Siamo alle battute finali. Anche per quegli atenei che ancora non hanno concluso le procedure di selezione, il concorso per l’ammissione al VII ciclo del Tfa in sostegno didattico procede a grandi passi verso la prova orale, la terza e ultima di quelle previste. Così, mentre alcuni di voi sono impegnati a ottimizzare la preparazione per lo scritto, altri sono già proiettati verso l’ultima tappa.
Che sappiate già quando dovrete farla o che siate ancora concentrati sullo scritto, noi della redazione EdiSES abbiamo pensato di raccogliere in questa mini guida alla prova orale un po’ di informazioni che possono tornarvi utili.
Gli argomenti dell'articolo
Prova orale per il TFA in sostegno didattico: chi vi accede e con quale punteggio la supera
Partendo dai messaggi che ci inviate e dalle tante domande che raccogliamo sui social dedicati al TFA in sostegno, abbiamo deciso di fare innanzitutto chiarezza su chi accede all’orale e quali sono i criteri che gli atenei usano come riferimento per la valutazione.
Senza distinzione fra atenei, alla prova orale accede chi ha ottenuto a quella scritta, o pratica, una votazione di almeno 21/30 e per potere superare anche questa terza prova deve ottenere un uguale punteggio, poiché l’orale, come lo scritto, viene valutato in trentesimi.
Tale valutazione viene fatta dalla commissione valutatrice secondo dei criteri che i singoli atenei specificano già nel bando o sulle pagine ufficiali dedicate al Tirocinio Formativo, ma che sostanzialmente si riferiscono a:
- capacità di argomentazione
- uso di un linguaggio tecnico-scientifico appropriato in relazione all’argomento
e, naturalmente,
- competenza sugli argomenti che sono oggetto della prova.
Prova orale per il TFA in sostegno didattico: in cosa consiste
Si tratta di criteri di valutazione piuttosto essenziali quindi, ma significativi, perché consentono di “saggiare” la vostra effettiva preparazione, in quanto – come ormai sapete benissimo dopo tutto lo studio fatto su apprendimento, competenze, abilità e conoscenze e molto altro – per riuscire ad argomentare efficacemente e con un linguaggio specifico appropriato all’argomento, il punto di partenza imprescindibile è aver acquisito una buona competenza sui temi studiati.
Vediamo allora, più nello specifico, quali sono!
A tal proposito va fatta una premessa, e cioè che, pur attingendo tutti dal Decreto Ministeriale del 30 settembre 2011 – che ormai conoscerete praticamente a memoria – e ricorrendo alla modalità del colloquio individuale, in merito agli argomenti che possono essere oggetto di domanda, gli atenei hanno fatto scelte leggermente diverse.
Ci sono, infatti, alcune università in cui la prova orale verte solo sui contenuti di quella scritta, altre che attingono sia agli argomenti della prova scritta sia a quelli della preselettiva (la maggior parte) e, infine, ci sono quelle che per le domande da sottoporre all’orale attingono all’intero programma concorsuale specificato sia nel famoso Decreto Ministeriale di cui sopra sia nei singoli Bandi.
Dove trovare le informazioni per capire qual è la scelta del vostro ateneo allora?
La riposta più sicura è: – Nei bandi o sulle pagine ufficiali. Perché certamente il confronto con gli altri candidati può essere utile per comprendere in che modo le commissioni impostano le domande, ma fare riferimento alle fonti ufficiali è sempre la scelta più certa, e non c’è niente di più ufficiale della pagina ufficiale!
Quindi, se non avete il bando stampato e sistemato sul comodino e non siete soliti consultare compulsivamente il sito della vostra università, senza dover spendere tempo prezioso in nuove ricerche, potete trovarli agilmente elencati per ateneo in questo nostro articolo: Tutti i bandi regione per regione.
Cosa studiare per la prova orale del TFA in sostegno didattico
In ogni caso, qualsiasi sia la scelta fatta dal vostro ateneo, per prepararvi al meglio, quello che vi consiglio è andare a riguardare con attenzione sia la vostra prova preselettiva sia quella scritta, soffermandovi in particolare, nel primo caso, sulle domande a cui non avete risposto correttamente, nel secondo, sulle tracce e su possibili ulteriori approfondimenti, così da poter preparare un’eventuale argomentazione orale in cui possiate dimostrare che avete ancora riflettuto su quegli argomenti e riuscite a muovervi con sicurezza attraverso collegamenti interni ed esterni.
Nella sezione TFA del blog EdiSES, trovate una serie di articoli in cui abbiamo sviluppato diversi temi centrali del programma, come la creatività, la natura delle emozioni, l’apprendimento significativo, il compito di realtà, l’inclusione, la classe come ambiente di apprendimento, l’interculturalità e molto altro, tutti raccolti in questa sezione del blog, dove potrete leggere anche i nostri esempi di tracce svolte tra cui alcune uscite proprio quest’anno per il TFA VII ciclo.
Per ulteriori approfondimenti, invece, oltre al blog, vi ricordo i volumi EdiSES per la preparazione all’ammissione al TFA, dai Manuali agli Esercizi commentati alle Tracce svolte – disponibili anche in ebook e acquistabili in kit o singolarmente –, in cui potrete trovare risposte chiare ed esaustive ai principali argomenti in programma, da quelli socio-psico-pedagogici, a quelli normativi e di governance, passando per creatività e pensiero divergente senza dimenticare empatia e intelligenza emotiva.
Prova orale per il TFA in sostegno didattico: la motivazione
E infine, ma mai per ultima, la motivazione. Alla prova orale, in qualsiasi ateneo la sosterrete, vi chiederanno: – Cosa vi spinge a intraprendere questo percorso di studio, di lavoro e di vita?
Magari non lo faranno proprio con queste esatte parole, ma certamente il senso non sarà molto diverso. Perché, sarete d’accordo con me, diventare un insegnante di sostengo abilitato e magari poi provare il concorso a cattedra e, soprattutto, entrare in classe ogni giorno per includere, sostenere, accompagnare, confrontandovi con i bisogni profondi di giovani persone che crescono, bisogni che ne includono anche alcuni molto “speciali”, è un progetto che richiede un impegno quantitativamente enorme e qualitativamente intenso, un impegno che ha bisogno di essere sostenuto da una motivazione forte, capace di alimentarsi sempre.
Il mio personale consiglio per rispondere a questa domanda è solo uno: siate sinceri! Con la commissione, ma prima ancora con voi stessi. Perché per essere un insegnante di sostegno ci vuole esattamente quella che si chiama “motivazione intrinseca”, una motivazione cioè che ci spinge a fare qualcosa perché è il semplice fatto di farla a gratificarci e a farci star bene.
Per aiutarvi a riflettere sulla vostra motivazione allora, vi propongo un articolo bello che abbiamo pubblicato qualche anno fa su Occhicielo, il blog EdiSES dedicato all’educazione emotiva. Il titolo dice già tanto, Essere insegnante di sostegno: un racconto dalla scuola italiana di tutti i giorni, un’intervista fatta da Velia Imparato a una insegnante di sostegno appassionata.
Mi sembra tutto, non mi resta che augurarvi buon approfondimento e, come sempre, un sincero in bocca al lupo!