L’autostima è il risultato prodotto dal confronto tra i successi che l’individuo ottiene realmente e le aspettative in merito ad essi.
È con questa citazione di William James, psicologo e filosofo statunitense di origine irlandese, padre insieme a Charles Sanders Peirce del pragmatismo americano, che vogliamo aprire questo nostro primo articolo per A scuola di emozioni.
Gli argomenti dell'articolo
L’autostima si costruisce nella interazione con gli altri
L’abbiamo scelta perché le parole di James descrivono molto bene un aspetto che anche secondo noi è centrale quando si parla di autostima, e cioè la valutazione personale dei nostri risultati.
Quello a cui non fanno riferimento, e che invece è un altro elemento essenziale della considerazione che abbiamo di noi stessi, è la valutazione che facciamo dei risultati ottenuti non solo in relazione alle nostre aspettative, ma anche rispetto ai risultati conseguiti dagli altri e alla loro valutazione.
Sì, perché il “prodotto autostima” è anche il risultato delle interazioni con gli altri. Potremmo dire che si costruisce, durante tutto il corso della vita, come una valutazione riflessa di ciò che le altre persone pensano di noi, non solo quindi, ed esclusivamente, su fattori interiori individuali, ma anche attraverso i confronti che ciascuno di noi fa, consapevolmente o no, con l’ambiente in cui vive.
A costituire il processo di formazione dell’autostima vi sono due componenti: il sé reale (come sono) e il sé ideale (come vorrei essere). Ciò aiuta ad avere una tensione progettuale verso se stessi, a porsi obiettivi di crescita, evoluzione e maturazione.
Dove nasce l’autostima? Nello sguardo di mamma e papà
E qual è il primo ambiente in cui si trova un individuo?
Il primo, in assoluto, è la mamma. E non solo quando il bambino è nel suo grembo, perché, anche subito dopo la nascita, la mamma è l’ambiente vitale che consente al piccolo di introdursi nel mondo esterno con sicurezza, in modo morbido e graduale.
Per questo motivo diciamo spesso che gli sguardi materni devono essere sguardi d’amore, in cui il neonato possa trovare l’unificazione del sé, inizialmente percepito come insieme disgregato di parti, e la prima percezione dell’accoglienza e dell’accettazione totale di quel sé. Ecco il primo mattoncino fondamentale per la costruzione della considerazione che abbiamo di noi stessi.
Durante l’infanzia, difatti, le basi dell’autostima si cementificano sull’immagine rimandata dagli altri, in primo luogo dai genitori, perché – ed è bene che non lo dimentichiamo – i bambini, fino ai 10 anni circa, hanno un’autostima decentrata, posta al di fuori di sé. È per questo che abbiamo scelto il termine “cementificano”, perché con la sua forza figurativa esprime bene quello che accade nella realtà: identità che si costruiscono nello sguardo di mamma e papà.
Come si costruisce l’autostima? Con l’amore e senza giudizi totalizzanti
Capiamo bene che una identità in sviluppo e una autostima da costruire sono una materia delicata. È per questo che le mani degli adulti in cui è posta devono essere consapevoli e caute. Le mani dei genitori in primis, ma anche di educatori e insegnanti poi.
Come favorire dunque la costruzione di questa fondamentale autostima in un bambino, e con la dovuta cura?
Dal momento che la valutazione degli altri, innanzitutto di noi adulti, è fondamentale, il primo passo è far sentire ai nostri piccoli non solo che li amiamo profondamente, ma anche che ci piacciono esattamente come sono, sia che si tratti di bambini gioiosi e allegri, che un po’ tutti vorremmo, sia che si tratti di bambini più taciturni e timidi. Questa è davvero una base sicura da cui partire!
Ma cosa significa tutto ciò nella pratica quotidiana vissuta fianco a fianco con i nostri piccoli?
Premesso che non si tratta di un compito facile, non dobbiamo mai perdere di vista il fatto che, a dispetto della difficoltà, possiamo fare davvero tanto per la formazione dell’autostima nei nostri bambini, anche grazie a una serie di comportamenti semplici da attuare.
Uno di questi è cercare di circoscrivere lodi e rimproveri alle singole azioni dei nostri piccoli, in modo che non sentano gravare su di sé un giudizio totalizzante e perciò fortemente inibente: “Che bel disegno che hai fatto oggi!” è preferibile a “Sei bravissimo a disegnare!”, così come, “Hai fatto un brutto gesto!” è decisamente meglio del classico “Sei un monello!”
Un altro è –come abbiamo già sottolineato su questo stesso blog – l’esempio concreto che noi genitori possiamo dare: mostrare impegno, confrontarsi col nostro partner in merito a quello che facciamo, evidenziando successi e insuccessi personali ed eventuali strategie per migliorare o rimediare a piccoli fallimenti sono un insegnamento prezioso per i bambini, perché, in questo modo, i piccoli hanno l’opportunità di legare la possibilità di riuscire non solo a capacità già acquisite, ma anche a capacità che possono essere apprese. I bambini hanno bisogno di verificare che le competenze si sviluppano in un percorso di apprendimento e non sono un pacchetto chiuso che una persona ha o non ha. Ciò dona loro molta fiducia anche nelle proprie possibilità.
Come si alimenta l’autostima? Di modelli e non di avversari
Altrettanto importante è mostrare ai nostri figli dei modelli a cui riferirsi, perché provare ammirazione per persone a cui riconosciamo doti e abilità è uno sprone potente per sviluppare le nostre attitudini. Pertanto è un gran bene indicare ai nostri bambini quali sono i modelli a cui ci ispiriamo, facendo sentir loro che è positivo e stimolante avere figure di riferimento a cui aspirare.
Essere una dimostrazione vivente del fatto che è bello sapere che ci sono persone “più brave di noi” in determinati ambiti è il modo più efficace per insegnare ai bambini il valore positivo del confronto, senza correre il rischio di farli sentire sviliti o affannati nel tentativo di raggiungere mete impossibili. Un rischio molto concreto nei casi in cui il confronto, inteso però solo come spinta costante alla competizione, fosse l’unico metodo adoperato per incentivare i bambini a fare meglio o – peggio – a fare ciò che noi riteniamo sia il meglio.
Il processo che deve compiere il bambino, infatti, è spostare il focus dell’autostima dall’esterno all’interno di sé e, in questo delicato passaggio, un continuo paragone con bambini di volta in volta più bravi, più veloci, più ordinati, più obbedienti, più… indebolisce invece di fortificare la considerazione di sé, anzi, la mina profondamente, sostituendola con un senso costante di inadeguatezza.
Per evitare di cadere in questo errore e di attribuire al confronto solo il suo valore negativo, seppur in buona fede, possiamo, anche in questo caso, attuare alcuni comportamenti.
La prima cosa che possiamo fare è evitare i paragoni, con i fratelli prima di tutto, ma anche con gli amici: non sono mai uno stimolo, perché i bambini hanno bisogno di essere apprezzati per quello che sono, non perché sono uguali a qualcun altro.
Un altro accorgimento che possiamo usare è sottolineare i punti di forza, ma anche i punti deboli, mostrando come possono essere migliorati. Per esempio, se un bambino che gioca a calcio è abilissimo a parare, ma non sa calciare, possiamo, oltre a complimentarci per le sue parate, suggerirgli di fare dieci tiri al giorno per affinare l’aspetto in cui è meno abile. In questo modo gli forniamo degli strumenti concreti, che può utilizzare autonomamente, in grado di incrementare la sua autostima, di cui proprio l’autonomia è uno dei pilastri portanti.
Quando il nostro bambino torna da scuola e ci comunica un voto, evitiamo di chiedere quanto hanno preso gli altri. Chiediamo piuttosto a lui se è soddisfatto del risultato conseguito e del lavoro svolto durante la preparazione del compito. È un modo questo per incentivare la sua capacità critica, un altro mattoncino essenziale nella costruzione dell’autostima.
Altrettanto produttivo per trasmettere ai nostri bambini il valore positivo del confronto è invitarli a chiedere e a dare aiuto, perché così facendo mostriamo loro un aspetto essenziale della nostra umanità e cioè che siamo tutti diversi e ugualmente apprezzabili e validi: soltanto attraverso l’esperienza diretta, un bambino capisce che ognuno di noi ha delle proprie, uniche, competenze che possono diventare risorse da condividere per il vantaggio di tutti. Abilità diverse, ma senza giudizio di valore!
Il fondamento dell’autostima: l’amore
Tanti piccoli essenziali mattoncini per costruire un edificio importante: la considerazione di sé che accompagnerà i nostri bambini per tutta la loro vita. È un compito difficile quello che spetta a noi mamme, papà, nonni e nonne, zii e zie, educatori, insegnanti, allenatori, a tutti noi adulti insomma! Facile che possiamo commettere degli errori, non siamo certo perfetti. Ma non è la perfezione che deve ispirarci quando educhiamo dei piccoli. A muoverci, a sostenerci deve esserci l’amore: la radice, il vero fondamento di ogni relazione, prima fra tutte quella che ci lega indissolubilmente ai nostri figli.