teoria della motivazione

Prova scritta TFA sostegno: la teoria della motivazione di Maslow nella pratica didattica

Una utente del nostro gruppo Telegram ci ha dato uno spunto molto interessante per una possibile traccia svolta utile alla preparazione al TFA sostegno didattico: quale applicazione trova nella didattica la teoria della motivazione di Maslow?

Abbiamo quindi deciso di elaborare una traccia che, anche se non ufficiale, è possibile e rappresenta l’occasione di ragionare su come possono tradursi nella pratica didattica, nonché nella sua progettazione, le teorie formulate dagli autori rientranti nel programma previsto dall’Allegato C al Decreto ministeriale del 30 settembre 2011, che abbiamo spiegato in questo articolo.

La teoria della motivazione di Maslow nella pratica didattica: la traccia

È ormai noto il ruolo fondamentale che la motivazione svolge nell’apprendimento, in quanto indispensabile energia che sostiene l’impegno verso il raggiungimento di un obiettivo ritenuto importante. Tra le teorie che si occupano di motivazione, quella di Maslow è senz’altro una delle più note. L’autore individua cinque tipologie di bisogni fondamentali, li pone lungo un ordine gerarchico graficamente rappresentato da una piramide e li interpreta come possibili obiettivi che la persona è motivata a raggiungere per il proprio benessere e la propria autorealizzazione. Conoscere e riconoscere i bisogni dei propri studenti, dunque, può essere uno strumento molto importante per un insegnante al fine di motivarli e suscitare il loro interesse, ma in che modo quanto teorizzato da Maslow può trovare applicazione nella pratica didattica e nella sua progettazione?

La teoria della motivazione

Tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso, Abraham Maslow individua nella motivazione il nucleo della propria ricerca ed elabora una teoria che ancora oggi costituisce un punto di partenza imprescindibile per l’approfondimento su questo tema. Partendo dal presupposto che la motivazione è il tratto distintivo dell’identità e che si esprime nel bisogno della persona, propone un’ipotesi che trova espressione – anche grafica – in una Piramide dei bisogni fondamentali, alla cui base si collocano quelli più “bassi”, cioè quelli fisiologici, come nutrirsi, respirare, dormire o avere una vita sessuale, per poi progredire verso la punta attraverso bisogni sempre più alti e specifici del genere umano, i quali, passando, nell’ordine, dai bisogni di sicurezza, di appartenenza e di stima, giungono al più elevato di tutti, quello di autorealizzazione.

L’ordine gerarchico ipotizzato da Maslow si basa su un presupposto fondamentale, ovvero che un bisogno di ordine più alto può manifestarsi solo quando tutti quelli collocati più in basso sono stati adeguatamente soddisfatti. Se, per esempio, una persona soffre la fame, dovrà prima trovare il modo di nutrirsi con regolarità perché possa subentrare nella sua vita il bisogno di sicurezza. Allo stesso modo, solo quando si sentirà sicura in quel luogo protetto che considera “casa”, potrà provare il bisogno di stima da parte degli altri e di se stessa e così procedere verso la maturazione e soddisfazione degli altri bisogni di ordine superiore, fino a impegnarsi nella propria autorealizzazione, cioè il momento in cui la struttura della sua identità si definisce più pienamente.

La teoria della motivazione di Maslow scende, dunque, nelle profonde e complesse dinamiche della formazione dell’identità, all’interno delle quali svolge un ruolo fondamentale l’apprendimento che l’autore definisce “paradigmatico”, poiché inteso come mutamento non tanto del comportamento, quanto della propria struttura personale, “moto verso l’autorealizzazione e oltre di essa”.

Come trasformare la teoria della motivazione in una pratica didattica: finalità e obiettivi

Tradurre nella pratica didattica e nella sua progettazione la teoria della motivazione di Maslow significa, dunque, prevedere delle attività che si pongano come principale finalità quella di garantire il pieno sviluppo della personalità dello studente, consentendogli di essere “ciò che può essere”, di raggiungere cioè la propria autorealizzazione.

Ciò comporta individuare degli obiettivi concreti, che corrispondano con il soddisfacimento di tutti i bisogni di ordine più basso, come per esempio quello di sentirsi al sicuro, di percepire la propria appartenenza a un gruppo all’interno del quale cogliere la stima degli altri e, allo stesso tempo, maturare la propria autostima, tutti “fondamentali” per poter raggiungere la vetta della piramide e autorealizzarsi.

A tal fine è necessario definire questi obiettivi con un linguaggio operativo, che indichi cioè delle azioni concretamente osservabili, per esempio:

  • (bisogno di sicurezza) l’alunno si muove con dimestichezza tra i diversi spazi dell’ambiente scolastico e si rende disponibile a prendersi cura dei materiali comuni oltre che dei propri; si allontana con tranquillità dai suoi oggetti personali quando le attività lo richiedono; si rivolge con naturalezza ai compagni, agli insegnanti e al rimanente personale scolastico sia per ricevere sia per offrire supporto; parla della scuola e della comunità classe con un linguaggio che esprime fiducia e affetto;
  • (bisogno di appartenenza) l’alunno contribuisce attivamente alla vita di classe portando il proprio contributo personale nei momenti di discussione e offrendosi come supporto per gli altri quando rileva delle loro difficoltà; è disponibile all’ascolto e accoglie costruttivamente le proposte diverse dalle proprie; ha tessuto una buona rete relazionale all’interno della classe che gli consente di interagire con tutti; quando parla dei compagni si include naturalmente nel gruppo (per esempio “noi abbiamo pensato…”, “la nostra idea è…”, “vorremmo proporre di…”)
  • (bisogno di stima) l’alunno esprime con continuità e serenità le proprie opinioni e idee; adotta un tipo di comunicazione assertiva ed empatica quando porta avanti le proprie iniziative ed è disposto al confronto con gli altri, di cui coglie punti di vista e bisogni; le sue iniziative sono ascoltate e considerate dai compagni, dai quali è coinvolto sia nei momenti di pausa sia durante le attività; è consapevole delle proprie risorse in termini di competenze disciplinari e personali e le utilizza in maniera adeguata al contesto e al compito;
  • (bisogno di autorealizzazione) l’alunno mostra curiosità e interesse per gli stimoli offerti dal contesto scolastico, all’interno dei quali ha individuato chiaramente i contenuti e le attività che lo coinvolgono maggiormente e nei quali mostra un livello di competenza avanzato, raggiunto anche grazie all’approfondimento personale e alle esperienze formative che vive al di fuori del contesto scolastico; desidera condividere le conoscenze di cui dispone sugli argomenti che predilige e ne parla volentieri sia con i compagni sia con gli insegnanti; si procura materiali per approfondire e li condivide con la classe.

Come trasformare la teoria della motivazione in una pratica didattica: attività

Con lo sguardo a questi obiettivi, si può dunque procedere a individuare le attività utili e più efficaci per raggiungerli.

Il circle time

Per la sua caratteristica di creare uno spazio sicuro” all’interno del quale sospendere il giudizio e aprirsi all’ascolto e alla comprensione dell’altro, il circle time si pone come attività di grande efficacia per favorire il senso di sicurezza e di appartenenza al gruppo, nonché la fiducia reciproca e nei confronti del contesto classe. Può essere particolarmente utile proporlo nei momenti in cui c’è bisogno di favorire la conoscenza tra gli studenti e con gli insegnanti, per esempio nelle prime classi appena formate o all’arrivo di nuovi compagni. In questi casi, può anche rivelarsi particolarmente intenso se associato all’attività di narrazione, invitando ciascuno a raccontare agli altri qualcosa di se stesso o un episodio significativo della propria vita in cui si è sentito particolarmente soddisfatto. Altrettanto efficace si rivela per favorire l’espressione del punto di vista personale rispetto a dei temi particolarmente sentiti, riguardanti sia la società e il mondo in generale sia problemi che interessano direttamente la classe.

Il cooperative learning e la peer collaboration

In quanto modalità cooperativa per eccellenza, il cooperative learning è uno strumento di grande efficacia per favorire la collaborazione tra gli studenti in gruppi più ridotti rispetto a quello rappresentato dalla classe, una situazione che consente loro di conoscersi meglio e di lavorare insieme per la realizzazione di un obiettivo comune, ciascuno con la responsabilità di portare avanti il proprio compito per il successo di tutti.

L’unità di intenti che nasce dallo scopo condiviso rafforza il senso di appartenenza, offre occasioni di confronto all’interno delle quali testare le reazioni degli altri alle proprie proposte e favorisce lo sviluppo delle competenze relazionali. Contestualmente, la specificità del compito assegnato a ciascuno consente di approfondire in autonomia, di scoprire nuovi interessi, di mettere alla prova le proprie capacità, favorendo lo sviluppo dell’autostima, del senso di autoefficacia e della conoscenza di se stessi intesa come individuazione dei propri interessi e attitudini, tutti elementi essenziali per la costruzione della propria identità e il raggiungimento della propria autorealizzazione.

Simile al cooperative learning nella possibilità di collaborazione che offre per il raggiungimento di un obiettivo condiviso, seppur diversa nelle modalità di organizzazione del lavoro del gruppo, la peer collaboration, è un’altra modalità di lavoro molto utile per favorire il senso di appartenenza e la percezione della stima dei compagni, oltre alla propria autostima e al senso di autoefficacia.

All’interno del gruppo non vengono assegnati dei compiti specifici, ciascuno offre il proprio contributo e le proprie risorse collaborando indistintamente nell’individuazione e nello svolgimento di tutte le attività che possono condurre al raggiungimento del risultato finale. Gli studenti hanno così occasione di mettere alla prova le proprie conoscenze, abilità e competenze in un contesto al quale sentono di appartenere e in cui il proprio contributo è sullo stesso piano di quello dei compagni e può essere rilevante per la realizzazione del compito.

La flipped classroom

Metodo che “capovolge” l’ordine della lezione frontale, favorendo l’apprendimento autonomo, in coppia o in gruppo ristretto, la flipped classroom si rivela uno strumento di grande utilità per favorire la partecipazione attiva dello studente, al quale è affidata la fase di acquisizione delle conoscenze su uno specifico argomento. Tale fase, in cui l’alunno si avvale delle risorse digitali predisposte per lui dall’insegnante, è di grande importanza per favorire la sua autonomia e il suo senso di responsabilità ed è anche il momento in cui riceve degli stimoli specifici sui cui soffermarsi e fare degli approfondimenti in base a interessi – preesistenti o suscitati proprio dalle risorse fornite dal docente – e a esperienze personali, utili ad arricchire e “situare” il proprio apprendimento, ampliare il proprio orizzonte culturale e a conoscere sempre meglio i propri gusti e desideri.

Non prevedendo la spiegazione tradizionale da parte del docente, inoltre, la “classe capovolta” consente di riservare il tempo in aula ad attività collaborative, dibattiti e laboratori, molto utili a favorire, con la guida dell’insegnante – che svolge in questo caso il ruolo di facilitatore – lo sviluppo delle competenze relazionali, l’esercizio della capacità di argomentare il proprio punto di vista su un argomento fondandosi sulle proprie conoscenze ed esperienze, l’affinamento delle abilità pratiche e applicative, con ricadute positive sulla propria autostima e il personale senso di autoefficacia.

Il metodo Jigsaw

Favorendo l’interdipendenza tra gli studenti indispensabile per il raggiungimento globale dell’obiettivo comune rappresentato da uno stesso compito assegnato a tutti, il metodo Jigsaw incoraggia il senso di responsabilità di ciascuno studente, il cui impegno individuale diventa fondamentale per tutto il gruppo.

Questo metodo, infatti, consiste nel fornire a ogni alunno solo una parte delle informazioni, dei materiali didattici o delle attrezzature necessarie per lo svolgimento del compito, condizione che rende indispensabile la collaborazione con gli altri, rafforzando il senso di appartenenza al gruppo, la capacità empatica e di ascolto, la partecipazione attiva e il coinvolgimento di tutti.

Lo studente acquisisce consapevolezza dell’importanza del suo ruolo e, allo stesso tempo, sul fatto che, pur conducendolo al meglio, non gli sarà sufficiente a svolgere il compito nel suo insieme, poiché il contributo e il lavoro degli altri sono importanti quanto il suo per comprendere pienamente il senso complessivo dell’attività svolta.

Attività di orientamento

Se l’obiettivo finale è quello di aiutare gli studenti a sviluppare e strutturare pienamente la propria identità, se cioè il compito ultimo della scuola e degli insegnanti è quello di accompagnarli verso la loro autorealizzazione, fondamentale importanza in una progettazione didattica che voglia avvalersi delle considerazioni di Maslow sulla motivazione e sui bisogni fondamentali è assunta dall’orientamento, cioè quella modalità educativa permanente centrata sull’individuazione e sul potenziamento delle competenze e delle attitudini di una persona, affinché possa inserirsi in modo creativo e critico nella società.

Obiettivi di una didattica che si ponga come scopo quello di orientare sono, dunque, favorire le scelte autonome degli studenti, sviluppare la loro consapevolezza sulle proprie inclinazioni e potenzialità e sulle opportunità formative e professionali esistenti, al fine di poter valutare percorsi possibili e prospettive probabili.

La teoria della motivazione di Maslow per una didattica innovativa

Guidare e supportare gli studenti verso il graduale sviluppo della propria personalità e quindi verso l’autorealizzazione, allora, come abbiamo visto in questo articolo, si traduce praticamente:

  • nel favorire lo sviluppo dell’autonomia e il senso critico nell’agire e nel pensare;
  • nell’alimentare conoscenze e competenze e offrire stimoli per ampliare gli orizzonti culturali personali;
  • individuare e valorizzare le caratteristiche e le attitudini personali;
  • promuovere la collaborazione e lo sviluppo adeguato delle competenze relazionali;
  • offrire occasioni per conoscere se stessi e acquisire consapevolezza sui propri bisogni, aspirazioni e capacità;
  • dare fiducia e porsi in ascolto.

A guardarle bene sono tutte le azioni che la didattica, negli ultimi decenni, ha messo sempre di più al centro del proprio lavoro, le quali sono e possono maggiormente diventare l’agire concreto di una scuola che accoglie pienamente il proprio compito di formare cittadini autonomi, attivi e creativi, capaci di collaborare nel rispetto delle opinioni e del contributo di tutti per una società fatta di persone soddisfatte e libere di cogliere le opportunità che meglio possono definirle nella loro unicità.

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