“Per un verso, le esperienze che una persona ha fatto, specialmente nell’infanzia, determinano le sue aspettative di trovare o mantenere in seguito una propria base sicura personale, e anche la misura in cui sarà capace di stabilire e mantenere un rapporto gratificante.”
Queste parole dello psicologo britannico John Bowlby introducono un concetto fondamentale in ambito psicologico e pedagogico, che sicuramente vi sarà capitato di incontrare nel corso del vostro studio e che vogliamo approfondire qui, sul blog Edises. Stiamo parlando del concetto di “base sicura”, elaborato nel 1969 e cardine della teoria dell’attaccamento ispirata ai lavori di Donald Winnicott, con cui condivide l’importanza riconosciuta alla dimensione di cura offerta dalla madre, che si pone appunto come base sicura grazie alle sue azioni di sostegno e protezione del piccolo.
L’importanza della base sicura nella prima fase di sviluppo del bambino
Secondo Bowlby, le basi relazionali di ciascun individuo sono influenzate dalle relazioni vissute nella prima infanzia. Il tipo di legame che il caregiver primario – solitamente la madre – stabilisce col bambino forma una sorta di “impronta” che influenza i futuri legami di attaccamento da adulto. Si tratta di un legame emotivo ed emozionale specifico, che si dispiega soprattutto nel corso del primo anno di vita del bambino, un periodo particolarmente sensibile in tal senso, per la presenza di una serie di fattori che lo predispongono proprio a istaurare una relazione intensa con la persona che lo accudisce.
Il bambino ha bisogno di essere emotivamente legato a che gli fornisce sicurezza, protezione e rassicurazione ed è proprio la qualità emotiva di questo legame a svolgere un ruolo fondamentale. Se la relazione è armoniosa e serena, infatti, il neonato e la figura di attaccamento possono perfezionare la loro comunicazione fondata su bisogno/soddisfacimento del bisogno, con effetti molto positivi sul benessere del piccolo. Il bambino che, nella prima fase di sviluppo, acquisisce una sicurezza nella presenza e nel sostegno materno, infatti, sarà in grado di proiettarsi verso l’esplorazione del mondo esterno, gradualmente e sempre ricercando il supporto dato da questa presenza rassicurante.
Quando ciò accade, la figura di attaccamento diventa una base sicura, quella alla quale il piccolo può rivolgersi in caso di bisogno perché affidabile, ma anche quella che gli permette di acquisire gradualmente l’autonomia sociale, emotiva e intellettiva.
L’attaccamento: un bisogno vitale
Nel sistema di cura inizialmente diadico che va strutturandosi, il grado di partecipazione del bambino aumenta progressivamente. Già durante le prime settimane di vita, il piccolo sostiene alcune interazioni sociali, sebbene in modo riflesso, senza intenzione volontaria. Per esempio, si volta ascoltando il suono della voce genitoriale, presta un’attenzione progressivamente maggiore al viso dell’altro e alle sue espressioni, si tranquillizza e trova conforto al momento del contatto fisico. In questa fase, infatti, le capacità del bambino non bastano ancora a se stesse e la risposta regolare, continua e sicura del caregiver ai suoi bisogni è indispensabile per garantirgli l’autoregolazione di cui necessita.
L’attaccamento dunque è un bisogno vitale proprio perché offre al piccolo la base sicura che gli permetterà, in seguito, di aprirsi al mondo con fiducia imparando a gestire le situazioni di stress o di malessere. Un bambino che avrà conosciuto un attaccamento “sicuro” avrà una maggiore stima di se stesso e una migliore capacità di autoregolare le proprie emozioni.
Tuttavia, affinché il legame di attaccamento possa costituirsi in tal senso, è fondamentale non solo il modo in cui il bambino è in grado di ricercare protezione, ma anche la modalità con cui la sua figura di attaccamento risponde alle sue richieste, anzi è proprio questa che sarà determinante per lo sviluppo psichico e sociale del bambino, poiché lo aiuterà a strutturare un pattern di schemi di attaccamento essenziali per il suo futuro relazionale. Se il bambino riceve una risposta positiva alle sue richieste significa che lui stesso esiste ed è importante. Tale individualizzazione gli permetterà di evolvere e sviluppare relazioni familiari e sociali positive.
L’impulso biologico della ricerca di protezione
Il processo di attaccamento del bambino nei confronti della madre o della figura di attaccamento primaria è un adattamento evolutivo essenziale per la specie umana. Per Bowlby, infatti, nasce da una motivazione primaria, la quale si esprime attraverso una ricerca di contatto e di vicinanza fisica con la figura di riferimento che garantisce la sopravvivenza.
In tal senso, dunque, il legame di attaccamento ha una funzione biologica adattiva, è considerato un sistema pre-programmato a livello biologico che si sviluppa progressivamente nei primi mesi di vita e tale da fornire strategie di gestione dell’angoscia e del dolore. Il bambino ha un impulso biologico a cercare prossimità con l’adulto e lo scopo di questo impulso è sentirsi al sicuro e protetto. Secondo Bowlby quindi l’istinto che spinge il piccolo a ricercare sua madre non è semplicemente quello di essere nutrito, quanto piuttosto il suo bisogno di protezione e sicurezza che si appaga proprio nella relazione con la sua figura di attaccamento.
La buona qualità dell’attaccamento per la creazione di un’efficace base sicura
La relazione di attaccamento è fondamentale anche per la comprensione dei processi di regolazione delle emozioni. Le attenzioni della madre, la sua capacità di dare un nome alle espressioni emotive del bambino e di rispondere in modo adeguato costituiscono la premessa per l’acquisizione delle capacità di autoregolazione emotiva.
Il piccolo infatti non è in grado di controllare e disciplinare da solo le proprie emozioni. Le sue crisi e i suoi pianti indicano il suo malessere e sollecitano l’attenzione delle persone a lui vicine affinché lo confortino e si occupino di lui costantemente. In breve, ogni bambino ha un bisogno fondamentale, innato, di creare un legame emotivo solido con una persona privilegiata che si prenderà cura di lui e gli permetterà di sentirsi al sicuro in caso di paura, sconforto, malessere, pericolo. Gli appelli legati a situazioni del genere – per esempio fame, stress, ansia, paura – necessitano di risposte adatte, tempestive e adeguate, perché è dalla rapidità e dalla maniera in cui l’adulto risponde ai segnali inviati dal bambino che dipende la qualità stessa dell’attaccamento.
La qualità del sistema di caregiving è cruciale non solo per consentire al bambino di creare un attaccamento sicuro su cui costruire progressivamente la propria identità autonoma e indipendente, ma anche perché contribuisce a determinare il modello di attaccamento che lui stesso porterà nelle proprie relazioni future, in particolare con i figli. La madre stessa, per esempio, matura determinate capacità di accudimento se a sua volta ha avuto relazioni familiari adeguate. Non sono quindi solo le sue caratteristiche innate a concorrere nel fare di lei un genitore in grado di costituirsi come base sicura per il proprio bambino, ma anche la relazione con la propria figura di accudimento. Per Bowlby, dunque, ogni individuo in età adulta stabilirà i propri rapporti con le figure significative della sua vita, assimilando le loro immagini a quella materna.
Il caregiver attento, il caregiver indisponibile
Sulla base di quanto abbiamo visto finora, dunque, dato il legame strettissimo che, secondo Bowlby, esiste tra l’esperienza di una base sicura e lo sviluppo della personalità, il processo di attaccamento che si svolge nei primi mesi di vita del bambino avrà ripercussioni per tutto il corso della sua vita. Il bisogno istintivo di una base sicura è tanto forte che il bambino tenterà sempre di sviluppare questo legame con i caregiver primari,che questi rispondano adeguatamente o meno.
Se un caregiver è attento, sensibile, empatico e rassicurante, prontamente e adeguatamente rispondente alle necessità e richieste del bambino, ecco che si pongono le fondamenta per la base sicura e per la sua interiorizzazione. Una volta sviluppata, anche se il bambino – o, successivamente, il giovane adulto –non avrà modo di essere fisicamente vicino alla sua figura di attaccamento, potrà mentalmente far ritorno alla sua base sicura e lì trovarvi sicurezza, conforto, tranquillità.
Al contrario, quando un caregiver non si dimostra in grado di rispondere con efficacia e sensibilità alle richieste del bambino, non riuscendo quindi a fornirgli una base sicura, ecco allora che il piccolo tenderà ad adattare il suo comportamento e svilupperà un attaccamento ansioso. Le relazioni contraddistinte da attaccamento ansioso o insicuro sono associate a modalità di cure contrassegnate dall’indisponibilità, dall’inconsistenza e inefficacia della prossimità fisica o emotiva o dal rifiuto reiterato ai segnali e alle richieste del bambino, in particolare in situazioni di malessere.
È per questo motivo che le cure materne fornite durante l’infanzia sono fondamentali per lo sviluppo della salute mentale di ogni individuo; perché, quando si usa il termine “cure”, non s’intende solo la capacità di soddisfare le esigenze fisiologiche primarie del bambino, ma anche il saper rispondere in modo adeguato ai suoi bisogni emotivi e intellettivi.
Difatti, un bambino che non abbia ricevuto sufficienti e adeguate cure nella prima infanzia, potrà andare incontro a effetti negativi nella formazione del suo carattere in tutte le fasi dell’età evolutiva. La necessità di contatto umano, di essere tranquillizzati e confortati di fronte a una situazione di sofferenza o di minaccia, sia fisica sia emotiva, è normale per la persona lungo tutto il corso della vita ed è particolarmente evidente nelle fasi iniziali dello sviluppo, quando la sopravvivenza fisica ed emotiva dipende dalla relazione di attaccamento, quando si è accolti, accuditi fisicamente ed emotivamente, confortati se afflitti, rassicurati se impauriti.
Un lento ma fondamentale processo di apprendimento
Quando il bambino vede i suoi bisogni soddisfatti vive un’esperienza di apprendimento che modellerà le sue attese e le sue aspettative nei confronti del caregiver, la sua fiducia nel mondo e l’apertura verso i bisogni espressi. Se le risposte del caregiver sono, ripetiamo, giuste, adeguate e pronte, allora la fiducia del piccolo nella sua figura di attaccamento quale fonte di sicurezza verrà rafforzata.
Successivamente, nel tempo, il bambino imparerà a gestire un certo livello di ansia e a tollerare delle brevi separazioni dalla sua figura di attaccamento, dando inizio a un lento ma fondamentale processo di apprendimento nella gestione dell’ansia, dell’angoscia, dello stress. Quando il bambino ha memoria della base sicura e di modelli interiori positivi, è maggiormente in grado di affrontare le sfide e riprendersi da momenti di crisi. E un bambino libero dall’ansia è un bambino libero di esplorare il mondo.
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