di gruppo e di condivisione che però ha effetti anche sul singolo.
Verdolina scopre il mondo: simbolo della scoperta, interiore ed esteriore
Francesca Noi di Occhicielo siamo d’accordo con lei dottoressa: l’educazione emotiva in classe è una necessità. E attività quali la lettura di una fiaba che lei ci suggerisce ci dimostrano come sia possibile anche senza un eccessivo aggravio di lavoro per gli insegnanti, i quali tuttavia devono essere disposti a mettere in gioco anche la propria sfera emotiva.
Spinti dalla nostra passione per la letteratura dedicata ai bambini e ai ragazzi, pensiamo che le storie, magari lette insieme dalle pagine di un bel libro illustrato, siano uno strumento molto efficace per favorire il dialogo sulle emozioni.
È per questa ragione che abbiamo scelto Verdolina scopre il mondo per cominciare il nostro viaggio. Lei che lo ha letto, può dirci se la storia di questo personaggio curioso può rivelarsi concretamente utile a genitori e insegnanti per guidare i propri figli o studenti nel percorso di conoscenza delle loro emozioni e delle parole per riconoscerle e raccontarle?
Veronica Verdolina scopre il mondo è un libro semplice e divertente, che affronta degli scenari di vita molto particolari, e tutti di scoperta, scenari durante i quali la protagonista sperimenta diverse emozioni. Nel suo viaggio alla scoperta del mondo, scopre anche che c’è un mondo di emozioni.
Grazie al suo amico Vento, inizia a dare un nome a quello che prova e vede, e lo fa proprio con gli occhi di un bambino che si approccia al mondo. A un mondo esteriore, ma anche interiore. Quindi, sicuramente questo racconto è un buon simbolo di quella che può essere la scoperta del mondo da parte di un bambino. E risulta molto utile proprio perché insegna ai piccoli a dare un nome a quello che provano e quindi a poco a poco a portarlo in parole. Cosa che può aiutare il dialogo sull’emozione stessa. Che il bambino impari a dare un nome a quello che sente è assolutamente fondamentale.
Francesca Sì, infatti, trovare le parole giuste per esprimere quello che si prova è proprio una delle difficoltà principali, anche per noi adulti. Nel senso che, delle volte, ci si sente…
Veronica … “così”
Francesca Eh sì, esatto, “ci si sente così” e non si riesce a dare un nome a questo “così” e invece è giusto attribuirglielo, innanzitutto interiormente, e poi esteriormente perché…
Veronica … mi faccio capire dall’altro
Francesca Sì, e se ho bisogno mi faccio anche aiutare e, delle volte, ottengo delle cose. Per esempio, dando voce alle proprie emozioni, Verdolina riesce a comunicare dei suoi bisogni e a ottenere che vengano soddisfatti.
A questo proposito, ho notato che anche nel suo libro, Emozioni in fiaba è molto presente l’aspetto del lessico delle emozioni: vengono ripetute più volte le parole che le connotano – “felicità”, “rabbia”, “tristezza” – inoltre, nelle schede introduttive, rivolte agli adulti, vengono proprio focalizzate mediante la formula “in questo racconto si parla di…”.
Mi sembra evidente che questa struttura sia proprio finalizzata a favorire il dialogo tra adulto e bambino, per aiutare il grande a porsi come guida e il piccolo a venir fuori da una situazione problematica.
Emozioni in fiaba un libro nato dall’entusiasmo verso l’educazione emotiva
Veronica Il dialogo è un aspetto centrale nell’educazione e, quindi, anche nell’educazione emotiva. Me ne sono resa conto fin dalle mie prime esperienze professionali, già nel corso del mio lavoro di tesi. È in questa occasione che ho avuto modo di tastare con mano anche quanto genitori e insegnanti fossero interessati al lavoro sulle emozioni.
L’entusiasmo con cui accoglievano il racconto del mio lavoro con i loro figli e studenti mi ha incoraggiato a trovare un modo per offrire loro la possibilità di portare a casa e in classe un po’ della mia esperienza. È così che ho pensato di scrivere le storie di Emozioni in fiaba e di introdurle con delle schede utili a dare delle indicazioni pratiche su come favorire il dialogo sulle emozioni tra adulti e bambini, perché dare un nome a ciò che si prova è il primo passo per la conoscenza di se stessi e per lo sviluppo della propria capacità emotiva. E io sono convinta che i libri sono degli strumenti davvero eccezionali in questo senso.
L’invito di Verdolina scopre il mondo ed Emozioni in fiaba ai “grandi”: leggete, leggete, leggete!
Francesca Ne siamo convinti anche noi di Occhicielo educare con le fiabe. Ne sono convinta anche io. Per questo invito tutti voi che ci leggete, e che siete convinti di quanto faccia bene ai nostri piccoli conoscere le emozioni che animano la loro mente, a leggere, leggere ad alta voce, leggere di sera, leggere quando volete, e di farlo insieme ai vostri bambini. Verdolina scopre il mondo ed Emozioni in fiaba vi aspettano.