classificazione degli stili cognitivi

Cosa studiare per il TFA sostegno: la classificazione degli stili cognitivi nella prova preselettiva

Nell’ambito dei contenuti da studiare per il TFA sostegno didattico 2023, in questo approfondimento parleremo delle principali classificazioni degli stili cognitivi. Ne esistono diverse, sebbene alcune siano più note e usate di altre e, pertanto, ricorrono più frequentemente anche nelle domande della prova preselettiva.

Andiamo allora a vedere quali sono, in modo da poter rispondere ai quesiti tratti dalle prove ufficiali dei cicli precedenti, di cui vi proponiamo un esempio nell’immagine qui di seguito.

Cosa s’intende per “stili cognitivi”

Innanzitutto, dunque, è necessario comprendere cosa sono gli stili cognitivi. Una delle definizioni più diffuse e note – che come possiamo osservare viene proposta anche in uno degli esempi riportati sopra – è quella data da Pietro Boscolo già negli anni ’80 del Novecento.

Lo stile cognitivo è una modalità di elaborazione dell’informazione che la persona adotta in modo prevalente, che permane nel tempo e si generalizza a compiti diversi.

Circa un ventennio dopo, nel testo Stili di pensiero. Differenze individuali nell’apprendimento e nella soluzione di problemi, Robert J. Sternberg parla di stile cognitivo come di una tendenza costante e stabile nel tempo a utilizzare una determinata classe di strategie.

Dunque, che vogliamo definirlo, con Boscolo, una modalità prevalente di elaborazione delle informazioni, o con Sternberg, una tendenza costante a utilizzare una determinata classe di strategie, resta che lo stile cognitivo, permane stabilmente nel tempo, cioè ci accompagna per tutta la nostra vita pur potendo modificarsi, si generalizza a compiti diversi, quali per esempio apprendere o risolvere problemi, e ha ricadute su tutti i processi cognitivi, tra cui quello dell’apprendimento.

Prima di passare all’analisi delle classificazioni degli stili cognitivi, tuttavia, c’è un’ultima premessa importante da fare, e cioè che questi non sono da intendersi come delle categorie rigide. Mettere in luce le caratteristiche che li rendono diversi, infatti, non implica intenderli come dimensioni che si escludono l’un l’altra, poiché è invece normalissimo che in ciascuno di noi convivano stili differenti tra loro dialoganti.

Evitare di intenderli rigidamente, significa inoltre che la loro stabilità nel tempo non va intesa come una caratteristica che li esclude da qualsiasi cambiamento e li rende, quindi, immutabili per tutto il corso della nostra vita, anzi. Identificare il nostro o i nostri stili cognitivi vuol dire, infatti, poter comprendere quali sono gli svantaggi e i vantaggi che comportano, per correggere gli errori in cui possono farci cadere e per poter apprendere anche nuove strategie utili, seppur meno naturali per noi.

La classificazione degli stili cognitivi di Miller

Sulla base di queste premesse, vediamo allora quali sono le più note classificazioni degli stili cognitivi da conoscere, prima, per superare le prove di ammissione al TFA, poi, per applicare tale conoscenza alla nostra vita e allo professione insegnante, dove torna particolarmente utile nella definizione e nella scelta delle strategie didattiche.

Una delle classificazioni più diffuse è quella di George A. Miller, che suddivide l’attività cognitiva globale in tre processi, e precisamente, la percezione, la memoria e il pensiero, all’interno dei quali identifica dei sottoprocessi, interpretabili a suo avviso come stili cognitivi e che definisce attraverso la contrapposizione di due modalità da intendersi come i poli estremi di un continuum.

Miller individua così:

  • uno stile analitico vs globale, che riguarda la modalità prevalente nel compiere un’analisi: se partendo dai dettagli per poi allargarsi alla visione d’insieme (analitico), o se, viceversa, partendo dal quadro generale per poi scendere nella particolarità del dettaglio (globale)
  • uno stile sistematico vs intuitivo, che riguarda la modalità prevalente nella formulazione e la classificazione di ipotesi: se partendo dall’esame graduale delle singole variabili di una situazione (sistematico), o se, viceversa, procedendo per ipotesi e per strategie che le confermino (intuitivo)
  • uno stile verbale vs visivo, che riguarda la modalità prevalente per compiere analisi e immagazzinare informazioni: se preferendo il linguaggio e tutte le strategie che lo vedono protagonista, come l’ascolto, la lettura, i riassunti, l’associazione tra parole (verbale), o se, viceversa, preferendo le caratteristiche visuo-spaziali e tutte le strategie in cui queste prevalgono, come le immagini, mentali e non, gli schemi e le mappe (visivo)
  • uno stile impulsivo vs riflessivo, che riguarda la modalità prevalente con cui si procede nei processi decisionali: se con tempi di risposta rapidi, che tuttavia possono anche determinare risposte non ottimali (impulsivo), o se, viceversa, con tempi più lunghi dovuti alla necessaria pianificazione della risposta che può così essere più accurata (riflessivo)
  • uno stile convergente vs divergente, che riguarda la modalità prevalente nella risoluzione dei problemi: se partendo dalle informazioni disponibili per convergere, attraverso l’uso della logica, verso l’unica soluzione considerata possibile sulla base di quelle premesse (convergente), o se, viceversa, preferendo la creazione di percorsi autonomi, per divergere, in modo creativo, verso più soluzioni originali e flessibili (divergente)
  • uno stile dipendente vs indipendente dal campo, che riguarda la posizione prevalentemente adottata rispetto al contesto: se facendosi influenzare dal modo in cui è organizzato, per esempio da come è strutturato un libro o impostata una lezione frontale o una esercitazione (dipendente dal campo), o se adottando un’organizzazione e delle strategie più autonome (indipendente dal campo)

La classificazione degli stili cognitivi di Sternberg

Un’altra classificazione importante degli stili cognitivi è quella di Sternberg, la quale si basa sul presupposto che le persone hanno la necessità di governarsi, devono cioè poter organizzare la propria vita gestendo le risorse di cui dispongono per affrontare le priorità di cui devono occuparsi. Non a caso, nella sua Teoria dell’autogoverno mentale, Sternberg individua tredici stili cognitivi che metaforicamente rappresentano delle forme di governo esistenti nel mondo, le quali sarebbero appunto il riflesso esterno di quanto accade nella mente delle persone.

Gli stili cognitivi che individua su tali premesse non rappresentano delle polarità cognitive, nel senso che non si oppongono l’uno all’altro escludendosi a vicenda, ma costituiscono piuttosto le componenti di un profilo complessivo della persona. Dunque, in ciascuno di noi non ce n’è uno solo, né solo alcuni di questi, bensì tutti e tredici, che nel loro insieme e nel modo in cui si combinano costituiscono il nostro specifico profilo cognitivo.

Vediamo allora quali sono!

L’elenco completo comprende: lo stile legislativo, esecutivo, giudiziario, monarchico, gerarchico, oligarchico, anarchico, globale, analitico, interno, esterno, radicale, conservatore. In questo articolo, ci occuperemo solo dello stile legislativo, esecutivo, giudiziario e anarchico, cioè i quattro chiamati in causa più frequentemente nei quiz ufficiali.

  • Stile legislativo. Propende alla creazione e formulazione di regole, “leggi”, proprie e non predilige i problemi già strutturati, ama progettare e costruire nuove strutture e creare il proprio ruolo. Si tratta dunque di uno stile che favorisce la creatività e apprezza gli elementi nuovi e originali
  • Stile esecutivo. Applica volentieri le regole e predilige l’“esecuzione” di compiti assegnati
  • Stile giudiziario. Predilige quei compiti in cui si analizzano e si valutano, cioè si “giudicano”, regole, procedure e idee già esistenti
  • Stile anarchico. Predilige approcciare i problemi in maniera casuale, non a caso, infatti, ha la tendenza a respingere i sistemi, soprattutto quelli più rigidi, rispetto ai quali si muove con “anarchia”. Ha molti bisogni e obiettivi e pertanto considera un vasto orizzonte di elementi che gli consente di individuare soluzioni a problemi che agli altri sfuggono, mostrando così una grande potenzialità creativa

Confusione tra stili cognitivi e stili di apprendimento: approfondisci sui Manuali Edises

Gli stili cognitivi sono talvolta confusi con gli stili di apprendimento. Tuttavia, la differenza sostanziale tra queste due espressioni è concettuale prima che terminologica. Come abbiamo detto all’inizio di questo articolo infatti, lo stile cognitivo è una modalità di elaborazione dell’informazione che si manifesta in compiti diversi e in settori diversi del comportamento e ha, quindi, ricadute su tutti i processi cognitivi, tra cui l’apprendimento.

Dunque, tra stile di apprendimento e stile cognitivo, esiste la stessa relazione che c’è tra apprendimento e cognizione, la quale implica la presenza di una dimensione più specifica (l’apprendimento) all’interno di una più ampia (la cognizione). Lo stile di apprendimento, infatti, nel più ampio processo cognitivo, si riferisce alla specifica interazione con il materiale che apporta conoscenze e alla sua elaborazione.

Comprendere questa differenza è molto importante, ecco perché, per maggiori approfondimenti sulla classificazione degli stili cognitivi e degli stili di apprendimento, vi rimandiamo ai volumi Edises per la preparazione al TFA sostegno didattico.

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