Oggi voglio presentarvi una persona che avrete modo di conoscere meglio nei prossimi mesi sul blog Occhicielo. La ragione per cui ciò sarà possibile sta nel fatto che lei – e così vi ho già svelato che è una donna – ha pensato dei bellissimi laboratori creativi ispirati ai miei libri. Io li ho letti, li ho sperimentati e, come sempre mi succede quando vivo delle belle esperienze, mi è venuta voglia di condividerli con voi.
“Lei” è Claudia Spiga, in arte Clo. Le sue idee le propone sotto il segno dell’Elaboratorio di Clo. E sono idee belle nel senso letterale del termine, perché hanno dentro arte, emozioni, mani piccole che lavorano, mani grandi che sanno guidare senza invadere quel magnifico e sconfinato spazio che è la creatività dei bambini. Laboratori da elaborare, adulti e bambini fianco a fianco, rispettando la natura e imparando a conoscerla.
La natura è protagonista nei laboratori creativi di Claudia. Nei materiali, ma anche nelle idee da realizzare. La natura è nello sguardo di questa mamma architetto che ha deciso di progettare e costruire esperienze, perché i bambini possano scoprire che il mondo è bello e può restare tale se impariamo a rispettarlo, se impariamo da lui cose come la pazienza e la capacità di riequilibrarsi.
E così, mentre lei pensa a come trasformare vecchi rifiuti, foglie, rametti, riviste datate e colori in oggetti belli o in esperimenti divertenti, io le faccio giusto un paio di domande per farvela conoscere meglio.
Gli argomenti dell'articolo
“Elaboratorio”: elaborare l’esperienza con la mente e con le mani
Francesca Ciao Claudia e benvenuta in Occhicielo! La parola che hai scelto per descrivere i tanti e vari laboratori creativi che proponi ai tuoi bambini e che condividerai con noi di Occhicielo è “elaboratorio”. Mi sembra che tu abbia voluto mettere insieme due aspetti importanti per un’attività rivolta ai più piccoli, e cioè, l’elaborazione e l’esperienza. Ci spieghi perché hanno un così grande valore in una attività rivolta ai bambini?
Clo Prima di rispondere alla tua domanda, innanzitutto voglio ringraziarti per avermi invitata in Occhicielo! In quanto alla parola “elaboratorio” è proprio come hai detto: in questo nome, per me, possono essere racchiuse quelle esperienze che uniscono l’uso delle mani, con cui il bambino impasta, colora, modella, all’uso della mente, che è invece coinvolta in tutto il processo di elaborazione di quanto avviene attraverso il corpo. L’unione di queste due componenti, con un bambino che è disposto a partecipare, può portare, come ho avuto modo di constatare durante i molti anni di lavoro in questo campo, a una grande soddisfazione per il piccolo, e anche per l’adulto che lo accompagna.
Laboratori creativi: partecipo se mi sento libero!
Che il bambino sia disponibile a partecipare, che ne abbia voglia, è infatti una componente altrettanto fondamentale perché possa sperimentare un “elaboratorio”. Tante volte noi adulti, anche se animati dall’intenzione di proporre ai nostri piccoli delle esperienze stimolanti e che pensiamo possano interessarli e divertirli, tendiamo a spingerli un po’ troppo. Così, quella che dovrebbe essere una proposta, può essere sentita da loro come un obbligo. Quando ciò accade, a mio avviso, viene subito a mancare uno dei presupposti fondamentali perché l’attività venga vissuta dal bambino in una dimensione di armonia con ciò che sente.
Quando invece quel bambino è disponibile, si sente libero. Libero di usare la sua testa e le sue mani come meglio crede, in piena autonomia, per sperimentare i materiali che gli vengono proposti e, se c’è un tema, di affrontarlo con il suo pensiero con ciò che lui elabora.
Francesca Mi sembra quindi che l’aspetto della spontaneità della partecipazione sia proprio il presupposto fondamentale e che, in sua assenza, l’intera esperienza laboratoriale venga privata di una grossa parte delle sue possibilità, che venga, in un certo senso, “depotenziata”.
Laboratori creativi: partecipo se mi dai fiducia!
Claudia Sì, io ne sono convinta. Ma sono altrettanto certa che noi adulti possiamo fare molto affinché ciò non accada, mettendoci innanzitutto in una dimensione di ascolto, inteso come fiducia nei confronti del bambino, senza critiche, senza forzature e con la disponibilità ad aiutarlo se ne ha bisogno.
Per esempio, durante i miei laboratori creativi, quando mi accorgo che qualche bambino ha delle difficoltà a tagliare una figura, è solo allora che intervengo per aiutarlo, ma con lo scopo preciso di mostrargli come farlo da solo, mai con l’intento di farlo al posto suo. Questo perché il mio obiettivo è che il bambino si senta soddisfatto di ciò che ha realizzato, nella propria autonomia di pensiero, di capacità, di creatività e di errore.
Anche perché un errore è sempre occasione di crescita! Soprattutto se noi adulti riusciamo a offrire al bambino l’opportunità di riconoscerlo e accettarlo spontaneamente, affinché possa reagire in modo costruttivo, correggendosi da solo o, perché no, cambiando obiettivo e rimettendosi in gioco.
Quando parlo di fiducia nei confronti dei bambini da parte di noi adulti, intendo proprio una accettazione, che li faccia sentire liberi, anche di sbagliare e, prima di ogni altra cosa, di realizzare qualcosa che piaccia innanzitutto a loro e non a noi, che li faccia sentire soddisfatti intimamente e che non sia finalizzata a gratificare il grande di turno che hanno di fronte.
Natura e bambini: una relazione antica quanto l’uomo
Francesca E visto che parliamo di adulti che hanno fiducia nei bambini – e che sanno trasmettergliela – mi viene in mente un personaggio un po’ magico, unico al mondo direi: Mary Poppins! La seconda domanda che vorrei porti infatti nasce da una riflessione che parte dai tuoi laboratori creativi unita alla lettura del romanzo di Pamela Lyndon Travers che ho appena concluso con la mia bambina.
C’è un momento nel racconto, in cui l’autrice immagina che i due bambini più piccoli della famiglia Banks, ancora senza denti e incapaci di parlare, siano però in grado di comunicare con il Sole che li scalda, il vento che li rinfresca, lo stornello che si posa sul davanzale della loro finestra.
Mary Poppins, unico essere umano adulto capace di comunicare con la natura, spiega ai due gemelli che presto perderanno questa capacità tanto amata, come accade a tutti i bambini che mettono i primi denti e iniziano a crescere. A questa notizia, i piccoli si ribellano con forza, promettono che non dimenticheranno mai, che non cresceranno, non vogliono accettare quella che appare loro una vera e propria perdita.
Come i piccoli Banks, mi sembra che anche i tuoi laboratori si ribellino al distacco dalla natura, quella natura che è presente in maniera importante nelle attività che proponi. Il materiale che recuperi dal mondo naturale è tanto, così come quello che, in un senso diverso di questa stessa parola, recuperi tra tutto ciò che potenzialmente potrebbe danneggiarlo: penso alla rete di plastica che contiene la verdura, vera e propria piaga di tutti i mari, e che tu usi proprio nel laboratorio Facce di foglia – che proponiamo qui e che è ispirato al mio libro A volte mi sento… inondare di emozioni – come la base su cui esporre le foglie decorate.
Secondo la tua esperienza, quanto conta la natura nella crescita di un bambino in armonia con le proprie emozione?
Clo È una domandona questa! Si potrebbe parlarne per ore e non basterebbe a toccare ogni aspetto della relazione tra noi esseri umani e il mondo naturale che ci circonda. Volendo però essere brevi senza perdere di vista aspetti importanti, basta partire dal fatto che “il bambino è natura”. Quando nasce, non ha bisogno di nient’altro di ciò che la natura stessa può offrirgli: il seno della mamma, il suo calore, la sua voce. Siamo noi, nella società in cui viviamo, che abbiamo trasformato il bambino in un piccolo individuo dalle mille esigenze, da soddisfare comprando e comprando per imbottirlo, dentro e fuori.
Nei miei laboratori, io propongo proprio di non allontanarsi dalla base, cioè dalla natura e dalla naturalità del bambino: i materiali che propongo sono oggetti che non è necessario andare a comprare. Ciò vuol dire che tu adulto, puoi uscire di casa con il tuo bambino e, anche senza partire con l’idea di fare un laboratorio, puoi raccogliere delle cose, tenerle da parte, per poi usarle quando ti viene in mente qualcosa di particolare e realizzare un oggetto nuovo insieme a lui.
Perché la cosa straordinaria dei bambini è che non hanno ancora in sé l’idea dell’andare a comprare, ma partono dal presupposto che quello che hanno a disposizione è già tutto ciò che può servire. Sta a noi quindi scegliere del materiale che dimostri loro che hanno ragione, che non servono per forza degli extra da acquistare.
Per esempio, la stessa colla, usatissima nelle attività creative, potremmo farla con acqua e farina. Certo non sarà una colla potente, ma se si tratta di attaccare dei fogli di carta l’uno sull’altro andrà benissimo, ed essendo senza solventi o sostanze più o meno tossiche potrà essere usata anche da bambini molto piccoli.
Con ciò non voglio dire che nei miei laboratori tutto ciò che è extra rispetto alla natura è vietato, la colla, così come dei bei colori per esempio possiamo comprarli con serenità, li ho usati anche in Facce di foglia. Ciò che intendo invece è che, a volte, basta un po’ di immaginazione e qualche trucchetto per dare spazio alla creatività senza necessariamente passare in negozio, con effetti solo benefici sull’ambiente.
Natura generosa, natura curiosa
Francesca In questo senso la natura è molto generosa, ci mette a disposizione i suoi oggetti con disponibilità, senza chiedere nulla in cambio. E ci è anche grata quando la liberiamo da qualcosa che può danneggiarla, perché, se noi ne abbiamo cura, lei ci ricompensa sempre.
Ma c’è un’altra riflessione che mi viene in mente mentre ti ascolto, e cioè che la natura non è giudicante: non dice al bambino di raccogliere una rosa invece di una margherita di campo, non lo obbliga a schemi rigidi, ma lo lascia libero di fare le sue scelte e anche di sbagliare.
C’è un passaggio di un libro che leggo spesso a mia figlia a cui sto pensando adesso. Il libro si intitola The Curious Garden e lo ha scritto e illustrato Peter Brown. Il giovane protagonista, Liam, scopre delle piante che – diciamo così – non sono in ottime condizioni! Lui non si è mai occupato di piante, ma guardandole si rende subito conto che può fare qualcosa per aiutarle, solo che non sa proprio da dove partire. Così, i fiori rischiano di annegare e gli arbusti si ritrovano potati in un modo piuttosto originale, ma con pazienza tutte le piante lasciano a Liam il tempo di diventare un vero giardiniere e ben presto lo ricompensano trasformando la città in un giardino meraviglioso.
Nessun giudizio precostituito e tanta pazienza! Penso che noi adulti possiamo imparare molto dalla natura e lasciare ai nostri bambini il tempo di sbagliare e sbagliando migliorarsi e crescere, affinché diventino i più bravi giardinieri della loro anima.