Bambini: il bello e il buono della noia

– Non vedo l’ora di finire tutto quello che devo fare, e star senza far niente almeno per un po’!

Chi di noi non ha mai pronunciato questa frase o non l’ha almeno pensata, stretto tra una sensazione di fatica che lo avvolge come un bozzolo e un desiderio di rimanere in quel bozzolo senza interferenze, incombenze e impegni esterni?

E questo desiderio di “non aver nulla da dover fare”, noi adulti abbiamo il bisogno di realizzarlo. Seppur abituati a cullarlo per giorni, sappiamo che ci sarà un momento in cui diventerà realtà.

Per i bambini, invece, è diverso: loro hanno il diritto di poterlo realizzare ogni giorno, senza neanche doverlo desiderare! Sì, perché avere la possibilità di non far niente è – lo ripetiamo – un diritto dell’infanzia, importantissimo e troppo spesso bistrattato in quanto frainteso con l’accidia, la pigrizia, l’ozio, letti esclusivamente nella loro accezione negativa.

Otium e negotium, compagni indivisibili

Senza scomodare oratori, filosofi e poeti, dovremmo recuperare un significato arcaico e autentico di otium, come tempo per la cura e la conoscenza di sé e della propria saggezza, tempo capace di tracciare la via da seguire per la serenità.

Dovrebbe essere sufficiente questo concetto per rivoluzionare la tendenza nella quale siamo attualmente immersi di inondare l’infanzia di impegni, attività, corsi, esperienze, e lasciare che questo tempo tanto prezioso della nostra vita scorra con equilibrio tra otium e negotium, due compagni diversi ma complementari, e altrettanto importanti.

Nel nostro ruolo di adulti, abbiamo il dovere di proteggere i bambini da un sovraccarico di impegni e da un eccesso di stimoli, perché, se noi grandi ci ritroviamo a sognare di avere un po’ di tempo vuoto per noi stessi, i bambini hanno il diritto di quello stesso tempo vuoto per sognare.

È per questo che, immaginando di sistemare l’ozio e le attività sui due piatti di una bilancia, dovremmo cercare di farla pendere sempre un po’ verso quel non fare e quei tempi vuoti che rendono il primo una dimensione tanto fondamentale nella crescita dei nostri bambini.

Perché, se è giusto preoccuparsi di stimolarli, presentare loro esperienze diverse e proporre svariate attività, lo è altrettanto fermarci e provare a sostituire il pensiero di “far fare qualcosa” con l’idea di lasciare che siano loro a fare. O anche a non fare!

Ozio: fare meno, per fare meglio

Ecco, noi siamo convinte che la rivoluzione dovrebbe risiedere nell’abbandono della paura di perdere tempo e nel recupero, da un lato, della lentezza di cui l’infanzia ha un gran bisogno e, dall’altro, del valore formativo ed esistenziale della noia.

È un cambiamento che richiede di fare meno e per questo potrebbe sembrare in apparenza più semplice rispetto ad altro, ma non è così. Il timore di stimolare troppo poco i bambini, di non solleticare a sufficienza la loro curiosità e di non consentire la massima espressione del loro immenso potenziale sono l’ombra che rende difficoltoso per noi recuperare questo tempo in cui non si fa e non si propone e, ancora più difficile, rimanerci dentro.

Dovremmo però soffermarci un attimo su un aspetto essenziale, e cioè che quando un bambino non fa, o ci sembra che non faccia niente, in realtà qualcosa la sta facendo eccome! Ed è importantissima: sta imparando, riflettendo, ripensando, sta lasciando sedimentare i mille stimoli che lo hanno attraversato, sta dando un senso a quello che ha vissuto poco prima. Insomma, sta crescendo e sta imparando ad ascoltare se stesso per conoscersi. È faccenda ben diversa, vista in questa prospettiva, dal non fare niente secondo un parametro adulto.

Il bello di imparare al momento giusto

La paura di perdere tempo, però, si insinua nella testa di quasi tutti noi genitori e, passando dalla testa alla pancia in un attimo, ci porta a leggere, nelle capacità dei nostri bambini, nella straordinaria plasticità di quel cervello in crescita e nella quantità pressoché infinita delle cose complesse che, grazie a questa, possono acquisire, un continuo stimolo per noi a creare occasioni in cui possano imparare prima e con meno fatica, anticipare, fare esperienza, prepararsi a fare, fare, fare, fare…

Alt, fermiamoci!

Per aiutare i nostri bambini a imparare “meglio”, servono tempo, pazienza, adeguatezza. Serve costruire una base solida e sicura su cui, piano piano, i piccoli potranno radicare e formare nuove competenze pratiche, cognitive e – cosa fondamentale, troppo spesso dimenticata – competenze emotive.

Essere in grado di fare qualcosa a livello tecnico/pratico, non significa dover essere obbligati a farla, né significa che debba essere fatta in un preciso momento o mai più.

Pensiamo a un esempio che si adatti bene alla nostra realtà di adulti. Tutti noi siamo potenzialmente capaci di salire su un palco di fronte a migliaia di persone per tenere un discorso in merito a un argomento che più o meno conosciamo. Quanti di noi, però, lo farebbero senza problemi? Quanti, molto più numerosi, sarebbero colti da una sensazione paralizzante alla sola idea di parlare di fronte a un pubblico?

E noi siamo grandi e maturi, e per questo abbiamo la capacità di prepararci, di valutare razionalmente che la cosa peggiore che possa accaderci è di non essere fluidi nell’esposizione o di suscitare reazioni di disaccordo tra la platea. Eppure questa è un’esperienza che non tutti saremmo in grado di fare o di fare con tranquillità.

Ora, trasliamo questa situazione nella realtà di un bambino. Pensiamo a una festa con giochi organizzati e attività da svolgere davanti a tutti, attività che possono piacere anche poco e non essere in linea con il gusto o le capacità di tutti i partecipanti: perché dovrebbe essere molto diversa a livello emotivo per un piccolo?

L’importanza della lentezza

Allora proviamo ad applicare l’accortezza che ogni tanto riserviamo a noi adulti anche ai bambini. La sicurezza emotiva è importante quanto – se non di più – le capacità tecniche e le competenze pratiche, e ha bisogno di un’infanzia dal ritmo lento per formarsi.

Solo scoprendo un po’ per volta il mondo che li circonda e avendo l’opportunità di soffermarsi sulle nuove conoscenze, i bambini possono imparare a imparare, acquisire sicurezza e capire cosa amano o non amano fare.  Ma questo può avvenire solo se riusciamo a garantir loro lentezza, gradualità e adeguatezza nella scoperta e nell’esperienza che fanno di ciò che li circonda, rispettando il momento giusto per loro. Perché, prima di conoscere il fuori, i bambini devono poter ascoltare ed entrare in contatto con quello che hanno dentro.

Il tempo per la noia, tra immaginazione e conoscenza di sé

Prima e tanto non significano meglio, anzi, molto spesso rischiano di diventare sinonimi di confusione e inadeguatezza. Per tutti questi motivi, è bene che, oltre a stimoli adeguati, i bambini possano ricevere un grande e prezioso regalo: del tempo vuoto, del tempo per annoiarsi.

E se i bambini non sanno annoiarsi e sostare nella noia è perché non la conoscono abbastanza, avendo sempre qualcosa da fare decisa e proposta da altri, avendo sempre qualcuno che dice loro cosa fare e come farla, qualcuno a disposizione.

Cosa e quanto stiamo facendo perdere ai nostri piccoli!

La noia consente ai bambini di sviluppare l’immaginazione, la fantasia, di trovare dentro di sé le risorse per uscire da una condizione percepita come sgradita e raggiungere uno stato di benessere. Sperimentarla aiuta a sviluppare la capacità di affrontare e risolvere problemi.

Eppure, considerarla solo come un’esperienza utile per far emergere talenti nascosti o doti celate è, anche questo, riduttivo, perché la noia ha un enorme valore di per sé, come esperienza per conoscersi, stare bene con se stessi, ascoltarsi e capire come vogliamo essere e cosa vogliamo fare.

Uno sbadiglio annoiato è un ampio respiro per i pensieri.

Il diritto a un tempo non strutturato

Lasciamo quindi ai bambini il tempo per annoiarsi, evitiamo di riempire ogni attimo delle loro giornate con attività strutturate e guidate da terzi, dai pomeriggi dopo la scuola colmi di corsi e laboratori, alle feste con animatori che dicono a cosa giocare e come farlo. Queste esperienze vanno bene, certo, ma è necessario che non siano le uniche a scandire le giornate e le occasioni speciali dei nostri piccoli.

Altrettanto importante è concedere loro, nella quotidianità, dei momenti non organizzati, in cui non abbiano niente da fare. E quando, in questi momenti, capiterà – perché capiterà di sicuro – che nostro figlio o nostra figlia ci dirà – Che noia! – sarà proprio allora che, per quanto difficile, dovremo provare a non proporgli subito una serie di possibili attività.

Potremmo invece invitarlo a pensare a ciò che gli piacerebbe fare, a guardarsi attorno per vedere, da solo, se qualcosa attira la sua attenzione. Così, solo dopo che ci avrà provato e solo se non ci sarà riuscito, potremo proporgli di pensare a qualcosa insieme. Naturalmente non verrà subito naturale, né per noi né per lui, ma è importante che cerchiamo di farlo con costanza, fino a quando ce ne sarà bisogno, fino a quando l’esperienza del tempo vuoto, dell’ozio e della noia non diventeranno una parte essenziale della nostra quotidianità.

Quella sospensione del tempo in cui il bambino non ha la soluzione pronta e proposta da terzi, lo metterà nella condizione di ascoltarsi, di affinare l’attenzione e di scegliere cosa fare o non fare. lo farà diventare giorno dopo giorno più autonomo e sicuro.

Insomma, ogni tanto noi genitori dovremmo provare a fare un po’ meno e a lasciare che la noia faccia al posto nostro!

La forza dell’autonomia

Una cosa che non dobbiamo mai dimenticare è che più un bambino è piccolo, più trova fuori di sé la propria autostima e la propria sicurezza, racchiuse negli sguardi di mamma e papà. È per questo che risulta tanto importante se in quegli sguardi riusciremo a far leggere ai nostri piccoli la fiducia, la rassicurazione quando sono alle prese con un compito nuovo, il supporto.

Così, se sono in difficoltà, tratteniamoci dall’intervenire immediatamente e, piuttosto, offriamo suggerimenti perché riescano da soli. Cerchiamo cioè di essere un sostegno e proviamo a non sostituirci completamente a loro. Perché, scoprire di saper fare e di essere capaci è ciò che fortifica maggiormente l’autostima e l’autonomia, e insegna col tempo a stare bene anche da soli, forti della certezza di avere le risorse necessarie per vivere anche un po’ di solitudine e in solitudine.

Qualche consiglio per riscoprire la noia

Come abbiamo detto poco più su, recuperare il tempo della noia non è facile, così come non lo è rimanerci dentro. Non lo è per i nostri bambini, non lo è innanzitutto per noi. Allora abbiamo pensato di proporvi qui su Occhicielo qualche consiglio tra quelli che, nella nostra esperienza, sono i più efficaci e i più semplici da mettere in pratica.

  • Presentiamo ai bambini il mondo poco alla volta. Nei primi mesi di vita, gli stimoli migliori sono le cure e le attenzioni dei genitori, che trasmettono ai piccoli una necessaria sensazione di sicurezza, base certa da cui partire per potersi aprire e interessare al mondo con serenità e curiosità.
  • Riduciamo il rumore di sottofondo. Spegniamo la televisione, la radio, lo smartphone e lasciamo che i bambini possano ascoltare anche il silenzio e tutti i rumori che racchiude al suo interno.
  • Proponiamo meno giochi. Lasciamo ai bambini a portata di mano pochi giocattoli e che siano semplici. Troppi giochi elettronici o molto elaborati generano una stimolazione esterna che lascia poco spazio alla scoperta, alla concentrazione e all’attenzione.
  • Diamo ai bambini il tempo per interiorizzare le scoperte ed elaborare le esperienze. Permettiamo loro di essere ripetitivi, perché ciò consente di padroneggiare con sicurezza le conoscenze appena acquisite: ripetiamo con loro lo stesso gioco, rileggiamo lo stesso libro, dialoghiamo sullo stesso argomento.

Sostare in un tempo vuoto. Stare bene in quel tempo. Rimanerci al bisogno e sapere come uscirne. Questo è un diritto per i bambini.

Fare meno. Questo è un impegno per noi genitori!