Navigare nell’educazione emotiva con l’Atlante delle emozioni

Foto di copertina: Un viaggio nell’educazione emotiva con l’Atlante delle emozioni 
E poi capitano delle cose, degli incontri, che sembrano delle coincidenze, ma lo sono davvero? O semplicemente dovevano accadere perché, come direbbe Jung, noi siamo come siamo, e quello che ci accade è quello che ci doveva accadere?
È così che ho conosciuto Diego Ingrassia – una coincidenza? – mentre io cercavo lui, lui ha trovato me. Anzi, ha trovato un articolo in cui riflettevo sulle emozioni, tentavo di dare una risposta sensata a mia figlia che mi domandava Mamma che cos’è un’emozione?
E Diego, che sulle emozioni riflette da molto più tempo di me e ne ha fatto l’essenza del suo essere come persona e come professionista, lo ha condiviso sulla sua pagina il mio articolo e lo ha fatto esattamente nel modo che preferisco, proponendolo come un messaggio, rivolto alle mamme, ai papà a tutti i “grandi”, per sottolineare l’importanza di quella che, questa volta, è l’essenza del mio essere persona e professionista… l’educazione emotiva.
La condivisione virtuale è diventata una condivisione reale. Ci siamo incontrati io e Diego e abbiamo parlato tanto e, quando sono uscita dal suo bellissimo studio nella sede della I&G Management in via Gomes a Milano, la mia mente esplodeva di stimoli, li lanciava in aria e loro tornavano giù come argomenti da trattare, libri da leggere, progetti da realizzare, sfide da affrontare, emozioni da provare per produrre crescita, cambiamento, azione.
Non posso e non voglio raccontarvi tutto quello che ci siamo detti, perché una parte di quel momento è mia e voglio che rimanga tale, come desidero per tutte le esperienze significative della mia vita. Sono certa però che mi perdonerete questa piccola riservatezza, perché ho chiesto a Diego di parlare direttamente a voi su alcuni temi che penso possano interessarvi: emozioni, educazione emotiva dei bambini, la sua amicizia con Paul Ekman, i suoi progetti per la scuola e molto altro che viene dalla sua esperienza come coach e formatore, da più di vent’anni.

La nostra motivazione è nei nostri valori

Francesca Diego, ho letto in maniera appassionata il libro di Susan David che mi hai regalato, Agilità emotiva, per il quale hai scritto la prefazione all’edizione italiana. Gli spunti di riflessione che mi ha offerto sono tanti, ma ce n’è uno in particolare che mi è rimasto dentro. Riguarda quelli che l’autrice chiama i “valori”, i nostri valori personali, cioè “le credenze e i comportamenti ai quali teniamo e che ci offrono significati e soddisfazione, quelle stesse credenze e comportamenti che diventano le nostre personali motivazioni”.
Credo che riflettere, come ci invita a fare l’autrice, su quelli che sono i valori importanti per noi – non universalmente giusti o sbagliati – ma nostri, possa essere molto utile, e ancora più importante è riuscire ad aiutare i nostri bambini a individuare e seguire i propri, lontano dai condizionamenti sociali, lontano dalle suggestioni della pubblicità, vicino alla loro identità.
Tu che sei padre di due bambini e sei anche un professionista della formazione personale, cosa ne pensi? Quanto è importante per lo sviluppo della competenza emotiva dei nostri piccoli aiutarli a trovare i valori che alimenteranno la loro motivazione?  
Diego Le nostre motivazioni rappresentano i nostri desideri, i nostri valori, i nostri parametri di giudizio, le lenti attraverso cui osserviamo il mondo. Si formano durante la crescita, sono influenzate dall’educazione che abbiamo ricevuto, dall’ambiente nel quale siamo cresciuti, dalle frequentazioni scolastiche e dalle amicizie che abbiamo avuto. Qualità che cercheremo di trasmettere ai nostri figli, consapevoli che potranno imprimere una giusta direzione alle loro vite.
Ognuno di noi, nella prima infanzia e nell’adolescenza, attinge con pienezza a un vasto corollario di comportamenti e modelli che favoriscono la costruzione della nostra identità. Natura e Cultura si influenzano nel definirci come individui: il temperamento ereditato si mescola all’esperienza e ci struttura definendo chi siamo. La nostra identità si esprime anche attraverso l’accoglienza e il rifiuto che esprimiamo con le nostre scelte e le nostre azioni: entriamo in risonanza con chi ha valori simili ai nostri, ci riesce invece più difficile accogliere valori e motivazioni diverse dalle nostre. È importante ricordare che valori ed emozioni sono intimamente connessi e che ci accompagneranno per tutta la vita.

L’Atlas of emotion: la “mappa delle emozioni per una mente calma”

Francesca A proposito di risonanza, mi ha colpito molto la tua sincera amicizia con Paul Ekman, posso solo immaginare che esperienza ricca di senso sia! Credo che la profonda interiorizzazione della riflessione sulle emozioni messa in atto da entrambi, per vie diverse che però si intrecciano, contribuisca a connettervi in maniera autentica. Paul Ekman è impegnato, con il Dalai Lama, in un progetto che personalmente ritengo meraviglioso per chiarezza ed efficacia: The Atlas of emotion. Ti andrebbe di raccontarcene gli obiettivi e l’essenza?
Diego Innanzitutto, le emozioni utilizzate nell’Atlante sono quelle riconosciute come universali dalla maggior parte dei ricercatori e sono cinque: rabbia, paura, disgusto, tristezza e felicità. In merito alla sorpresa e al disprezzo, che pure Ekman annovera tra le emozioni universali, non c’è un accordo altrettanto diffuso e quindi non sono incluse nell’Atlante per ragioni diverse fra loro. La sorpresa è considerata un’emozione “traghettante” poiché anticipa emozioni di altro tipo come la paura o la felicità, il disprezzo, invece, ha origine nel momento in cui valutiamo qualcosa o qualcuno come immorale e la moralità è un costrutto più complesso che si acquisisce nel corso dello sviluppo ed è perciò intimamente connesso alla sfera valoriale più intima e personale dell’adulto.
L’Atlante delle Emozioni nasce da un’idea del Dalai Lama che ha immaginato, come lui stesso la definisce, “una mappa delle nostre emozioni per sviluppare una mente calma”. A tal proposito, si è rivolto proprio a Paul Ekman, suo amico di lunga data, affinché potesse aiutarlo nel realizzare questo progetto. Paul lo ha poi concretizzato grazie alla collaborazione di sua figlia Eve, anche lei ricercatrice e formatrice. Si tratta di uno strumento interattivo il cui principale obiettivo è imparare a descrivere come ci sentiamo e a identificare le cause delle emozioni che proviamo, cosa le innesca, al fine ultimo di controllare le reazioni che ne conseguono.
È bene sapere che ogni emozione si sviluppa su una linea temporale: l’esperienza emotiva viene attivata da uno stimolo interno o esterno e si traduce in una risposta comportamentale che può essere costruttiva, distruttiva o ambigua. Lo stesso stimolo o fattore scatenante (trigger) può provocare risposte differenti, a seconda dell’emozione che stiamo provando e della nostra visione del mondo. Infatti, ogni emozione, ogni sensazione e ogni nostra risposta comportamentale è influenzata dal nostro background cognitivo, culturale e personale.
L’Atlas of Emotions, è stato costruito sotto forma di mappa proprio per permettere alle persone di orientarsi in tutte le fasi temporali che riguardano le diverse esperienze emotive che siamo in grado di vivere e per permettere così di assumerne consapevolezza. Una consapevolezza che aiuta chi l’acquisisce a ragionare più lucidamente e a scegliere una risposta che si adatti meglio agli obiettivi che si intende raggiungere.
In questi anni di collaborazione con Paul Ekman finalizzati a divulgare una materia così affascinante e complessa abbiamo lavorato anche sulla versione italiana dell’Atlante che, da metà agosto, è fruibile gratuitamente online alla pagina: http://atlasofemotions.org
Lo spirito dell’iniziativa voluta dal Dalai Lama risiede nel rendere fruibili alcune competenze di base sulle emozioni a tutti coloro che decidono di avvicinarsi e approfondire questa materia prima di intraprendere un percorso di formazione specifico.
Lo strumento elaborato condensa le più aggiornate ricerche psicologiche sul tema, riportando i risultati che trovano l’accordo dell’88% della comunità scientifica e può essere utilizzato da chiunque desideri acquisire una maggiore consapevolezza dei suoi stati emotivi per poterli gestire in modo sempre più funzionale ed efficace, ma anche e soprattutto dagli insegnanti quale mappa per orientarsi durante l’educazione emotiva dei loro studenti.

Educhiamo oggi per investire sul futuro

Francesca A questo proposito, mi parlavi della partnership tra la I&G Management, il Ministero dell’Istruzione e Giunti editore in un progetto che avete condotto in alcune scuole per sperimentare delle attività strutturate di educazione emotiva, al fine di trarne un modello da proporre su scala nazionale.
Ti andrebbe di raccontarci questa esperienza? Come è stato accolto il progetto dai bambini? E come dai genitori e dagli insegnanti? Secondo te si andrà sempre più nella direzione di una educazione emotiva strutturata come disciplina a sé stante e trattata da specialisti o, al contrario, verso una macrotematica, una sorta di obiettivo trasversale condiviso da tutte le discipline, ma soprattutto dall’intero progetto educativo proposto dalla Scuola?
Diego È stata un’esperienza piacevole e divertente. Un progetto pilota che desideriamo ampliare e replicare in tutta Italia e su cui vogliamo investire con entusiasmo. Negli Stati Uniti è ormai una prassi consolidata parlare di emozioni, intelligenza emotiva e comunicazione non violenta all’interno delle scuole elementari. È un progetto che ripone fiducia nelle nuove generazioni e che sta ottenendo il plauso di genitori, insegnanti, psicologi ed esperti nel campo della didattica.
Avvicinare i bambini al mondo della comunicazione non verbale e delle espressioni del viso è una pratica divertente, che può essere proposta sotto forma di giochi e attività di gruppo davvero coinvolgenti. E sappiamo molto bene quanto le emozioni aiutino il ricordo. Se riusciamo a regalare ai nostri figli un mezzo per comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri, li aiutiamo a costruire il loro futuro. La Scuola è un luogo dove i bambini costruiscono le prime amicizie e si relazionano con gli adulti, è per questo che educare alle emozioni è la chiave di volta per costruire senso civico e rispetto degli altri, per costruire stima di sé e desiderio di armonia nei rapporti. Per questo vogliamo proseguire in Italia questo progetto, siamo certi che sarà un’esperienza fantastica!

Lo storytelling: raccontiamo storie per raccontare la vita

Francesca Per concludere vorrei porti una domanda più personale: ti piacerebbe raccontarci in che modo metti in pratica l’educazione emotiva con i tuoi figli? In particolare, come profondi amanti e sostenitori dei libri, noi di Occhicielo vorremmo sapere se, anche nella tua esperienza, le storie – e per storie intendo tutte, non solo quelle che parlano più esplicitamente di emozioni – si sono rivelate uno strumento utile per suscitare riflessioni condivise sui sentimenti, sui desideri, sulle paure, sulla vita insomma!
Diego Utilizzerò proprio una storia per rispondere a questa domanda. Io e te ci conosciamo abbastanza, ma sicuramente ci sono molte cose che non sai di me. Ad esempio, se tu mi chiedessi quali sono i miei hobby preferiti, potrei risponderti facendo un elenco, oppure potrei raccontarti un episodio significativo, ed è quello che farò!
Io adoro fare immersioni, è un hobby che pratico da tanto tempo e, proprio quest’anno, durante un viaggio in Thailandia, ho avuto la fortuna di condividere questa passione con mia figlia. Proprio mentre eravamo sott’acqua a osservare il fondale, abbiamo visto uscire da un anemone un pesce pagliaccio: Nemo! Mia figlia è completamente impazzita e appena risaliti in superficie ha iniziato a urlare “Hai visto papà? C’era Nemo! C’era Nemo!”. È stata un’esperienza molto emozionante, che mi ha fatto capire quanto sia meraviglioso il mio hobby.
È chiaro che il racconto di una storia ha un impatto completamente diverso rispetto a una lista di dati che alla fine non ci lascia nulla. Lo storytelling è uno strumento potentissimo a nostra disposizione – oggi trasformato in una vera e propria metodologia – ma che è sempre esistito, seppure in modo informale. Basti pensare alla nostra infanzia: tutti abbiamo avuto uno storyteller che da bambini ci raccontava le fiabe prima di andare a dormire. Chi era? Cosa ci raccontava? Dove lo raccontava? C’è una storia che fra tutte ci ha particolarmente coinvolto? Seppure siano passati tanti anni, quei momenti sono ancora vividi nella nostra memoria proprio perché fortemente connotati da un punto di vista emotivo.
Ed è proprio questa la forza dello storytelling. Io lo uso spesso quando voglio dare insegnamenti ai miei figli. Attraverso l’ascolto delle favole, ma anche episodi reali di vita quotidiana, un bambino può imparare a riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri e capire come tali emozioni aiutino a strutturare tutta la nostra esperienza. Sono un modo semplice ed efficace per condividere non solo contenuti, ma anche valori ed emozioni: per trasmettere una morale.
Francesca Queste tue parole mi fanno riflettere sul perché amo così tanto le storie, ascoltarle, ma anche raccontarle e immaginarle. Sono delle amiche che mi aiutano a mettere ordine nei pensieri e nelle emozioni, e a fissarli nella mia mente per costruire la più grande e sempre in sviluppo storia della mia vita e del “perché sono nata”.
È La grande domanda che un Wolf Elbruch bambino pone alla nonna, all’anatra, al giardiniere, alla morte, ed è la domanda che ci poniamo tutti. Una ricerca di senso molto intima e individuale, che può tuttavia condurre a delle riflessioni universali. Proprio quelle che troviamo nelle storie, antiche e moderne, ma sempre attuali perché “dell’uomo”.
Grazie davvero Diego per questo confronto e buona continuazione con il tuo bel lavoro!

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