Mentre vi preparate ad affrontare la prova preselettiva del TFA sostegno didattico 2023, noi di Edises vogliamo proporvi un approfondimento su un argomento che rientra nel programma ministeriale previsto per l’esame di ammissione, dedicando questo articolo alla didattica integrata.
Ci immergeremo subito in questo interessantissimo argomento, ma prima vogliamo ringraziare la Professoressa Simona Chinelli, Referente della didattica integrata Usr, per aver – con delicatezza e cortesia – letto questo scritto e offerto ulteriori informazioni che potranno tornarvi utili per approfondire il tema e portarlo con voi nella pratica scolastica.
Gli argomenti dell'articolo
Che cos’è la didattica integrata
La didattica integrata – da non confondere con la “didattica digitale integrata” (DDI) sperimentata nel periodo del Covid– è un particolare tipo di strategia pensata per affrontare nelle classi lo studio e la riflessione su tutti quei temi che, per la loro stessa natura, si presentano come “trasversali”, in quanto coinvolgono conoscenze, abilità e competenze rientranti in più di una di quelle che chiamiamo “discipline”.
Pensiamo, per esempio, all’educazione alla sostenibilità ambientale, alla salute, alla cura del patrimonio artistico, paesaggistico e culturale, oppure, ancora, all’educazione alla legalità e alla diversità. Sono tutte rivolte all’approfondimento di aspetti che riguardano elementi specifici di più discipline – dalle scienze all’arte, dalla matematica alla storia, dalla geografia alla legge, dalla chimica all’etica – e che insieme vanno a comporre il più ampio quadro delle competenze trasversali di cittadinanza.
Il cuore di questo tipo di didattica deve essere costituito, dunque, dalla progettazione di percorsi che richiedono un impegno interdisciplinare, i quali, innanzitutto, sappiano integrare area scientifica e area umanistica e che, allo stesso tempo, siano in grado di conservare la qualità e la specificità delle singole discipline.
La didattica integrata per conoscere il mondo così come si presenta: una totalità complessa
Una didattica di questo tipo – interdisciplinare e complessa (nel senso di “composta di molteplici elementi legati tra loro e alla totalità che formano) – mostra la grande potenzialità di avvicinarsi al modo in cui i fenomeni del mondo in cui viviamo si presentano in natura, cioè senza barriere e fortemente interrelati.
La separazione delle discipline è semplicemente un fatto di convenienza umana, un fatto insomma del tutto innaturale. La natura non è affatto interessata alle nostre separazioni artificiali e i fenomeni più interessanti sono quelli che rompono e travalicano le barriere tra i vari campi del sapere.
È così che, già negli anni ’60 del secolo scorso, il premio Nobel per la fisica Richard Feynman parlava del rapporto tra le discipline e il mondo naturale, durante quelle lezioni da lui tenute al Caltech – il California Institute of Technology – e poi raccolte nel testo The Feynman lectures on physic, tradotto in italiano con il titolo La fisica di Feynman.
La didattica integrata per un apprendimento “naturale”
In questa prospettiva, dunque, che si pone come obiettivo quello di rendere flessibili e “traspiranti” i confini tra le categorie in cui noi esseri umani abbiamo da sempre bisogno di organizzare il sapere, la didattica integrata acquista la forma preziosa di una strategia utile a promuovere un apprendimento più naturale, in cui il ruolo stesso dei contenuti scolastici deve essere ripensato.
Ancora oggi, infatti, molto spesso tali contenuti sono messi al centro del processo di apprendimento insegnamento, nel senso che sono considerati lo scopo principale della didattica, portando a una coincidenza della finalità della scuola con l’apprendimento dei contenuti. Come, invece, sottolineano Carlo Scataglini e Annalisa Giustini, nel testo Adattamento e semplificazione dei libri di testo, i contenuti scolastici vanno riportati “al loro giusto ruolo di stimolo percepibile e utilizzabile da tuttigli alunni”, affinché l’apprendimento sia appunto “per tutti”, ciascuno nella propria diversità e unicità.
In tal senso i contenuti si pongono non come il fine, bensì come lo strumento attraverso il quale lo studente può formare la propria cultura e la propria identità, in un’ottica globale che lo vede come persona unica e originale, cittadino consapevole della società in cui vive, abitante cosciente del pianeta Terra.
Rispetto a questo modo di vedere i contenuti scolastici, la didattica integrata può fare molto, poiché non usa dei metodi standard per far apprendere in maniera astratta le discipline, al contrario, usa le discipline come stimoli che ciascuno può cogliere in base alle proprie caratteristiche e capacità personali per conoscere il mondo e come strumenti per agire consapevolmente su di esso.
Progettare percorsi di didattica integrata: insegnare il pensiero critico
Nell’anno scolastico 2016-2017, è nata la Rete di scopo di interambito – rinnovata nel 2019 – dedicata alla sperimentazione della metodologia della didattica integrata, attraverso percorsi di ricerca-azione, monitorati e supportati da un Tavolo tecnico-scientifico regionale.
Tra i materiali che l’Ufficio Scolastico regionale mette a disposizione per chi è interessato a conoscere meglio la sperimentazione di didattica integrata condotta dagli istituti che appartengono alla Rete regionale (42 istituzioni scolastiche della Lombardia e in un ITS), rientra una guida pratica dal titolo La realtà e il pensiero. La ricerca filosofica e scientifica. Guida ai progetti di didattica integrata, realizzata a cura della professoressa Simona Chinelli.
Nell’introduzione di Giovanni Boniolo, viene posto immediatamente l’accento sulla necessità di “insegnare a pensare”, poiché questo costituisce il più importante “prerequisito per l’insegnamento disciplinare”.
Ma cosa significa “insegnare a pensare”?
Per Boniolo, questa fondamentale finalità che deve porsi la scuola può realizzarsi innanzitutto “trovando, all’interno dell’insegnamento delle discipline umanistiche e scientifiche, uno spazio dedicato allo sviluppo del pensiero critico”. Nella pratica, ciò si traduce, nell’individuare un modo “non noioso” per farlo, per esempio “proponendo problemi filosofici ai ragazzi mentre studiano scienza”.
Che cos’è il tempo? Che cos’è lo spazio? Che cos’è l’infinito? Che cos’è il numero? Che cos’è la complessità?
Ma anche proporre problemi sull’impatto etico delle scoperte scientifiche.
È eticamente lecito costruire una centrale nucleare? È eticamente lecito coltivare organismi geneticamente modificati? È eticamente lecito lavorare con cellule staminali embrionali umane? È eticamente lecita l’idratazione e la nutrizione artificiale?
Il senso di proporre questo tipo di problemi che mettono insieme discipline umanistiche e scientifiche, come spiega l’autore, sta nel rendere concreta “una forma di integrazione del sapere che altrimenti lo studente difficilmente riuscirebbe ad avere” e gli consente di comprendere che per rispondere a tali interrogativi ha bisogno di conoscere: “1) la scienza di cui si parla; 2) la filosofia (l’etica) che è richiesta per affrontare quel problema; 3) le tecniche logiche e retoriche necessarie per poter sviluppare una risposta che non sia un inutile e povero Sì/No”.
Non a caso, Boniolo sottolinea l’importanza del riportare nella scuola lo studio della retorica, disciplina che, insieme alla logica e alla grammatica, formava le arti del Trivio ritenute fondamentali per dare “allo studente quella dimestichezza negli strumenti necessari (sia allora come oggi) per la costruzione di una conoscenza che non fosse solo erudizione nozionistica o ripetizione pedissequa”.
Nelle università medioevali, “il luogo dove si cristallizzò il metodo con cui il sapere si doveva costruire e si sarebbe costruito”, le arti del Trivio e del Quadrivio erano oggetto di studio “di base” nel quadriennio propedeutico a qualsiasi successiva facoltà specialistica, come per esempio quelle di Medicina o di Diritto. Ciò perché, in quell’epoca, era ritenuto fondamentale apprendere un metodo di studio che sviluppasse innanzitutto la capacità di ragionare e pensare in maniera critica, basato su tre elementi fondamentali:
- “focalizzazione chiara del problema da affrontare”;
- “individuazione di una soluzione adeguata”;
- “giustificazione razionale di tale soluzione”.
Per Boniolo, anche oggi, più che mai, bisognerebbe riportare l’attenzione su questa triade – “problema, soluzione, giustificazione della soluzione” – poiché “non ha senso mettersi a discutere se non è chiaro il problema in oggetto… se non si cerca una buona soluzione… se non si cerca una valida giustificazione alla soluzione che si è trovata”.
Progettare percorsi di didattica integrata: porre problemi, stimolare soluzioni, insegnare ad argomentarle
Partendo da tali riflessioni, cerchiamo allora di individuare alcuni elementi concreti che possano aiutarci a progettare dei percorsi di didattica integrata dopo aver creato il presupposto fondamentale rappresentato dall’insegnare a ragionare criticamente, che già presuppone, come abbiamo visto, l’integrazione profonda tra i saperi scientifici e quelli umanistici.
Proprio per dare agli studenti l’opportunità di esercitare la capacità di pensiero critico che vogliamo sviluppare in loro, un primo passo è proporre dei problemi su cui possano ragionare, prima inquadrandoli nel contesto in cui si collocano, per poter poi elaborare delle soluzioni possibili.
Offrire degli stimoli perché l’individuazione di queste soluzioni possa realizzarsi si pone dunque come fase successiva, durante la quale, come insegnanti, possiamo proporre attività che favoriscano la creatività, con le associazioni tra concetti di ambiti anche molto diversi tra loro che queste consentono, ma anche attività laboratoriali che aiutino a collocare sempre meglio il problema nel suo contesto e a realizzare nella pratica quella integrazione tra competenze disciplinari diverse che la maggior parte dei problemi reali comporta.
Una volta che le soluzioni saranno state elaborate, infine, un momento altrettanto fondamentale sarà costituito dal dare l’opportunità agli studenti di giustificare le proprie soluzioni, cioè di spiegare con chiarezza quali sono le argomentazioni che le sostengono, usando le capacità in ambito di retorica e di filosofia che, come abbiamo visto, costituiscono degli elementi essenziali della più ampia capacità di pensiero critico.
Progettare percorsi di didattica integrata: un compito complesso ma possibile
Molto ci sarebbe ancora da dire sulla didattica integrata e su come creare dei percorsi che la rendano una pratica diffusa, troppi per poterli trattare qui, per i quali vi invito, innanzitutto, a leggere voi stessi l’interessante Guida pratica alla didattica integrata curata da Simona Chinelli, per proseguire con gli altri materiali ancora più recenti che lei stessa ci ha segnalato e che ha realizzato in collaborazione con Franco Gallo, dirigente coordinatore del corpo ispettivo dell’USR Lombardia, come questo articolo pubblicato su Tutto scuola dal titolo La “didattica integrata” nelle scuole della Lombardia: la risposta alla terza cultura, nonché questa Presentazione della didattica integratadel 2022, in cui viene messo in evidenza anche quanto la didattica integrata sia l’approccio ideale per l’insegnamento trasversale dell’educazione civica.
Questo ultimo paragrafo vorrei invece dedicarlo ad alcune considerazioni personali che ho condiviso anche sul gruppo Telegram di Edises di cui sono moderatrice e i cui partecipanti mi offrono sempre spunti di riflessione interessanti.
Progettare didatticamente in una prospettiva integrata mi sembra estremamente complesso. Il primo grosso scoglio da superare, a mio avviso, sta proprio nel modo in cui noi possibili insegnanti siamo cresciuti e ci siamo formati, che è fortemente disciplinare. Un passo indispensabile dovrebbe essere, dunque, lavorare innanzitutto sul nostro modo di intendere e “maneggiare” il sapere andando a recuperare quel filo rosso che attraversa tutte le discipline e che risiede, a mio avviso, nella caratteristica stessa delle cose del mondo di essere naturalmente interdisciplinari e in relazione tra loro.
In questo processo di recupero ci potrebbe tornare molto utile seguire il consiglio di Edgar Morin, e cioè mettere in atto una “riforma del pensiero” che ci permetta di sviluppare un “pensiero della complessità”, che vada oltre le divisioni del sapere e ci riallacci alla nostra natura umana e alla natura del mondo in cui viviamo.
Nello stesso tempo, per progettare una didattica integrata e realizzare una “integrazione” che esprima il senso pieno di questo termine, dobbiamo anche essere capaci di scendere nella specificità e nell’identità delle singole discipline, affinché tali identità e specificità non vadano perdute nel processo stesso di integrazione.
Questo passaggio fondamentale mi sembra che comporti un grosso impegno su due piani autonomi ma strettamente connessi: l’approfondimento individuale nell’ambito della nostra disciplina, indispensabile per farne nostri i nuclei fondanti ed esserne veicolo; la collaborazione con i colleghi di altre discipline, affinché ciascuno porti il proprio contributo di conoscenza ed esperienza all’interno del percorso interdisciplinare unitario che vogliamo progettare.
Sarete d’accordo con me che la formazione per progettare una didattica integrata, dunque, come è ben spiegato anche sulla pagina dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, deve essere “ad hoc” ed è auspicabile che “possa raggiungere sistematicamente i neo immessi in ruolo e addirittura possa essere presente nei percorsi di formazione universitaria”.
Quest’ultima soluzione sarebbe, a mio avviso, l’ideale affinché anche chi non ha potuto sperimentare la didattica integrata nel proprio percorso di studi anteriore all’università possa cominciare il prima possibile a entrare in una forma mentis interdisciplinare e così diventarne testimone ed esempio per le nuove generazioni, poiché ad averne bisogno è la nostra scuola, quella che costruisce oggi il nostro domani.
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Questo approfondimento, come tutti quelli che proponiamo sul blog Edises, nasce dallo studio quotidiano della nostra redazione sui contenuti del programma ministeriale previsto per l’ammissione al TFA sostegno didattico e dal confronto con le persone che hanno scelto di affidarsi ai volumi e servizi Edises per la loro preparazione.
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