Ora che le prove preselettive del TFA VIII ciclo sono ufficialmente concluse, ecco un nuovo esempio di traccia ufficiale svolta che noi della redazione Edises abbiamo elaborato per aiutarvi nella preparazione all’imminente prova scritta.
Oggi, abbiamo scelto la traccia estratta dall’università di Catania per la secondaria di primo grado, dedicata a un concetto molto interessante: l’autodeterminazione.
Gli argomenti dell'articolo
Autodeterminazione e libertà nell’uomo: punti da sviluppare
- La libertà nella costituzione italiana
- Concetto di Libertà di scelta per autodeterminarsi
- Il concetto di autorealizzazione secondo Maslow
- Le libertà sostanziali secondo Amartya Sen
- Il Capability approach
- Sviluppi del Capability approach: Martha Nussbaum
- Il ruolo della scuola nel rendere possibile l’autodeterminazione della persona
La traccia
Autodeterminazione e libertà nell’uomo: descrivere da un punto di vista giuridico, pedagogico e teorico (Università di Catania, Secondaria primo grado, VIII ciclo).
Autodeterminazione e libertà nell’uomo: svolgimento
Vediamo, qui di seguito, un possibile esempio di svolgimento della traccia proposta a partire dai punti individuati.
La libertà nella Costituzione
Nella società in cui viviamo – italiana, europea, occidentale, democratica – il concetto stesso di “libertà” costituisce una sorta di chiave di volta che ne sostiene il peso e senza la quale l’arco che, metaforicamente, rappresenta la nostra vita sociale di cittadini uniti nell’esperienza della collettività crollerebbe rovinosamente.
La libertà è presente nella nostra Costituzione in molti modi: si esprime come libertà di professare la propria fede religiosa, libertà di movimento e di domicilio sull’intero territorio nazionale, libertà di valicarne i confini sia in uscita che in entrata e anche di emigrare, libertà di pensiero e di parola, di praticare l’arte e la scienza e di insegnarle, di associarsi in partiti, di riunirsi pacificamente, di svilupparsi pienamente come persona umana.
La libertà di scegliere tra diverse opportunità per autodeterminarsi
Ma la libertà è innanzitutto un’esperienza, quella che noi cittadini italiani, pur nei limiti imposti dalla Costituzione e, prima ancora, dalla convivenza con gli altri su uno stesso territorio, possiamo sperimentare ogni volta che, nell’ampio mare di opportunità e di diritti che la nostra società ci offre, compiamo delle scelte autonome e personali per autodeterminarci, cioè definire ciò che desideriamo e possiamo essere, in base alle nostre caratteristiche personali, alle nostre attitudini, gusti e capacità, per soddisfare il nostro bisogno di autorealizzarci.
L’autorealizzazione e i bisogni primari secondo Maslow
È un bisogno alto questo, il più alto dei “bisogni fondamentali” individuati da Abraham Maslow nella sua Teoria della motivazione, il quale, proprio per questo, si colloca al vertice della “Piramide dei bisogni” da lui stesso immaginata e che non può essere soddisfatto se quelli più bassi non hanno trovato una propria realizzazione.
Come mai per Maslow sussista questa condizione è facile comprenderlo, prima, riflettendo sul concetto stesso di autorealizzazione e, poi, confrontandolo con gli altri bisogni primari che, a suo avviso, sono più “bassi”, nel senso che si manifestano precedentemente e con più prepotenza.
Autorealizzarsi, per Maslow, significa essere ciò che ciascuno “può essere”, cioè essere come “la sua natura lo vuole”. È un bisogno che potremmo anche non avvertire mai se siamo già impegnati in attività per le quali ci sentiamo adatti e che invece può insorgere con forza se il nostro percorso personale ci ha portato a svolgere attività lontane o in disaccordo con la nostra natura.
Ci sono però altre condizioni per cui alcuni di noi potrebbero non arrivare mai a sentire il bisogno di autorealizzarsi. Tali condizioni si verificano, innanzitutto, quando, per esempio, siamo chiamati a utilizzare la maggior parte della nostra energia per nutrirci adeguatamente e dormire in maniera regolare, cioè per soddisfare i nostri “bisogni fisiologici”.
Lo stesso avviene quando, una volta soddisfatte queste esigenze basilari, siamo impegnati ad assicurarci una casa e una stabilità economica, cioè a rispondere al nostro bisogno di sicurezza, oppure, ancora, quando investiamo le nostre forze e risorse per costruirci una rete di amicizie o una famiglia e per ritagliarci il nostro posto all’interno di un gruppo in cui sentirci accettati e amati, cioè a soddisfare il nostro bisogno di appartenenza e affetto.
Una volta soddisfatti tutti questi bisogni più basilari, prima ancora di poter provare il desiderio di autorealizzarci e di agire quindi per autodeterminarci, secondo Maslow, saremo chiamati a investire le nostre energie nella costruzione della stima che proviamo per noi stessi e di quella che desideriamo da parte degli altri con cui condividiamo vita ed esperienze –amici, famiglia, colleghi di lavoro o compagni di scuola –, cioè a soddisfare il nostro bisogno di stima.
Bisogni primari e società contemporanea
Con le idee ben chiare su quelli che possiamo definire, secondo la proposta di Maslow, “bisogni primari”, andiamo allora a riflettere sulla società in cui viviamo, una società opulenta in un modo in cui ancora agli inizi del secolo scorso era impossibile immaginare, in cui i concetti di “diritto umano” e “libertà” fanno parte del linguaggio comune, in cui le connessioni tra le più lontane parti del mondo sono diventate facili e veloci in molti modi possibili, non solo quindi in termini di accorciamento delle distanze geografiche grazie a mezzi di trasporto sempre più veloci, ma anche di quelle tra culture grazie a mezzi di comunicazione che consentono il confronto tra idee e valori nello spazio di una Rete che tutto e tutti connette.
Allo stesso tempo, il mondo in cui viviamo è anche un esempio variegato di privazioni, ingiustizie e oppressione, che poco hanno a che fare con il diritto umano e la libertà, e che possiamo osservare senza necessariamente allargare lo sguardo oltre i confini della nostra Italia o del nostro Occidente. La povertà estrema, quella che priva le persone di una casa e talvolta anche del cibo, non è una prerogativa esclusiva dei “paesi poveri”, ma osservabile chiaramente anche nelle nostre città. La violenza sulle altre persone non è propria solo delle dittature, ma presente anche tra le pareti di molte case, in cui donne, bambini, anziani possono vivere esperienze terribili che, quando non portano alla morte, rendono comunque la vita un inferno da cui è difficilissimo uscire. Il diritto di pari opportunità è sistematicamente violato non solo in quei Paesi che vietano alle donne di studiare, di votare, di guidare, ma anche ogniqualvolta una donna è costretta a rinunciare al proprio lavoro per occuparsi della famiglia o dei genitori anziani, così come in tutte le situazioni in cui il successo scolastico è attribuibile più alla famiglia che alla scuola o in cui una persona con disabilità deve rassegnarsi a non poter prendere un mezzo di trasporto o a non poter scendere da un marciapiede.
Le libertà fondamentali secondo Amartya Sen
Bastano questi pochi elementi – una parte ridottissima dei problemi che caratterizzano il nostro mondo – a mostrarci chiaramente un fatto: la soddisfazione dei bisogni primari più “bassi” di quello di autorealizzazione non è così semplice, immediata e ovvia come potrebbe sembrare.
Non a caso, il premio Nobel per l’economia del 1998, Amartya Sen, nel suo testo Libertà è sviluppo (2000), in cui raccoglie e rende divulgativi i risultati di una serie di conferenze tenute negli anni ’90, sostiene che il superamento di tali problemi è un aspetto centrale dello sviluppo e che per poterlo rendere possibile è necessario partire proprio dal concetto stesso di libertà, che non può riferirsi solo all’agire dell’individuo, ma deve necessariamente tenere conto anche dei limiti che a tale agire impone la società in cui quell’individuo vive. In tal senso la libertà individuale va intesa non come qualcosa che può dipanarsi in assoluto e senza limiti, bensì come l’insieme di quelle libertà reali di cui la persona può godere nel contesto della società a cui appartiene.
Ed è proprio nel concetto di “libertà reali” che possiamo trovare una chiave di lettura e di comprensione del pensiero di Sen, cioè di quelle opportunità che la società stessa offre alla persona affinché questa possa scegliere liberamente quale cogliere – e se coglierle – per autodeterminarsi e così autorealizzarsi. In questo senso dunque, il livello di sviluppo di un Paese è, per Sen, strettamente legato alla quantità e alla qualità delle libertà reali che è in grado di offrire ai suoi cittadini: “lo sviluppo può essere visto come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani”.
Legando strettamente il concetto di sviluppo a quello di libertà reali, cioè di opportunità garantite alle persone, Sen riesce, contemporaneamente, a svincolarlo dalla visione più ristretta che lo confina all’interno della crescita del Prodotto Nazionale Lordo (PNL), o dell’aumento dei redditi individuali, o dell’industrializzazione, portando nell’idea stessa di sviluppo una serie di fattori diversi da quelli strettamente economici, per esempio la qualità del sistema di istruzione o del sistema sanitario o la possibilità di partecipare alla vita politica e civile attraverso discussioni e incontri pubblici, fattori capaci di ampliare le libertà reali delle persone, che definisce “libertà sostanziali”.
Per Sen, tuttavia, l’espansione di tali libertà e quindi lo sviluppo stesso, non è un processo che procede solo dalla società verso l’individuo, ma anche al contrario: l’individuo infatti, con la propria azione personale, svolge un ruolo centrale, è cioè un “agente”, nel senso che è attivo nel produrre lui stesso dei cambiamenti in grado di contribuire all’espansione delle libertà in tutti gli ambiti ai quali sceglie di rivolgere la propria azione: economici, sociali e politici. Poiché, in tal modo, contribuisce attivamente e personalmente allo sviluppo della società in cui vive, la sua azione individuale è, allo stesso tempo, anche sociale e, pertanto, può, secondo Sen, fare molto nel superamento dei problemi che al momento determinano tante di quelle “illibertà” che ostacolano enormemente l’autodeterminazione delle persone, come, per esempio, la miseria, l’oppressione, la mancanza di adeguati sistemi sanitari e scolastici.
Questo approccio allo sviluppo che Sen ha cominciato a elaborare negli anni ’80 del secolo scorso ed è noto come “capability approach”, è stato portato a ulteriori sviluppi da Martha Nussbaum, che lo ha ampliato correlandolo anche a problematiche di tipo etico. Oggi, può essere inteso come un approccio che guarda allo sviluppo tenendo in considerazione tutti i fattori che sono in grado di influire sulla qualità della vita delle persone e sul loro pieno sviluppo, dando importanza cioè alle opportunità, o libertà sostanziali, che una determinata società può offrire a ciascuno dei suoi cittadini perché possa liberamente autodeterminarsi.
Conclusioni: il ruolo della Scuola per favorire l’autodeterminazione
Se autodeterminarsi significa, dunque, poter scegliere tra le libertà sostanziali che la società in cui viviamo ci offre al fine di autorealizzarci, e se per farlo possiamo e dobbiamo contribuire noi stessi a “espandere” le opportunità tra cui noi e gli altri possiamo scegliere, risulta chiaro che il ruolo che svolgiamo nella costruzione di noi stessi, della nostra vita e della società in cui la viviamo è decisivo e ci vede, come sostiene Sen, “agenti” nel senso più letterale di questo termine, cioè persone che agiscono, che mettono in campo risorse e talenti e che compiono scelte consapevoli.
Nell’ottica del Capability approach, dunque, se l’obiettivo che ci poniamo è creare sviluppo dobbiamo agire su tutti quei fattori che possono, innanzitutto, favorire il pieno sviluppo umano delle persone, affinché siano in grado di autodeterminarsi consapevolmente e così riuscire ad autorealizzarsi, con effetti positivi per la loro vita e anche per la società.
Così, inevitabilmente, il pensiero va alla Scuola, il sistema attraverso il quale educhiamo e istruiamo le nostre giovani generazioni, quelle che rappresentano cioè il nostro futuro. Il compito che deve svolgere non è affatto semplice, ma gli elementi su cui può lavorare per rendere la propria azione più efficace sono sempre più chiari. Come insegnanti dobbiamo esserne consapevoli e scegliere di investire su questi le nostre energie.
Dobbiamo quindi essere disposti a lavorare sulla qualità della relazione educativa, in tutti gli ordini e gradi di istruzione. Allo stesso tempo dobbiamo essere disponibili a contestualizzare tale relazione all’interno di una “comunità classe” che includa tutti gli studenti e le loro famiglie e che sappia dialogare con il territorio, affinché le abilità sociali e civiche possano trovare subito una “palestra” per esercitarsi e svilupparsi pienamente e rendere il rispetto, l’aiuto reciproco, l’empatia delle pratiche reali prima ancora che dei concetti.
Concepire la classe come una comunità, significa anche aprirsi all’ascolto attivo, essere disposti alla negoziazione dei contenuti, a riconsiderare obiettivi e finalità, significa dunque vedere i nostri studenti come dei soggetti attivi nella costruzione del proprio apprendimento, con delle caratteristiche che li rendono unici e originali. Significa dunque essere consapevoli che esistono stili cognitivi differenti, saperli riconoscere in noi stessi e nei nostri studenti per proporre attività in modalità diverse, capaci quindi di coinvolgere tutti e così interessarli, favorendo, allo stesso tempo, la riflessione metacognitiva perché ciascuno possa imparare a riconoscere e potenziare il proprio modo di pensare e apprendere. Ma concepire la classe come una comunità significa anche essere disposti a collaborare, innanzitutto con i nostri colleghi, per offrire agli studenti un modello concreto di cooperazione e di lavoro di gruppo, significa dunque lavorare prima su noi stessi, sulla nostra competenza emotiva e sociale.
Possiamo quindi accogliere la proposta di Sen: mettere in atto un agire individuale che sia allo stesso tempo sociale. Non c’è modello migliore da offrire ai nostri studenti per accompagnarli nel cammino verso la loro autodeterminazione, alla fine del quale potranno sentirsi pienamente autorealizzati.
Preparati per la prova scritta con Edises
Questo esempio di traccia svolta è stato realizzato dalla nostra redazione per offrirti una possibile idea di svolgimento di prova ufficiale proposta nei precedenti concorsi di ammissione al TFA sostegno didattico. A partire dai nuclei concettuali proposti ed evidenziati nella prima parte dell’articolo, potrai tu stesso integrarli ed elaborare la tua traccia personale e così esercitarti in vista dell’imminente prova scritta.
Per altri esempi di svolgimento, ti consigliamo di consultare la sezione del blog Edises dedicata al TFA sostegno e di scoprire il nostro volume Tracce svolte per la prova scritta, di cui potrai sfogliare una anteprima gratuita dell’indice seguendo il link qui sotto.
Prova scritta TFA sostegno
Il testo Tracce svolte per la prova scritta di EdiSES è aggiornato con le prove del VII ciclo.
I contenuti contengono spunti e suggerimenti su:
- competenze socio-psico-pedagogiche
- competenze su empatia e intelligenza emotiva
- competenze su creatività e pensiero divergente
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