settimana corta scuola

La modifica dell’organizzazione oraria: il passaggio alla settimana corta a scuola

La normativa di riferimento per l’adozione della settimana corta si basa su due elementi principali:

  1. Il Regolamento dell’autonomia scolastica:
    • Autonomia organizzativa (art. 5): le lezioni si svolgono “in non meno di cinque giorni settimanali”.
    • Progettazione mirata (art. 1, c. 2): l’organizzazione scolastica deve considerare il contesto, la domanda delle famiglie e le caratteristiche degli studenti per garantire loro il successo formativo.
  2. La correttezza del procedimento deliberativo, coerente con le disposizioni della legge 241/1990, di cui è responsabile il Dirigente Scolastico (DS), nel rispetto delle competenze delineate dall’art. 16 del Regolamento dell’autonomia.

Le tre fasi del procedimento amministrativo

La modifica dell’orario settimanale deve seguire le tre fasi previste dalla legge 241/1990:

1) Atto di avvio del procedimento

L’Atto di indirizzo del DS avvia il processo di aggiornamento del PTOF, la cui approvazione deve avvenire entro il mese di ottobre (L. 107/2015, art. 1, co. 12 – salvo proroghe), per consentire alle famiglie di ponderare la scelta prima delle iscrizioni. L’atto di indirizzo deve essere rivolto a:

  • Destinatari del provvedimento: famiglie, studenti, personale scolastico.
  • Organi collegiali competenti: Collegio dei docenti e Consiglio d’Istituto (CdI).
  • Enti locali: Comune / Provincia, responsabili della fornitura dei servizi di riscaldamento,  mensa e trasporti.
  • Controinteressati: chi potrebbe avere interessi contrastanti (solitamente all’interno della componente genitori).

2) Fase istruttoria

Il DS deve:

  • Coinvolgere enti locali e associazioni di genitori e studenti
  • Consultare il Collegio docenti per la valutazione della nuova organizzazione oraria sotto il profilo pedagogico-didattico
  • Stabilire con il CdI modalità affidabili di consultazione
  • Valutare tutti gli elementi raccolti, senza attribuire ai dati automatismi decisionali.

L’istruttoria si conclude con la relazione del DS al CdI, che illustra:

  • Attività svolte e risultati.
  • Impatto della modifica sui processi di apprendimento.
  • Interessi e controinteressi coinvolti.

3) Fase decisoria

La delibera finale del CdI deve essere adeguatamente motivata, indicando i presupposti di fatto e ragioni giuridiche della decisione (art. 3 L. 241/1990).

Rispetto del termine di pubblicazione come termine di efficacia: la delibera diventa definitiva dopo 15 giorni dalla sua pubblicazione (e non dalla data della sua approvazione): entro tale termine possono essere presentati i reclami, che vanno esaminati e deliberati dal CdI entro i 30 giorni successivi alla loro presentazione.

La sentenza del TAR Lombardia sulla settimana corta

Lo spunto per questo approfondimento nasce dalla recente sentenza del TAR Lombardia – Milano (n. 3795/2024, pubblicata il 30 dicembre 2024), che ha annullato la delibera del CdI relativa al passaggio alla settimana corta in un Istituto Comprensivo, nonché la delibera collegata del Collegio docenti.

La decisione è apparsa in controtendenza rispetto alla giurisprudenza consolidata, che sembrava riconoscere priorità alla potestà di auto-organizzazione delle pubbliche amministrazioni, subordinando ad esso la tutela dell’affidamento (v. TAR Veneto, 25 marzo 2024).

Il principio della potestà di auto-organizzazione e la tutela dell’affidamento

Due sono i principi fondamentali che si intersecano nella valutazione del giudice amministrativo in materie come quella in esame:

  1. Potestà di auto-organizzazione: secondo il D.Lgs. 165/2001 (art. 5, comma 2), le determinazioni sull’organizzazione degli uffici e la gestione dei rapporti di lavoro spettano agli organi preposti con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro: il criterio guida è quello dell’economicità, inteso, in questi casi, non come finalità lucrativa, ma come modalità di ottimizzazione delle risorse.
  2. Tutela dell’affidamento: secondo l’art. 1, comma 2-bis, della L. 241/1990, i rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione devono basarsi su collaborazione e buona fede. Questo principio può essere interpretato come tutela del mantenimento dell’organizzazione scolastica scelta dalle famiglie al momento dell’iscrizione dei propri figli, così che successive modifiche deliberate dalla scuola possano essere applicate solo agli iscritti successivi.

I motivi dell’annullamento della delibera

Tuttavia, nel procedimento oggetto della citata sentenza di annullamento, il TAR milanese ha riscontrato una sistematica violazione dei principi del procedimento e della correttezza amministrativa, quali:

  • Mancanza dell’indicazione della settimana corta tra i procedimenti programmati con  l’Atto di indirizzo del DS.
  • Istruttoria carente, basata su una votazione online senza modalità di certificazione del voto e senza la valutazione dell’impatto del cambiamento sulla qualità del servizio scolastico.
  • Mancanza di adeguata motivazione nelle delibere finali, sia del Collegio che del CdI.
  • Omissione del riesame della delibera del CdI, riesame obbligatoriamente susseguente al reclamo presentato dai genitori contrari.

Annullando tutti gli atti, il TAR ha indicato il percorso procedurale corretto, alla luce della legge 241/1990 e dell’autonomia scolastica. Il giudice afferma che l’articolazione settimanale dell’orario delle lezioni, pur non rientrando nel “contenuto proprio” del Piano triennale dell’offerta Formativa (PTOF), si connette funzionalmente a quest’ultimo quale strumento di concreta attuazione dello stesso. Ne deriva che l’articolazione settimanale dell’orario delle lezioni debba essere normalmente approvata  utilizzando la stessa “logica programmatoria” che contraddistingue il Piano.

Conclusione

La vicenda evidenzia che solo un procedimento corretto, sia formalmente che sostanzialmente, può garantire la resistenza di una delibera della scuola in sede di impugnazione. La modifica dell’orario scolastico deve seguire un iter definito, rispettando i principi di partecipazione, trasparenza e motivazione delle decisioni, evitando forzature o procedure affrettate.

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