didattica nudging

Una metodologia didattica “gentile”: il Nudging

Il termine Nudging viene dalla parola inglese “nudge”, letteralmente “pungolo”. Nato nell’ambito dell’economia comportamentale questo concetto si presta a molteplici applicazioni nel campo della didattica dell’inclusione.

La didattica inclusiva si sostanzia di strategie e strumenti per garantire che ogni studente, indipendentemente dalle proprie caratteristiche, abilità o difficoltà, possa raggiungere il successo formativo. Il Nudging rientra fra queste strategie di personalizzazione dell’insegnamento e di rimozione delle barriere alla partecipazione: nel corso di questo articolo approfondiremo in che modo esso contribuisce alla creazione di ambienti e contesti favorevoli all’apprendimento e il suo significato di supporto all’autoregolazione e alla metacognizione.

Definizione di Nudging

Nudging è comunemente tradotto con “spinta gentile” e viene concepito nell’ambito della cosiddetta scienza comportamentale, più precisamente un’inter-disciplina di mediazione fra economia e psicologia, nata nella seconda metà del secolo scorso per studiare in base a quali criteri e condizionamenti gli esseri umani prendono le proprie decisioni.

Il Nudging si colloca fra questi come condizionamento implicito, un suggerimento fornito in maniera inequivocabile ma senza la fastidiosa pretesa di una prescrizione. Un caldo invito, ancor più persuasivo perché privo di minaccia di punizione per chi non lo accoglie.

Un piccolo esempio in proposito. Una recente ricerca della Cambridge University vede gli scienziati impegnati a trovare il modo di diminuire l’impatto ambientale del cibo proposto nell’Ateneo: l’interessante esito li porta a concludere che per ridurre il consumo di carne il provvedimento più efficace non è aumentarne il prezzo o fornire esplicitamente preoccupanti dati ambientali, ma semplicemente raddoppiare nei menu dei punti ristoro le opzioni vegetariane.

Fondamenti teorici

Alla base del nudging si trova il potere della delicatezza.
Ogni nostra decisione avviene in un contesto, che la influenza molto più di quanto comunemente siamo portati a credere.
La teoria psicologica da cui origina il nudging è quella comportamentista, secondo la quale è possibile alterare il comportamento delle persone indirizzandole verso la scelta ritenuta preferibile attraverso meccanismi in grado di determinare indirettamente una valutazione prevedibile delle opzioni disponibili.

Gli esseri umani sono naturalmente attratti dalle scelte che comportano meno rischi, che rafforzano le precedenti convinzioni, che sono preferite dalla maggioranza e, non da ultimo, che richiedano il minor numero di cambiamenti possibile. Ma questo non comporta necessariamente che condizionare una modificazione di queste scelte sia poi così improbabile. Ce lo insegnano il marketing, la politica e, per noi più importante, la scuola.
Quante volte ci è capitato, se ci sentiamo forzati in una direzione, di virare per reattanza verso l’opzione diametralmente opposta? Questo avviene perché per ogni essere senziente la libertà è un bene fra i più preziosi.
Ed è proprio sul sottile confine fra libertà di scelta e opportunità di miglioramento che il contesto risulta determinante nell’operare un ricongiungimento, portando con ferma delicatezza le persone a scegliere coscientemente l’opzione migliore.

Il Nudging per la scuola

La teoria dei nudge applicata alla didattica conferisce un ruolo importante all’educatore nella ristrutturazione dell’architettura del contesto decisionale.
La formazione e l’educazione sono di per sé dei fenomeni di modificazione della mente: la conoscenza ha il potere di modificare in maniera permanente i circuiti neurali degli esseri umani e così di imprimere una direzione a scelte e comportamenti.
Ma il ruolo di educatore attraverso la strategia del nudging si distingue per la modalità del suo esercizio, una modalità fondata sul rispetto delle caratteristiche di tutte e tutti.
Trattandosi di un modus operandi si può dunque adattare ad interventi di varia natura, che hanno in comune lo scopo di aiutare e sostenere le decisioni senza però manipolarle, nel totale rispetto della libertà dello studente e della studentessa di decidere secondo i propri valori e le proprie preferenze.

Il nudge nella scuola sarà dunque una spinta delicata verso la giusta direzione, una sorta di suggerimento-guida, che conduca verso comportamenti virtuosi, non tanto per paura di evitare giudizi negativi o punizioni, quanto perché scegliere bene diventa preferibile alla luce di condizionamenti positivi.
Potremmo definirlo, in conclusione, come il nuovo nato della famiglia dei rinforzi positivi, quei piccoli premi o incentivi, di natura materiale, sociale o morale a seconda dell’età delle menti in formazione anche detti, nella pratica didattica quotidiana, token economy.

Esempi nella pratica didattica

Ma vediamo come poter dare concretamente qualcuna di queste delicate spintarelle ai nostri futuri alunni e alunne, studenti e studentesse.

  1. Nudge per tutti i gradi di scuola
    – Uno degli aspetti più importanti dell’uso degli incentivi all’apprendimento è la gestione del tempo: è perciò essenziale che le spinte vengano fornite nel rispetto dei tempi di chi le riceve, fornire un input troppo presto lo renderà inefficace e potenzialmente dannoso.
    – Le spinte devono rispettare il principio del micro-learning: l’intervento deve essere diretto e breve per poter determinare una significativa ritenzione del contenuto o del messaggio trasmessi
    – Non esiste reale apprendimento senza una sua costruzione condivisa: fra le spinte della didattica attiva si distingue il feedback costante, utile anche ai fini di correggere il processo di insegnamento durante il suo stesso svolgimento
    – Volgere in positivo: l’uso di negazioni, punizioni ed espressioni di condanna rispetto a comportamenti e scelte non conduce che a temporanei e superficiali modifiche dei soli comportamenti. La delicatezza della proposta di esempi e valori positivi riesce a fare la differenza nel promuovere un vero e duraturo cambiamento.

2. Nudge per la scuola dell’infanzia e primaria
– Allestire un orto di plesso o di interclasse e coinvolgere alunni e alunne nella sua gestione incentiva il maggior consumo di frutta e verdura
– Preparare un’area dedicata alla raccolta differenziata e assegnare di volta in volta il ruolo di responsabile di una tipologia di rifiuti determina la formazione e la crescita di coscienza ecologica e ambientale

3. Nudge per la scuola secondaria di primo e secondo grado
– Le esperienze di apprendimento noiose e poco accattivanti non riescono a coinvolgere il discente: l’alternarsi di media visivi e uditivi e l’uso di un linguaggio prossimo all’ascoltatore ne riesce ad attirare l’attenzione semplificando e quindi garantendo una più solida comprensione e dunque un più duraturo immagazzinamento del contenuto.
– Demonizzare e proibire l’uso della tecnologia nelle scuole di primo e secondo grado non sortisce l’effetto di proteggere i giovani dalla dipendenza da internet: la spinta verso il miglioramento consiste nel creare degli spazi di riflessione in merito al corretto uso della tecnologia rendendo gli studenti attori attivi e propulsori di proposte per un decalogo sulle possibilità di un utilizzo formativo di device tecnologici.

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Conclusione

Usare il nudging a scuola apre la porta a nuove forme di apprendimento, che non concernono soltanto il livello cognitivo, ma includono anche aspetti comportamentali ed emotivi. La delicatezza, insieme all’ottimismo, all’empatia e alla gratitudine, sono qualità che i contesti di educazione e formazione per primi dovrebbero tutelare e valorizzare per concorrere alla salvaguardia della salute mentale e fisica delle persone che costituiscono il futuro dell’umanità.

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