piano di riforma delle professioni

Piano di riforma delle professioni tra tessera europea e nuove liberalizzazioni

Probabilmente pochi sanno che in Italia esiste una specifica regolamentazione della professione di “Addetti servizi di controllo delle attività di intrattenimento e spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi” oppure dello “Steward addetto ai servizi di accoglienza in ambito sportivo”. Eppure è così e lo certifica il Piano di riforma delle professioni recentemente presentato dal Governo. Il Piano di riforma delle professioni è un documento molto dettagliato che elenca le 174 (nessun refuso! sono ben centosettantaquattro) professioni attualmente in qualche modo regolamentate in Italia, vale a dire che per poterle esercitare bisogna conseguire una qualche tipologia di abilitazione.

Perché tante professioni regolamentate?

L’alto numero di professioni elencate nel documento preparato dal Governo deriva dalla stessa definizione di professioni regolamentate, che include qualsiasi attività che può essere svolta soltanto da una persona che sia in possesso di determinate qualifiche e che abbia ricevuto uno specifico riconoscimento da parte dello Stato o degli enti delegati. Normalmente al concetto di professionista si associa l’attività del commercialista, del consulente del lavoro, dell’architetto, dell’ingegnere, dell’infermiere e cosi via. Difficilmente si identifica con chi è titolare di una lavanderia oppure di un ristorante. Eppure anche queste sono attività regolamentate che possono essere esercitate da chi è in possesso di determinati requisiti o ha frequentato specifici corsi.

Il Piano di riforma delle professioni: un punto di partenza per le future riforme

Il minuzioso lavoro di ricostruzione presentato dal Governo nasce da un vincolo legislativo imposto dalla legislazione europea e da un’altrettanto precisa finalità. Per quanto riguarda il primo punto è da ricordare che la necessità di effettuare uno screening di tutte le professioni regolamentate nasce da un’indicazione contenuta nella direttiva europea 2013/55/UE (recepita nella legislazione italiana con il D.Lgs. 15/2016) sul reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali, che impone a tutti gli Stati membri il cosiddetto “esercizio di trasparenza”, ossia l’obbligo di preparare e rendere pubblico un database di tutte le professioni regolamentate. L’obiettivo dell’Unione europea è quello di incentivare la circolazione tra gli Stati membri dei professionisti, valutando se le restrizioni imposte a livello nazionale per l’accesso ad una determinata professione sono giustificate o meno oppure se sono soltanto un mezzo per limitare l’accesso di altre persone. In pratica lo scopo finale è quello di aumentare la concorrenza e la libera circolazione di quanti forniscono servizi professionali. Quasi sempre gli Stati giustificano l’imposizione di vincoli per l’accesso ad una professione, riportando motivazioni quali la necessità di tutelare i consumatori o la salute pubblica, la volontà di preservare l’ambiente oppure per motivi di ordine pubblico. Per le istituzioni europee non sempre si tratta di motivazioni giustificate e spesso rappresentano soltanto degli ostacoli alla libera circolazione dei professionisti sul territorio dell’Unione, ostacoli che frenano la crescita economica e lo sviluppo dell’occupazione.

L’abbattimento delle barriere e le azioni di liberalizzazione

Una volta effettuata la ricognizione delle professioni, il passo successivo sarà quello di valutare se per alcune di esse si potranno ridurre o eliminare i vincoli attualmente esistenti. In particolare le azioni che verranno adottate sono tre:
  • Azione 1: saranno rivisti i percorsi formativi per l’accesso ad alcune professioni tecniche (ingegneri, periti) per meglio delinearne gli ambiti di attività e le competenze, attualmente spesso in sovrapposizione
  • Azione 2: si procederà ad una valutazione e all’adeguamento dei titoli di studio che consentono di accedere agli esami di Stato, rendendoli più aderenti all’attività professionale che in concreto lo studente dovrà svolgere dopo il percorso scolastico
  • Azione 3: saranno firmati degli accordi tra lo Stato e le Regioni per fissare degli standard minimi a livello nazionale per quelle professioni la cui formazione è affidata dalla legislazione nazionale alle Regioni

La Tessera Professionale Europea

Un primo strumento adottato per consentire un più agevole esercizio della propria attività professionale in vari Stati europei è la Tessera Professionale Europea (EPC, European Professional Card), una novità importante introdotta dalla Direttiva 2013/55/UE. Non si tratta di una vera e propria tessera che viene rilasciata a chi ne fa richiesta, ma di una procedura elettronica che semplifica il riconoscimento delle qualifiche professionali e rende più facile l’attività di chi vuole esercitare una professione regolamentata in altri Stati membri. Per vedersi riconosciuti i titoli acquisiti in uno Stato, il professionista deve solo presentare una domanda via Internet. Dopo aver effettuato le necessarie verifiche, gli verrà rilasciata una prova elettronica del fatto che sono stati superati i controlli amministrativi ed è stato ottenuto il riconoscimento delle qualifiche professionali nel Paese ospitante o che si soddisfano i requisiti per poter prestare temporaneamente i propri servizi in tale Paese. Non tutte le professioni possono utilizzare questo sistema semplificato di riconoscimento dei titoli. La direttiva precisa che essa può essere introdotta solo per quelle che rispettano i seguenti criteri:
  • Esistenza di una significativa mobilità, o una significativa potenziale mobilità, nella professione interessata
  • Esistenza di un sufficiente interesse manifestato dalle parti interessate
  • La professione o l’istruzione e la formazione che portano all’esercizio della professione sono regolamentate in un numero significativo di Stati membri
Attualmente la tessera professionale europea è utilizzata solo per cinque professioni:
  • Agente immobiliare
  • Infermiere
  • Farmacista
  • Fisioterapista
  • Guida alpina