Mentre si svolgono le prove scritte di ammissione al TFA in sostegno in tutta Italia, anche noi di EdiSES continuiamo a esercitarci al vostro fianco proponendovi alcuni spunti di studio nella forma di traccia svolta. Oggi parliamo di Disturbo della Condotta, tra tratti più comuni, strategie e metodologie didattiche da usare in classe per trovare nel gruppo e nella relazione personale una risorsa affettiva e cognitiva utile a includere e a favorire il successo scolastico.
Gli argomenti dell'articolo
Disturbo della condotta: la traccia
Dopo aver descritto brevemente le caratteristiche del Disturbo della Condotta (DC), il candidato individui delle strategie e delle metodologie didattiche da usare in classe, mettendo in evidenza le abilità e le capacità che vanno a sviluppare.
Premessa: cos’è il Disturbo della Condotta
L’espressione “Disturbo della Condotta” si riferisce a una delle tre tipologie dei Disturbi del Comportamento – insieme all’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Desorder) e al Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) – e, nello specifico, a quei casi in cui lo studente manifesta con ripetitività e persistenza dei comportamenti aggressivi e provocatori che vanno contro i bisogni e i diritti degli altri e contro le regole sociali condivise.
Le cause determinanti sono individuabili in fattori biologici, ambientali, genetici e sociali e includono anche una bassa competenza emotiva.
Per descrivere questi studenti, infatti, si ricorre di frequente ad aggettivi come “insensibile” e “anaffettivo”, racchiudendo in queste parole i tratti di una persona che ha difficoltà a riconoscere la vasta gamma delle proprie e altrui emozioni, che appare dunque privo di interesse o totalmente indifferente nei confronti delle situazioni, delle persone e dei sentimenti, incapace di provare empatia e di attivare quella autoregolazione affettiva che tanta parte ha nelle relazioni, così come nell’apprendimento e nel successo scolastico.
Quali sono i comportamenti riconducibili al Disturbo della Condotta
A prevalere, in questi studenti, è un atteggiamento aggressivo e rabbioso, che, nei casi più estremi, può sfociare in una vera e propria violenza verbale e fisica e in comportamenti potenzialmente molto dannosi per loro stessi e per gli altri, come bugie, prepotenze, minacce, risse, furti, danni a proprietà altrui o della comunità, maltrattamenti ad animali o persone che possono arrivare anche a produrre lesioni più o meno gravi, violazione di regole familiari o della scuola.
Tuttavia, per arrivare a una diagnosi non affrettata, che possa davvero essere il presupposto per delle azioni efficaci, è indispensabile avere uno sguardo d’insieme non solo sui comportamenti e sulle loro caratteristiche “estreme” e gravi, che possono arrivare a connotarli come veri e propri reati, ma anche sulla loro frequenza, sull’età in cui si presentano (prevalentemente nel passaggio dalla primaria alla secondaria di primo grado e durante l’adolescenza), sulla storia personale e familiare, sull’ambiente sociale in cui lo studente è immerso, su eventuali altri disturbi che si manifestano in associazione a quello della condotta, quali la depressione o l’ansia, oppure una precedente diagnosi di Disturbo Oppositivo Provocatorio, che è tra i principali predittori.
Le azioni della scuola nella gestione del Disturbo della Condotta
Come scrive Davide Maria Cammisuli nel suo Contributi di didattica speciale. Competenze, strumenti operativi e linee guida metodologico-didattiche per il docente specializzato al sostegno (Anicia, 2016), si riscontra una “elevata frequenza di alunni o studenti che presentano deficit nella condotta, nonché difficoltà di contenimento di aggressività e rabbia unite al rifiuto di regole e autorità”.
La probabilità che un insegnante e un’istituzione scolastica si trovino a dover gestire uno o più casi di questo tipo è dunque alta. Saperli riconoscere il più precocemente possibile ed essere in grado di affrontarli appropriatamente rappresentano allora il presupposto principale per un’azione competente ed efficace che avrà una ricaduta positiva non solo sulla vita scolastica e personale dello studente, ma anche di tutta la classe.
Sebbene le azioni della scuola presentino delle differenze a seconda della gravità del disturbo o della sua associazione con delle patologie, le quali differenze comportano il ricorso a strumenti diversi e adeguati al caso, come il Piano Didattico Personalizzato (PDP) o il Piano Educativo Individualizzato (PEI) e il conseguente eventuale coinvolgimento di figure specialistiche, c’è un principio fondamentale al quale la dirigenza e i docenti possono e devono ispirarsi per la gestione del problema e per il bene di chi lo vive.
La parola che lo esprime è “inclusività”, all’interno della quale trova spazio un’ampia gamma di azioni finalizzate sia a prevenire il problema sia ad affrontarlo quando ormai si è manifestato: dalla organizzazione degli spazi, dei tempi e dei materiali, alla formazione di tutto il personale scolastico, non solo docente quindi, sulle caratteristiche dei Disturbi del Comportamento e sulle strategie educative e le metodologie didattiche più adeguate da mettere in campo; dallo stretto coinvolgimento della famiglia, alla diffusione di informazione in merito a questa tipologia di disturbi, in collaborazione con i Servizi del territorio, attraverso iniziative rivolte a tutta la comunità scolastica.
Strategie educative e metodologie didattiche per affrontare il Disturbo della Condotta
Per favorire un ambiente inclusivo nel quale lo studente con Disturbo della Condotta possa avere più possibilità di integrarsi e di superare i propri problemi, esistono diverse strategieeducative e metodologie didattiche che l’insegnante può applicare in classe, finalizzate alla creazione di un clima collaborativo e non competitivo, in cui tutti gli studenti possano sentirsi ascoltati, non giudicati e rispettati anche nelle loro diversità, in cui le regole per individuare comportamenti accettabili e non accettabili siano stabilite in maniera condivisa dopo la dovuta riflessione collettiva riguardo gli effetti positivi e le conseguenze negative che entrambi possono avere sulle singole persone e su tutta la comunità classe.
Partendo dalla consapevolezza che lo studente con Disturbi della Condotta è prevalentemente sintonizzato sulle frequenze della rabbia, una prima strategia educativa da utilizzare è quella di parlare con un tono di voce calmo e non aggressivo, anche di fronte a dei comportamenti provocatori, evitando contestualmente di far ricorso a minacce di punizioni o note che hanno già scarso o nullo effetto sugli altri studenti. Al contrario, si rivela molto efficace il ricorso al rinforzo positivo, attuato mettendo in luce la parte “bella” di un determinato comportamento e sottolineando i pregi personali che lo hanno reso possibile, uniti all’impegno messo in campo dallo studente stesso e dal gruppo classe che lo ha sostenuto.
Il tono della voce può essere di grande aiuto anche per andare incontro a un’altra delle caratteristiche tipiche dello studente con Disturbo della Condotta: modularlo in base allo sviluppo degli argomenti e al messaggio che si vuole veicolare, imprimendo enfasi e usandolo per trasmettere curiosità, sorpresa ed entusiasmo, è utilissimo per suscitare interesse in persone che manifestano una generale indifferenza verso ciò che avviene intorno a loro. Individuare i suoi interessi e spingere su questi è infatti un modo per “agganciare” lo studente e stimolare la sua attenzione e la sua partecipazione.
A tal fine, oltre a un ascolto attivo e un’osservazione continua da parte dell’insegnate, di grande aiuto si rivela anche il supporto dei compagni, che il docente può favorire attraverso il ricorso a metodologie didattiche che prevedono un lavoro condiviso, primo tra tutti il cooperative learning, in cui lo studente è stimolato a mettere in campo le proprie risorse a vantaggio di tutto il gruppo e a confrontarsi con gli altri offrendo supporto e ricevendone in cambio in nome di un obiettivo comune.
Altrettanto validi sono poi il peer tutoring, che, lavorando sul concetto di “cura” dell’altro e di legame reciproco, può avere importanti effetti positivi sulle abilità relazionali dello studente con Disturbo di Condotta e, di conseguenza, sui suoi apprendimenti, così come il role playing, che gli dà l’opportunità sia di sperimentarsi in situazioni particolari o insolite sia di cambiare la propria prospettiva immedesimandosi in un personaggio molto diverso da se stesso e di riflettere così sui propri comportamenti e su come questi vengono percepiti dagli altri, nonché su come adattarli a diverse circostanze.
Una didattica che si avvale di tutte queste metodologie comporta innanzitutto l’attivazione di abilità e competenze sociali, poiché, grazie al lavoro cooperativo, dà ampio spazio alle dinamiche affettive e relazionali e stimola la capacità di osservazione e di ascoltoindispensabile per lavorare insieme ad altri, ma anche abilità e competenze emotive, dal momento che stare e lavorare in gruppo, così come avere l’opportunità di immedesimarsi in qualcuno di diverso da se stessi, comporta una continua riflessione su ciò che si prova e su ciò che provano gli altri, in un reciproco scambio da mantenere nel dovuto equilibrio.
Una didattica di questo tipo, infine, ma non come ultimo aspetto, è anche uno strumento per sviluppare le abilità metacognitive e quindi di apprendimento, poiché spinge a individuare, riconoscere e apprezzare i propri punti di forza trovando strategie consapevoli per metterli a disposizione degli altri e del gruppo, a potenziare, senza vergognarsi, quelli di debolezza, a porsi problemi e a individuare soluzioni (problem solving) riflettendo anche sul modo in cui si è arrivati a definirle, a indagare le modalità in cui si apprende e apprendono gli altri.
È una didattica che offre quindi l’opportunità di sentirsi parte consapevole sia sul piano emotivo sia quello cognitivo di un qualcosa di più grande – la coppia, il gruppo, la comunità classe – la quale può esistere anche in virtù di regole condivise e del rispetto reciproco.
E trovare nella classe, nel gruppo, un ambiente piacevole che offre supporto e attenzione, al quale dunque volersiadattare, è senz’altro una motivazione molto forte, per lo studente con Disturbo di Condotta, a trovare un modo utile a sviluppare la propria abilità di autoregolazione affettiva, cognitiva e comportamentale, quella abilità cioè che consente di attuare un controllo su ciò che si pensa e si fa, anche in relazione a ciò che si prova e che provano gli altri. Una abilità che è tutta da sviluppare in chi presenta questo disturbo e che una volta acquisita può segnare la svolta per un miglioramento globale della vita, non solo scolastica.
Lo sviluppo della competenza emotiva come strumento di inclusione
Volendo leggere in profondità nell’analisi condotta fin qui, c’è un filo rosso che si distingue e traccia la direzione da seguire.
Quel filo è rappresentato dalla competenza emotiva, una competenza che la scuola deve sviluppare sempre e trasversalmente ai saperi e alle abilità che intende insegnare, la tela sulla quale dipingere il percorso scolastico di ogni studente, poiché senza conoscere le proprie emozioni e i propri sentimenti, è difficilissimo gestirle, riconoscerle negli altri, provare empatia e rispetto, entrare in relazione e costruire gruppi o più ampie comunità.
E questo vale non solo per chi ha un disturbo o una patologia, ma per ogni individuo impegnato nello sviluppo della propria identità, in tutti i contesti, tra cui quello scolastico rappresenta senz’altro uno dei più importanti nella vita delle persone.
Tracce svolte per la prova scritta
Le tracce si basano sulle principali tematiche dell’integrazione scolastica, così come previsto dai programmi d’esame.
Gli elaborati contengono spunti e suggerimenti sulla normativa riguardante gli alunni diversamente abili, con indicazioni operative sui percorsi di integrazione/inclusione, sui vari aspetti della metodologia didattica orientata all’inclusione, sulla metacognizione, ipotizzando i possibili interventi volti a migliorare la capacità di autoregolazione degli alunni con difficoltà.
Molta attenzione viene dedicata alle buone prassi che una scuola, in una visione di collegialità, deve mettere in atto se intende favorire realmente il processo di integrazione di tutti gli alunni, all’apprendimento cooperativo, con molteplici esempi di modalità di interazione tra gli allievi, ai laboratori, con numerose tipologie di attività e di percorsi atti a conferire la flessibilità di cui necessita un ambiente educativo di apprendimento pensato per tutti.
Dove approfondire
Se hai trovato utile questo esempio di svolgimento e ti interessa leggerne ancora su altri argomenti afferenti al programma per l’ammissione al TFA, consulta la pagina dedicata alle Tracce svolte.
Per approfondire il tema dell’inclusione, ti consigliamo di leggere gli altri articoli scritti dai nostri specialisti e dalla nostra redazione raccolti nella categoria: didattica inclusiva.
Se invece sei interessato ai temi dell’educazione emotiva e di quanto questa possa essere un valido aiuto anche per favorire l’inclusione, dei legami tra emozioni e apprendimento, tra emozione e motivazione,degli effetti delle nuove tecnologie sullo sviluppo dei bambini, puoi trovare molte riflessioni utili sul nostro blog Occhicielo.
Lì potrai scoprire anche i nostri libri per ragazzi, tra cui il Coniglio dispettoso potrebbe tornarti utile per un’attività di classe nella scuola primaria dedicata alla riflessione sull’empatia e sul Disturbo della Condotta che abbiamo approfondito in questo articolo.