Perché leggere a voce alta ai bambini è così… bello!

Leggere a voce alta ai bambini, illustrazione di Angela Joanna Grancagnolo per Occhicielo
Leggere a voce alta ai bambini, fin da piccoli, è importante. È da molto tempo ormai che si conoscono i benefici della lettura fin da neonati, ne traggono giovamento la relazione, l’acquisizione del lessico e lo sviluppo delle competenze linguistiche, le abilità logiche, la capacità di ascolto e di attenzione. Leggere a voce alta delle storie ai bambini contribuisce a fortificare in loro la neonata idea che ogni parola ha un senso, rappresenta una cosa ben precisa e che ad alcuni suoni corrispondono non solo oggetti, ma anche quei sentimenti che, anche grazie alle storie, imparano a riconoscere dentro di loro e a nominare. Leggere a voce alta ai bambini rivela loro tratti, colori, forme dapprima sconosciute e poi sempre più familiari e riconoscibili, li aiuta a passare dal suono all’immagine, dalla parola all’oggetto e poi, più avanti, al simbolo.

Leggere ai bambini perché è bello!

È quanto – sulla scorta di ricerche e di esperienze scientificamente strutturate – dicono gli esperti in merito ai vantaggi della lettura ad alta voce condivisa con i bambini. Lo dicono da molto tempo ed è per questo che, ormai, non sono i soli a farci sapere che leggere ai nostri bambini è un dei doni più grandi che possiamo far loro.
Personalmente, ne siamo sempre state assolutamente certe. Non dedicheremmo tanta parte del nostro tempo all’impegno editoriale se non fosse così. Ma ancora di più lo siamo adesso, dopo essere diventate mamme e aver letto per i nostri piccoli, dopo aver lavorato per anni al fianco di tanti genitori in difficoltà: ogni anno che passa ci convinciamo di più che leggere a voce alta un libro, l’uno accanto all’altra, è una attività utilissima per affrontare anche molti passaggi non facili nei quali ci possiamo imbattere durante la crescita della nostra famiglia.
Ma leggere a voce alta ai bambini fin da piccoli non è solo utile per promuovere abilità e competenze anche trasversali, è soprattutto bello, molto bello! Leggere insieme è un momento di grande intensità che condividiamo con i nostri piccoli e di cui godiamo tutti, perché attraverso la lettura risvegliamo emozioni che circondano non solo i piccoli, ma anche noi grandi, e che ci aiutano a conoscerci reciprocamente, permettendoci di crescere, insieme.
E poi è così semplice! Non serve essere grandi attori o animatori esperti per rendere piacevole e denso di emozioni questo momento. È sufficiente leggere, con cura, perché sì, è proprio così, anche attraverso la lettura ci prendiamo cura dei nostri piccoli.

Leggere ai bambini: un’abitudine naturale, da costruire insieme

Come sa bene qualsiasi appassionato di libri, leggere è un momento molto personale, e non è un azzardo supporre che per ogni lettore esista una abitudine di lettura diversa da quella di qualsiasi altro: c’è chi legge disteso, chi seduto, chi sopra il letto, chi accucciato a terra contro un muro, chi legge di notte, chi lo fa mentre mangia, chi nella vasca da bagno, chi legge sul treno, chi in macchina, chi ha sempre un libro con sé e lo tira fuori appena può, chi invece preferisce ritagliarsi un tempo lungo per gustarselo tutto di un fiato. E tutte queste “sfumature di abitudine” giocano – naturalmente – il loro ruolo quando noi adulti presentiamo i libri ai nostri piccoli, in qualche modo, le trasmettiamo insieme al piacere stesso della lettura.
È proprio per questa ragione che risulta davvero difficile dare dei consigli su come introdurre la lettura nella vita dei nostri figli. Tuttavia, esistono dei piccoli accorgimenti che possono essere di grande aiuto per aiutare i piccoli a familiarizzare con l’oggetto libro e con il momento in cui questo stesso libro viene aperto, sfogliato e letto insieme. Eccone alcuni!

Creare l’atmosfera della lettura: qualche consiglio pratico

Una prima cosa che può essere molto utile è creare l’“atmosfera da lettura”. Per farlo, possiamo preparare il nostro bambino a questa attività, per esempio, scegliendo un momento della giornata dedicato, così che il piccolo possa gradualmente imparare ad anticiparlo nella sua mente e ad attenderlo: non è necessario pensare a ore intere e tempi lunghi, bastano pochi minuti al giorno.
Un contributo altrettanto importante che possiamo dare alla creazione dell’atmosfera da lettura è dato dal luogo in cui vogliamo che si svolga: non è importante che sia sempre lo stesso, lo è invece – e molto – che sia comodo. Possiamo scegliere per esempio di stare a terra con tanti cuscini intorno, sul divano o sul lettone, purché la posizione che adottiamo non diventi intollerabile nel giro di pochi minuti e che permetta sia a noi che al nostro piccolo di guardare il libro con le sue illustrazioni, nonché di toccarlo.
Un ultimo accorgimento che possiamo usare, prima di cominciare a leggere, per la creazione dell’atmosfera, è descrivere quello che stiamo per fare, dicendo al nostro piccolo quale libro stiamo per leggere, facendoglielo toccare, leggendogli il titolo, soffermandoci sulla copertina, senza dimenticare che, una volta terminata la lettura, quella stessa atmosfera che ci siamo tanto impegnati a costruire non deve rompersi bruscamente e, anzi, possiamo prolungarla consentendo al piccolo di tenere il libro tra le mani, di sfogliarlo, se vuole, di soffermarsi sulle pagine che lo hanno colpito di più.
La lettura inizia prima di quando si apre la prima pagina e si pronunciano le prime parole del testo, e finisce molto dopo rispetto a quando si chiude il libro!

Permettere ai bambini di leggere a modo loro

La maggior parte di noi adulti ha un rispetto quasi sacro nei confronti dell’oggetto libro, lo custodisce, non lo sgualcisce, non lo strappa, non lo bagna. Ed è una cosa del tutto naturale. I libri per bambini e ragazzi, poi, sono quasi sempre molto curati nell’aspetto materico – copertine cartonate, carta patinata, delicate animazioni pop-up – per questa stessa ragione hanno, altrettanto frequentemente, un costo non proprio irrilevante. È ovvio, quindi, che vedere un oggetto del genere strapazzato, spiegazzato, strappato e sbavato non è uno spettacolo che passa proprio inosservato ai nostri occhi di grandi.
Tuttavia, per superare questo “trauma”, può tornarci molto utile soffermarci su un aspetto importante, e cioè che la lettura dei bambini assume forme molto diverse rispetto a quella che noi adulti abbiamo in mente. Per un bambino di pochi mesi, per esempio, leggere comprende anche assaggiare il libro e non solo ascoltarne la storia. Del resto ormai è noto a tutti che i piccoli conoscono il mondo assaggiandolo, mordendolo, portando tutto alla bocca, e i libri non fanno e non devono fare eccezione.
Cerchiamo allora di considerare anche questa come una forma di lettura, primordiale certo, ma altrettanto certamente adeguata all’età dei piccoli, una forma di lettura “a modo loro”, attraverso cui potranno familiarizzare con l’oggetto libro fino a sentirlo parte integrante del loro mondo. Proviamo a non avere fretta di insegnare come si tiene in mano, come si sfoglia, come si “deve” usare. Ogni cosa ha il suo tempo, sempre. L’utilizzo improprio degli oggetti è ciò che permette ai bambini di appropriarsene, conoscendoli in tutte le loro forme e sapori!
Presto potremo ammirare con i nostri occhi che, dopo aver esplorato il libro con la bocca e con lo sguardo, il nostro bambino sarà pronto per scoprirlo nelle altre sue parti e funzioni: lo manipolerà, lo girerà e scoprirà che si apre, gli sfuggirà di mano, ne perderà il controllo e solo con la pratica imparerà a padroneggiarlo. Girare le pagine richiede una grande capacità di coordinamento, occhi, braccia e mano devono lavorare all’unisono per portare a termine l’impresa di voltare pagina. Concediamogli il tempo di imparare. Non dimentichiamo mai che, per i primi mesi, la lettura del nostro piccolo sarà veicolata attraverso una duplice esperienza: la nostra voce rassicurante e familiare che legge la storia e la manipolazione diretta e in tutte le sue forme del libro che la storia contiene.

Leggere a voce alta ai bambini è un dolce atto di cura

leggere a voce alta ai bambiniCreare l’atmosfera di lettura dunque, aiutare i piccoli a familiarizzare con il libro mostrando comprensione per una forma di lettura “a modo loro”, ma anche: non scoraggiarsi!
Quelle immagini idilliache, che tutti abbiamo visto almeno una volta, di mamme che leggono in stanze perfettamente in ordine a bambini che le guardano immobili tra lo stupore e il rapimento estatico possono essere molto lontane dalla realtà. È di gran lunga più probabile che, pur avendo predisposto tutto secondo i consigli di amici o di articoli proprio come questo che stiamo scrivendo, il nostro piccolo mostrerà verso la nostra voce e nei confronti del libro che abbiamo accuratamente scelto, il più puro, evidente e sincero disinteresse.
Sarà questo il momento in cui non dovremo lasciare il posto allo scoraggiamento e alla delusione: continuiamo invece a leggere, consapevoli che è l’abitudine, la familiarità, il momento di condivisione di parole e intonazioni che trasmetteranno, col tempo, l’amore per i libri e lasceranno una traccia indelebile di memoria nel nostro bambino.
Perché leggere ad alta voce al nostro bambino è, innanzitutto, un atto di cura e di educazione. Lo è perché gli offriamo uno strumento di crescita che coinvolge tutti i suoi sensi, lo è perché non è un atto solitario, bensì relazionale, che prende vita e forma attraverso le figure più importanti per lui: noi che siamo i suoi genitori.
Leggere è cura anche perché doniamo a noi stessi e ai nostri bambini meravigliose storie. E le storie recano emozioni. E sono sempre diverse, anche le stesse storie che leggiamo in continuazione su grande richiesta assumono a ogni lettura un significato differente. È per questa ragione che importante quanto leggere è assecondare le richieste del nostro bambino quando, una volta che avrà iniziato a parlare, ci chiederà “ancora…ancora”.
È allora che dovremo cercare di non avere fretta di passare da una storia all’altra, di tenere a bada il nostro scoramento anche quando ormai sapremo a memoria ogni passaggio del libro che il nostro bambino ci chiederà di ri-leggere per l’ennesima volta. È allora che non dovremo lasciarci prendere dal desiderio di saltare qualche parola né tantomeno di cambiarla, perché i bambini hanno un’ottima memoria e hanno un loro ordine, nel quale trovano conforto e sicurezza.
I bambini hanno bisogno di questa sorta di “ritualità”, perché le storie hanno il grande potere di smuovere qualcosa di profondo, di far affiorare emozioni vorticose, confuse sfocate, e di renderle piano piano definite e riconoscibili. Le storie, quelle belle, ben scritte e pensate, parlano il linguaggio dei bambini, un linguaggio metaforico, non didascalico, in cui la magia è l’equivalente della logica. Ed è giusto così, perché la magia è per lungo tempo l’unica forma di spiegazione ai diversi eventi che sia davvero comprensibile e accettabile per i piccoli.

Le fiabe classiche: un patrimonio di magia e di emozioni

E così arriviamo direttamente a un altro aspetto importantissimo, cioè: cosa leggere ai nostri bambini? Quali libri, quali storie scegliere?
Nel poco spazio che ci resta a disposizione in questo articolo, allora, vogliamo dedicare qualche parola alle fiabe. Oltre ai tanti bellissimi libri per l’infanzia pubblicati da autori contemporanei infatti, personalmente, siamo convinte che le fiabe classiche sono meravigliose. Non siamo certo le prime a dirlo, né le più autorevoli, già Bruno Bettelheim, negli anni Settanta del Novecento, nel suo stupendo e insuperato testo Il mondo incantato, ci illumina su questi aspetti e ci fa capire che le fiabe parlano un linguaggio che i bambini sentono e comprendono.
E allora il consiglio di lettura che diamo innanzitutto a noi stesse è: leggiamo le fiabe, ma leggiamole nelle loro versioni originali, leggiamole per mille e una ragione: perché nelle fiabe i buoni e i cattivi sono riconoscibili, perché i personaggi sono tipici e non unici e perché non ci sono sfumature né ambivalenze, i buoni sono assolutamente buoni e i cattivi irrimediabilmente cattivi, perché con il supporto di un aiutante magico che rende più sopportabile il difficile cammino, il protagonista affronta numerose difficoltà, pericoli e momenti di sconforto, ma alla fine riesce a superare tutto e trionfa – sempre! –, perché in queste storie la volontà e l’impegno sono necessari per trovare la serenità.
Nelle fiabe, i bambini possono incontrare il bene e il male, entrambi ugualmente attraenti, ma ben separati tra loro in modo che li possano vedere, riconoscere e distinguere. I bambini hanno bisogno di “cattivi”, perché questi personaggi permettono loro di trasferire senza sensi di colpa i sentimenti negativi che normalmente provano verso se stessi e gli altri.
Per un bambino, per esempio, è impossibile accettare che la mamma sia contemporaneamente la persona amorevole che si prende cura di lui e la persona che lo sgrida, negandogli ciò che desidera e verso la quale prova rabbia. La mamma non può essere allo stesso tempo buona e cattiva, affettuosa e minacciosa: è come se questi due estremi provocassero una trasformazione improvvisa della persona che il bambino ha di fronte, come se letteralmente non fosse più la stessa.
Ecco allora che la matrigna – quasi sempre presente nelle fiabe – consente ai bambini di salvare l’immagine della mamma sempre buona e amorevole, perché è lei che incarna dentro di sé tutti i lati negativi. Ecco ancora che il lupo, nel prendere il posto della nonna, simboleggia la repentina trasformazione che un bambino percepisce quando un adulto solitamente amorevole lo sgrida, facendolo sentire minacciato.
In quest’ottica acquista senso il fatto che la maggior parte dei protagonisti delle fiabe sia orfano o abbandonato dai genitori: la paura abbandonica è una delle più grandi e comuni a ogni bambino e la fiaba la rende sopportabile, perché gli permette di viverla all’interno della storia e trasferirla sul protagonista, il quale però sopravvive a quella condizione e la sconfigge.
E, sempre in quest’ottica, è bene non trasformare o edulcorare le fiabe, perché anche i passaggi che a noi sembrano eccessivi o violenti in realtà ordinano il tumulto di emozioni e incomprensioni che animano l’infanzia. Anche se, a una lettura adulta, sembra che il protagonista di una certa storia svolga un ruolo passivo nella strada verso la risoluzione dei problemi, in realtà è proprio quel protagonista che, immancabilmente, con le proprie scelte supera le innumerevoli avversità che si presentano sul suo cammino. Le fiabe insegnano l’impegno e la speranza, di cui i bambini hanno necessità, e li aiutano a guardare il caos che hanno dentro di sé sentendosene meno sopraffatti.
Da adulti ci soffermiamo sul significato più superficiale delle fiabe e questo ci porta a considerarne la maggior parte troppo cruente o eccessivamente intrise di cliché. Ma ciò che le fiabe trasmettono, nelle loro versioni originali, tramandate dapprima oralmente per molte generazioni e poi in versione scritta, è uno sguardo sul tumulto che ciascuno ha dentro di sé. Le fiabe non mentono ai bambini e non fanno nascere in loro paure o vane speranze: i nostri piccoli hanno già queste paure dentro di loro e attraverso le fiabe possono guardarle, viverle e superarle.

“[Le fiabe insegnano al bambino] che una lotta contro le difficoltà della vita è inevitabile, è una parte intrinseca dell’esistenza umana, che soltanto chi non si ritrae intimorito ma affronta risolutamente avversità inaspettate e spesso immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla fine uscire vittorioso […]. Le fiabe suggeriscono che una vita gratificante e positiva è alla portata di ciascuno nonostante le avversità, ma soltanto se non si cerca di evitare le rischiose lotte senza le quali nessuno può mai raggiungere una vera identità […]. L’importanza delle fiabe per l’individuo in fase di crescita risiede in qualcosa di diverso da insegnamenti sui modi corretti di comportarsi in questo mondo […]. Le fiabe non pretendono di descrivere il mondo così com’è, né consigliano sul da farsi […]. Il proposito della fiaba non è quello di comunicare utili informazioni circa il mondo esterno, ma di chiarire i processi interiori che hanno luogo in un individuo”.

Bruno Bettelheim, Il mondo incantato

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