valutazione docenti

DM n. 850/2015, la valutazione dei neo-assunti

La recentissima emanazione del DM 27 ottobre n. 850 sulla valutazione dei docenti neo-assunti lascia non poche perplessità.
Sul periodo di prova / formazione dei docenti neoassunti con contratto a tempo indeterminato la legge n. 107 dice tre semplicissime cose (art. 1, c. 117):

  1. la valutazione compete al dirigente scolastico;
  2. il dirigente valuta sulla base dell’istruttoria del docente delegato alla funzione di tutor;
  3. il dirigente valuta sentito il comitato per la valutazione.

Il successivo comma 118 prescrive l’emanazione di un decreto ministeriale che individui:

  • gli  obiettivi;
  • le modalità di valutazione del grado di raggiungimento degli stessi;
  • le attività formative;
  • i criteri per la valutazione del personale docente ed educativo

All’emanazione del decreto il Ministro ha provveduto il 27 ottobre, con la firma del DM n. 850: un testo dettagliato, di 12 ben pagine su 16 articoli (a fronte delle scarne disposizioni di legge).
La materia è sicuramente lievitata sotto la penna dell’estensore, che, per giunta, sembra averci messo qualcosa di suo.
Andiamo con ordine, soffermandoci anzitutto su due elementi del decreto che difficilmente si possono ricondurre alla legge:

  1. l’anno di formazione esteso ai docenti che ottengono il passaggio di ruolo;
  2. l’intervento degli ispettori nella valutazione dei neodocenti che ripetono l’anno di prova / formazione.

1) L’anno di formazione esteso ai docenti che ottengono il passaggio di ruolo
L’art. 2 del decreto elenca le categorie di personale docente tenuto al periodo di formazione e di prova: i docenti che si trovano al primo anno di servizio con incarico a tempo indeterminato; i docenti per i quali sia stata richiesta la proroga del periodo di formazione e prova o che non abbiano potuto completarlo negli anni precedenti; infine “i docenti per i quali sia stato disposto il passaggio di ruolo”.
Questa categoria di docenti non è menzionata nel testo della legge, né potrebbe esserlo: infatti, i docenti che ottengono il passaggio di ruolo non sono neodocenti in quanto sono già di ruolo. Nel passato, in casi analoghi, essi hanno sostenuto l’anno di prova ma non le procedure dell’anno di formazione. Lo dice l’art. 68 del CCNL ”Formazione in ingresso”, che esordisce “Per i docenti a tempo indeterminato di nuova assunzione l’anno di formazione trova realizzazione (…)”.
Il TU, art. 440, comma 6, afferma “Compiuto l’anno di formazione il personale docente consegue la conferma in ruolo (…)”: sappiamo invece che i docenti che ottengono il passaggio di ruolo sono già di ruolo!
Su questa linea si è mosso il Ministero nel passato. Una circolare fra le tante è la nota n. 196 del 3 febbraio 2006, la quale ribadisce che i docenti che “abbiano ottenuto il passaggio di ruolo o di cattedra di cui all’ art 10 commi 1 e 5 del CCNL 23 luglio 2003, non sono tenuti a frequentare l’anno di formazione”; e ancora chiarisce che “il periodo di prova va sempre effettuato quando vi sia stata l’assegnazione ad un ruolo diverso, mentre l’obbligo della formazione in ingresso è da configurarsi esclusivamente nei confronti dei docenti assunti in ruolo per la prima volta”.
 
2) Gli ispettori nella valutazione del servizio.
Le polemiche iniziali sulla legge della “buona scuola” puntavano il dito sui poteri del preside- sceriffo. Ora, giustamente, il ruolo dirigente è stato ricondotto alla dialettica del “rispetto delle competenze degli organi collegiali” (art. 1, comma 78 della legge n. 107).
Ma l’art. 14 del DM n. 850 introduce disposizioni che suscitano perplessità: anzitutto perché la legge n. 107 non fa menzione del ruolo degli ispettori nella valutazione dei neodocenti e, in secondo luogo, perché l’autonomia del capo d’istituto appare sminuita rispetto alla stessa funzione direttiva del 1974.
Dice infatti il DM che, nel caso di ripetizione dell’anno di formazione / prova a seguito di giudizio sfavorevole sul primo “è obbligatoriamente disposta una verifica, affidata ad un dirigente tecnico, per l’assunzione di ogni utile elemento di valutazione dell’idoneità del docente. La relazione rilasciata dal dirigente tecnico è parte integrante della documentazione che sarà esaminata in seconda istanza dal Comitato al termine del secondo periodo di prova.
E ancora afferma che “Nel caso del manifestarsi di gravi lacune di carattere culturale, metodologico-didattico e relazionale, il dirigente scolastico richiede prontamente apposita visita ispettiva”.
Nello stato giuridico del 1974, il direttore didattico /preside sentiva il parere del Comitato di valutazione al termine dell’anno di prova: e, nella sua responsabilità, emanava il motivato decreto di conferma in ruolo; oppure di rinvio dell’anno di prova; oppure di dispensa dal servizio.
Paradossalmente, in una legge che muove dal proposito di rafforzare il ruolo dirigente nella scuola:
– il docente valutato negativamente ha il diritto, ope legis, di ripetere l’anno di prova: non può quindi essere dispensato dal servizio neppure in presenza di evidenti incapacità o di gravi disturbi relazionali, ma occorre attendere che dia prova di sé per un secondo anno;
– durante l’anno successivo la verifica deve essere obbligatoriamente compiuta da un ispettore tecnico;
– nel caso in cui le stesse carenze si rivelassero anche nel secondo anno, presupposto necessario per il provvedimento di dispensa è la visita ispettiva.
Eppure, dice la legge “Il personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova è sottoposto a valutazione da parte del dirigente scolastico”.
C’è stato un evidente cambio di rotta, nel senso della messa sotto tutela i dirigenti scolastici. Ma, una domanda va posta, se cioè questa procedura sia coerente con il profilo giuridico della dirigenza scolastica delineato nel D. Lgs. n. 165 e ribadito nella stessa legge n. 107 (art. 1, comma 78). Oltrettuto bisogna anche chiedersi a quanto ammonta il superstite contingente assegnato a ciascuna delle Direzioni regionali…
Altre perplessità sono meno inquietanti, ma certamente sollevano interrogativi sull’eccesso di “creatività” (rispetto alla legge) in cui il decreto si è esercitato.
Due i punti di attenzione:
A) l’allargamento del concetto di “attività didattiche”;
B) l’eccesso di compiti a casa assegnati al neodocente
A) L’allargamento del concetto di “attività didattiche”.
Il comma 116 della legge recita: “Il superamento del periodo di formazione e di prova è subordinato allo svolgimento del servizio effettivamente prestato per almeno centottanta giorni, dei quali almeno centoventi per le attività didattiche”.
Ora, si sa che, a rigore, le attività didattiche sono le attività di insegnamento: in tutte le Regioni, esse hanno termine nella seconda settimana di giugno.
Il ritardo con cui sta partendo la Fase C delle immissioni in ruolo fa sorgere il dubbio che il periodo di prova non possa avere a disposizione i 180 giorni necessari e, all’interno di essi, il 120 giorni di attività didattiche. Ecco quindi che, nel loro novero, sono fatti rientrare sia i giorni effettivi di insegnamento sia i giorni impiegati “presso la sede di servizio per ogni altra attività preordinata al migliore svolgimento dell’azione didattica, ivi comprese quelle valutative, progettuali, formative e collegiali”: esami di Stato inclusi. E, almeno qui, è prevalso il buon senso.
B) l’eccesso di documentazione progettuale richiesta al neodocente.
Al neodocente è richiesto l’approntamento di una serie di adempimenti documentali, nel convincimento (forse) che la molteplicità delle relazioni richieste sia in relazione diretta con la bontà della formazione iniziale.
Leggiamo con ordine:
1) La programmazione annuale, di cui all’art. 4, comma 2,del DM.
2) Un primo “bilancio di competenze”, in forma di autovalutazione strutturata, alla luce delle prime attività didattiche svolte.
3) Il vero e proprio “bilancio di competenze”, predisposto entro il secondo mese dalla presa di servizio”, al fine di compiere “una analisi critica delle competenze possedute, di delineare i punti da potenziare e di elaborare un progetto di formazione in servizio coerente con la diagnosi compiuta”.
4) Un nuovo “bilancio di competenze” al termine del periodo di formazione e prova, con la supervisione del docente tutor: in esso registra “i progressi di professionalità, l’impatto delle azioni formative realizzate, gli sviluppi ulteriori da ipotizzare” (art. 5).
5) Il portfolio professionale (art. 11), in formato digitale, che dovrà contenere:
– uno spazio per la descrizione del proprio curriculum professionale;
– l’elaborazione di un bilancio di competenze, all’inizio del percorso formativo;
– la documentazione di fasi significative della progettazione didattica, delle attività didattiche svolte, delle azioni di verifica intraprese;
– la realizzazione di un bilancio conclusivo e la previsione di un piano di sviluppo professionale.
Tale portfolio, a fine anno, sarà consegnato preliminarmente al dirigente scolastico che lo trasmette al Comitato almeno cinque giorni prima della data fissata per il colloquio.
Nel frattempo, il neodocente dovrà seguire (art. 11) le attività formative organizzate in quattro fasi, per la durata complessiva di 50 ore (art. 6 sgg.):
− fase 1: incontri propedeutici e di restituzione finale (6 ore);
− fase 2: laboratori formativi (12 ore);
− fase 3: “peer to peer” e osservazione in classe da parte del tutor (12 ore);
− fase 4: formazione on-line (20 ore).
Ovviamente, oltre a queste attività di specifiche per l’anno di formazione, il neodocenti dovrà altresì seguire tutte le altre attività formative previste dal Piano annuale di aggiornamento deliberato dall’istituzione scolastica (legge n. 107/2015, art. 1, comma 124).
Una domanda viene spontanea: in quali tempi il neodocente si potrà occupare dei propri studenti, preparare le lezioni, individualizzare l’insegnamento, correggere i compiti?
I grandi assenti di questo decreto sembrano essere le persone: degli studenti, ma anche degli insegnanti.
Giuseppe Mariani