Il prossimo Concorso Scuola è ormai imminente. Dopo l’entrata in vigore della riforma sulle classi di concorso è caduto anche l’ultimo ostacolo burocratico che si frapponeva alla pubblicazione del bando di concorso, atteso ormai a giorni. Resta ancora qualche incertezza sui programmi di studio, benché dalle anticipazioni fornite nel comunicato stampa dello scorso 18 febbraio, sembrerebbe stata accolta la richiesta dei candidati di essere valutati su abilità didattiche e competenze metodologiche piuttosto che sul nozionismo.
Ebbene, nell’ambito delle abilità che un buon docente dovrebbe possedere per svolgere con efficacia il proprio lavoro, vi è senz’altro la capacità di comunicare con i suoi studenti, di stabilire cioè quel giusto mix di fiducia, interesse, rispetto in grado di favorire l’apprendimento.
L’illusione pedagogica secondo cui lo studente apprende solo perché qualcuno gli insegna, cioè gli trasmette informazioni, è un principio di onnipotenza didattica privo di qualsiasi fondamento scientifico e che ha ormai lasciato il posto a nuovi modelli didattici finalizzati ad accrescere il coinvolgimento degli studenti.
Ma quante volte noi docenti ci siamo interrogati sull’efficacia della nostra azione didattica in una classe?
A volte, ci accorgiamo che due classi, costituite da studenti con le stesse potenzialità, ottengono risultati di profitto diversi. In altri casi, ci accorgiamo che in una classe si riesce a gestire la lezione con ordine e partecipazione, mentre in un’altra si fa fatica a mantenere il benché minimo livello di interesse e attenzione. Infine, non di rado, ci si chiede come mai, una classe che l’anno precedente, con un docente, aveva ottenuto buoni risultati di profitto, con un docente nuovo della stessa disciplina ottenga risultati inadeguati.
La risposta è nella giusta alchimia che riesce ad innescare, in modo ottimale, il processo di insegnamento-apprendimento nel contesto classe. Mentre il primo (l’insegnamento) si può ritenere certo (fatta eccezione per casi patologici), il secondo (l’apprendimento) è solo probabile. Questo processo probabilistico è governato da numerose variabili, come tutte le dinamiche relazionali.
Canali comunicativi e strategie didattiche del docente
Il docente spesso si adopera per individuare quei canali comunicativi e quelle strategie didattiche in grado di veicolare al meglio i contenuti che intende presentare. A tale proposito, le nuove tecnologie, che al testo affiancano la potenza delle simulazioni interattive e dei filmati, risultano uno strumento appropriato.
Tuttavia, come statuisce il secondo assioma codificato da Paul Watzlawick, la comunicazione avviene su due piani distinti: il contenuto e la relazione. Pertanto, se occorre prestare attenzione ai contenuti di una comunicazione, lo stesso livello di accortezza merita la modalità con la quale i contenuti vengono trasmessi.
Su questo secondo piano, si gioca la relazione che il docente riesce ad instaurare con gli alunni. Se tale relazione è positiva, allora si pongono le basi per un clima sereno in classe, con il quale favorire l’apprendimento. Per spiegare meglio questo concetto, torniamo su un altro aspetto che spesso capita di rilevare nelle dinamiche relazionali di tipo scolastico.
Talvolta un docente giudica se stesso come un buon comunicatore, con discrete capacità empatiche, che lo rendono attento ai segnali comunicativi che giungono dalla classe. In altri casi, il docente è addirittura convinto di essere simpatico ai suoi alunni. Tuttavia, non di rado, ascoltando gli alunni si scopre che i giudizi differiscono in modo sensibile. Ci si sentirà dire che il docente non capisce gli alunni, spiega in modo frettoloso e incomprensibile e non è attento alle loro esigenze. Nei casi peggiori, gli alunni possono mostrare addirittura astio e antipatia.
Da queste discrasie nascono spesso gli interrogativi professionali dell’insegnante, che, incredulo, talvolta, si chiede come mai i risultati non pervengano, sebbene egli abbia fatto tutti gli sforzi possibili e immaginabili. È chiaro che va investigato in modo approfondito il piano della relazione. Per questo esistono diversi strumenti, che aiutano l’insegnante a chiarire le proprie caratteristiche comunicative.
Competenze comunicative: il questionario di Robert Norton
Uno strumento molto diffuso è il questionario di Robert Norton, la cui prima versione risale al 1978, ma che ha subito diversi aggiornamenti nel tempo.
Secondo Norton sono 10 le variabili che caratterizzano le competenze comunicative di un individuo: dominante, drammatico, animato, aperto, preciso, polemico, rilassato, cordiale, attento, d’effetto. A queste variabili, si aggiunge l’immagine del comunicatore, ossia un giudizio che il comunicatore dà delle proprie competenze comunicative.
Mediante un apposito questionario, è possibile valutare quanto ciascuna di queste 10 variabili sia caratteristica delle nostre competenze comunicative e quanto noi riteniamo buona la nostra immagine di comunicatore. Dalla sola compilazione del questionario e dall’analisi del risultato, il docente può formulare considerazioni importanti sul suo modo di porsi nei confronti degli studenti. Alcuni interrogativi potrebbero essere:
- Quanto emerge dal questionario (in relazione alle 10 variabili) corrisponde alla descrizione che do di me stesso?
- Mi ritengo o non mi ritengo un buon comunicatore? Che tipo di immagine del comunicatore risulta, a tale proposito, dal questionario?
Tuttavia, la parte più interessante emerge se si prosegue l’indagine. Si pensi alla possibilità di somministrare, in modo anonimo, il questionario agli studenti, chiedendo loro di rispondere alle domande, riferendosi al loro insegnante. A questo punto, viene spontaneo chiedersi quanto segue:
- La descrizione, in termini di variabili, che gli studenti danno del proprio docente corrisponde a quella che il docente ha dato di se stesso?
- Gli studenti considerano il docente come un buon comunicatore? Questo giudizio collima con quello del docente?
Il terzo passaggio dell’indagine sta nel chiedere agli studenti di rispondere al questionario, pensando al loro docente ideale. Non necessariamente questo docente deve esistere, tuttavia gli studenti devono pensare al modello di docente che ritengono possa favorire al meglio la loro attenzione e la loro motivazione. Si ottiene quindi il profilo del docente ideale e ci si può chiedere quanto questo profilo corrisponda a quello del loro docente reale.
L’indagine sullo stile comunicativo di Norton, se svolta con giudizio e competenza, può fornire indicazioni interessanti ai docenti, su come instaurare dinamiche relazionali migliori, nelle classi che ritengono più problematiche. Questo può portare due benefici immediati:
- Una gestione della classe meno problematica ed un conseguente miglioramento del comportamento (la condotta) degli studenti;
- La possibilità di svolgere attività in un contesto produttivo e sereno, che migliori i risultati di apprendimento degli alunni.
Per approfondire:
Avvertenze Generali nel concorso a Cattedra
Finalizzato ad una preparazione completa sulle competenze psico-pedagogiche e didattiche e sulla conoscenza del sistema scolastico così come previsto dalle Avvertenze Generali che costituiscono parte integrante dei programmi d’esame
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