Ricorsi nei concorsi pubblici: guida pratica

I casi di procedure concorsuali bloccate o che si trascinano da anni perché vi sono ricorsi pendenti non si contano più. Molti studi legali hanno fatto di questa tipologia di ricorsi la loro principale attività e, a onor del vero, spesso ottengono sentenze favorevoli nelle aule dei tribunali.

Ma perché si assiste a questa valanga di ricorsi? Effettivamente i bandi sono così carenti o è semplicemente un eccesso d’italica “litigiosità”? In questa breve guida ai ricorsi nei concorsi pubblici si cercherà di indicare i motivi che hanno portato all’impugnazione di diversi bandi e sarà sommariamente spiegata la procedura da attivare per proporre un ricorso.

Concorsi pubblici: quali sono i motivi per fare ricorso?

Le motivazioni che portano i candidati a rivolgersi alla giustizia amministrativa, competente in materia, per denunciare presunte irregolarità nello svolgimento dell’iter concorsuale possono riguardare:

  • La fase iniziale di predisposizione del bando
  • La fase di svolgimento della prova
  • La fase di predisposizione della graduatoria finale

Quali motivi di ricorso possono scaturire dall’irregolarità del bando?

Nella stesura di un bando l’amministrazione deve sempre rispettare le indicazioni contenute nella normativa nazionale sui concorsi pubblici (d.P.R. 487/1994) e nel decreto che disciplina lo svolgimento della procedura concorsuale. Chiarendo subito che molti motivi di impugnazione si rilevano solo entrando nel dettaglio del singolo bando, vediamo i casi che più frequentemente ricorrono:

  • I limiti d’età. In Italia formalmente i limiti di età per l’accesso ai concorsi pubblici sono stati aboliti (articolo 3, comma 6, legge Bassanini n. 127/1997) anche se sono consentite deroghe, alcune delle quali previste per i concorsi nel settore delle forze armate. Tuttavia la Corte di Giustizia Europea con una pronuncia di qualche anno fa (sentenza del 13 novembre 2014 nella causa C-416/13) ha dichiarato che l’apposizione di tali limiti può risultare discriminatoria nei confronti di altri cittadini titolari delle medesime capacità, a prescindere dall’età. Attualmente, quindi, introdurre limiti di età per partecipare a concorsi pubblici è legittimo secondo la normativa italiana ed europea, anche se, laddove fossero considerati discriminatori e sproporzionati, potrebbero essere oggetto di impugnazione presso un tribunale italiano, richiamando quanto affermato dalla citata sentenza della Corte di Giustizia europea
  • La richiesta di titoli di studio o altri requisiti (ad esempio un’esperienza lavorativa specifica) non previsti dalla normativa che disciplina le procedure di assunzione. È stato più volte ribadito in giurisprudenza che “in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà” (cfr. Consiglio di Stato, sent. 14 ottobre 2019, n. 6972)
  • L’introduzione di un’ipotesi di esclusione considerata discriminatoria. È stato il caso, ad esempio, del concorso a cattedra che ha escluso i docenti già di ruolo, pur in presenza di una specifica abilitazione, impedendo loro di concorrere per una cattedra diversa da quella che ricoprono
  • La mancata indicazione dell’equipollenza dei titoli di studio o l’esclusione di un titolo che poteva considerarsi sostanzialmente equivalente. Ad esempio nel Concorso per 500 Funzionari MIBACT erano accettati solo i master di II livello di durata biennale, escludendo, secondo molti in modo discriminatorio, quelli di durata annuale

Il bando che si ritiene irregolare è un atto impugnabile autonomamente e si può ottenere un provvedimento del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per l’ammissione “con riserva” al concorso, in attesa della decisione definitiva.

Quali motivi di ricorso possono scaturire dall’irregolarità della procedura?

Una volta presentata la domanda il candidato deve affrontare le varie prove del concorso, che quasi sempre iniziano con una preselezione, per poi passare alla fase scritta e a quella orale (alcuni concorsi, soprattutto nelle Forze Armate, aggiungono prove di idoneità psico-fisica). Anche in questo “percorso” non mancano elementi che possono giustificare un ricorso. Ne riportiamo alcuni, a titolo esemplificativo:

  • La richiesta di un punteggio superiore a 21/30 (in pratica sette decimi) per superare la prova. L’illegittimità nasce dal fatto che l’art. 7 del d.P.R. 487/1994 (il principale provvedimento che disciplina le modalità di svolgimento dei concorsi pubblici) afferma che “conseguono l’ammissione al colloquio i candidati che abbiano riportato in ciascuna prova scritta una votazione di almeno 21/30 o equivalente”; sulla base di questa disposizione sono stati presentati numerosi ricorsi, come quello contro l’Agenzia delle Entrate che per superare la prova preselettiva richiedeva un punteggio di 24/30
  • La previsione della doppia soglia di sbarramento. In alcuni casi i candidati non sono ammessi alla fase successiva anche se superano il punteggio minimo fissato dal bando. Succede quando si stabilisce un numero massimo di partecipanti che possono sostenere le prove successive. Normalmente si tratta di un multiplo dei posti a concorso: ad esempio se per 500 posti possono essere ammessi un numero di concorrenti pari a 10 volte i posti a concorso, passano solo i primi 5.000. Ciò avviene anche se il candidato ha ottenuto un punteggio superiore a quello minimo richiesto. Con questo meccanismo si sono verificate situazioni paradossali, con candidati che, pur avendo risposto correttamente all’80% delle domande, non sono stati ammessi alla prova successiva
  • Il mancato rispetto dell’anonimato nello svolgimento della prova. La gestione di un concorso pubblico deve garantire che non sia possibile risalire direttamente al partecipante attraverso la busta da questi consegnata alla commissione esaminatrice. Tutti i dati personali devono essere riportati all’interno del plico e non visibili dall’esterno. Se è prevista l’apposizione di etichette che consentono di individuare direttamente i candidati oppure se sono utilizzate buste trasparenti che consentono di individuare la persona che ha consegnato la prova, questa deve essere considerata illegittima
  • L’inizio della prova concorsuale unica a livello nazionale in orari diversi. Per concorsi nazionali che prevedono lo svolgimento delle prove in varie sedi (su base regionale), la mancata coincidenza dei tempi di inizio delle prove (a volte anche con un ritardo di ore) può rappresentare motivo di ricorso, dal momento che i candidati che hanno iniziato dopo potrebbero venire a conoscenza delle domande sottoposte in altre sedi.

Quali motivi di ricorso possono scaturire dall’irregolarità della graduatoria?

Anche la successiva fase di predisposizione della graduatoria finale può essere oggetto di ricorso. In questi casi si contesta soprattutto il mancato riconoscimento di un punteggio aggiuntivo per titoli posseduti dal candidato o per situazioni personali che danno diritto a tale punteggio.

Cosa fare per avviare un ricorso?

Le controversie in materia di concorsi pubblici sono di competenza della giustizia amministrativa. In prima istanza, quindi, il ricorso deve essere presentato al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) mentre come giurisdizione di appello ci si può rivolgere al Consiglio di Stato.

Ovviamente per poter presentare ricorso è necessaria l’assistenza di un avvocato; i costi non proprio economici dell’intera procedura, che può raggiungere anche diverse migliaia di euro, consigliano, laddove possibile, di proporre un ricorso collettivo per ripartire le spese da sostenere.

Se si raggiunge un numero considerevole di ricorrenti la cifra da sborsare può anche ridursi a poche centinaia di euro. In caso di persone con difficoltà economiche, e in presenza di determinati requisiti reddituali, ci si può avvalere del patrocinio a spese dello Stato.

Entro quanto tempo va presentato il ricorso?

Il tempo è uno dei fattori fondamentali. Trattandosi di azioni che mirano a far dichiarare l’annullamento di un atto, il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni decorrenti dalla notificazione, comunica­zione o piena conoscenza, Per gli atti di cui non sia richiesta la notifica­zione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione. Per i concorsi il termine decorre:

  1. dalla pubblicazione del bando, se è questo atto che si vuole impugnare
  2. dallo svolgimento della prova, se si vogliono denunciare irregolarità rilevate nel corso della stessa
  3. dalla pubblicazione della graduatoria, se oggetto dell’impugnativa è quest’ultimo atto

Termini così stretti richiedono un’attivazione immediata da parte del ricorrente, che deve consentire al proprio legale di esperire tutte le azioni necessarie. Non conviene attendere gli ultimi giorni per rivolgersi all’avvocato ma se si vuole impugnare l’atto è bene farlo nell’arco di pochi giorni. Il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, all’amministrazione che ha emesso l’atto impu­gnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso. Nel conteggio vanno inclusi tutti i giorni e non soltanto quelli lavorativi.

Quali sono le informazioni e i documenti necessari per il ricorso?

All’avvocato occorre fornire tutti gli elementi utili per poter istruire il ricorso. L’articolo 40 del codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010) prevede che esso debba contenere le seguenti informazioni:

  1. Gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto;
  2. L’indicazione dell’oggetto della domanda, ivi compreso l’atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza;
  3. L’esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso, l’indicazione dei mezzi di prova e dei provvedimenti chiesti al giudice;
  4. La sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale.

A chi presentare il ricorso?

Per le controversie relative a concorsi pubblici la competenza è del Tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede l’autorità che provvede all’espletamento del concorso stesso. Laddove il concorso sia bandito da un’amministrazione centrale dello Stato (ad esempio il Ministero dell’istruzione) il TAR competente è quello del Lazio. Tutte le decisioni prese dai TAR possono essere appellate nel giudizio di secondo grado al Consiglio di Stato, con sede a Roma.

Cosa prevede la fase cautelare del giudizio?

La fase cautelare dinanzi al TAR è volta ad evitare che gli effetti dell’atto ritenuto illegittimo possano causare un danno irreparabile per il ricorrente. In questo caso le parti depositano presso il Tribunale i più importanti atti di causa e chiedono un provvedimento dagli effetti provvisori, la “sospensiva”.

Si tratta di un’ordinanza del TAR, emanata in pochi giorni, con cui sono sospesi “temporaneamente” gli atti impugnati.

Con questo provvedimento si può partecipare, con riserva, al concorso, in attesa della decisione definitiva del giudice. Se questa è favorevole, il ricorrente procede con le successive prove concorsuali; se è contraria cessa la sua partecipazione al concorso, qualunque sia stato l’esito delle prove sostenute con riserva.

Cosa prevede la fase di merito del giudizio?

Con la fase di merito le parti depositano tutti gli atti e sono tratte conclusioni, anche in base all’accoglimento della fase cautelare. Al termine del procedimento il TAR emana una sentenza motivata con cui accoglie, se fondato, o respinge, se infondato, il ricorso. Le decisioni del TAR (sia la sospensiva, sia le sentenze di merito) possono essere impugnate con ricorso al Consiglio di Stato, da proporsi entro 60 giorni dalla notifica della sentenza.

Nel primo caso (ricorso fondato) il ricorrente, già ammesso a sostenere le prove “con riserva”, prosegue nelle varie fasi della procedura concorsuale e ha il diritto ad essere inserito nelle relative graduatorie che dovessero formarsi.

Nel secondo caso (ricorso infondato) è escluso dalla procedura concorsuale. Si tratta di effetti comunque “provvisori, dal momento che le decisioni del TAR (sia la sospensiva, sia le sentenze di merito) possono essere impugnate con ricorso al Consiglio di Stato, da proporsi entro 60 giorni dalla notifica della sentenza. Solo con il passaggio in giudicato della pronuncia di merito favorevole si stabilizza la situazione (Consiglio di Stato, sent. 15 giugno 2015, n. 2917).

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