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L'attitudine all'insegnamento

Per poter trasmettere un’informazione si possono utilizzare molteplici canali. Nell’era del multimediale si trasmette attraverso le e-mail, i social network, i messaggi inviati tramite cellulare, ipad, chat, skype o guardandosi direttamente negli occhi utilizzando la “obsoleta” comunicazione orale, composta da un canale verbale ma anche e soprattutto da un canale non verbale, molto spesso più efficace e veritiero.
Nell’era multimediale molto sta cambiando nella trasmissione delle informazioni, nella comunicazione. Molto sta cambiando anche nel modo di fare didattica, di insegnare, di trasmettere nozioni e di acquisire apprendimenti. Nell’era del multimediale anche l’insegnamento deve tenere il passo alla rapida espansione della tecnologia.
L’insegnamento è una trasmissione continua di nozioni, informazioni, comunicazioni a cui fa seguito un apprendimento da parte di un altro interlocutore. Un insegnante efficace è un insegnante che sa comunicare, ma per poter comunicare è necessario saper ascoltare. Il saper ascoltare è strettamente interconnesso con il saper elaborare le informazioni da inviare, ma anche quelle che vengono ricevute. Saper elaborare le informazioni dà la possibilità di saper decidere, con margini di obiettività, chi ad un esame o ad un’interrogazione risulta essere preparato. Decidere chi è preparato e chi deve invece ancora colmare lacune correla molto spesso con il tema delle valutazioni.
Gli studenti sono soggetti a verifiche e valutazioni continue, perché solo attraverso queste è possibile aiutare e sostenere chi presenta rallentamenti o difficoltà nell’apprendimento. Per poter insegnare ci vuole passione, motivazione, perché solo così lo studente potrà a sua volta mostrare motivazione nell’apprendere nuove informazioni.
L’insegnamento, proprio perché presuppone un contatto così diretto e profondo con gli studenti, con i colleghi, con la dirigenza, può e deve essere considerato alla stregua di una professione d’aiuto e, in quanto tale, a rischio burn-out. Il moderno concetto di salute nei posti di lavoro cerca di superare le parcellizzazioni tra individuo, organizzazione e aspetti socio – culturali.
Il benessere professionale si riferisce proprio al rapporto che lega le persone al loro contesto lavorativo, prendendo in considerazione le seguenti variabili: ¾ Relazioni interpersonali; ¾ Senso e significato che le persone attribuiscono al loro lavoro; ¾ Senso di appartenenza alla propria organizzazione; ¾ Ambiente di lavoro accogliente e piacevole; ¾ Equità nell’offerta di opportunità di crescere e nel trattamento retributivo. Quando un insegnante inizia a provare disagio nel lavoro, anche tutte le attitudini di base, le competenze e la professionalità risentono di questo disagio.
È giusto allora chiedersi: “L’attitudine all’insegnamento deve essere sottoposta a valutazione periodica?” Una risposta possibile a un tale interrogativo può essere ravvisato sul sito ADIscuola dove si può leggere un’intervista al Sottosegretario Elena Ugolini che risponde ad una delle domande poste dall’intervistatrice nel seguente modo: “Non vi è dubbio che in Italia occorra ancora definire il “profilo professionale del docente”. Ti ho citato prima l’americano NBPTS.
Questa organizzazione autonoma e indipendente fu istituita nel 1987 per contrastare l’allarmante situazione dell’istruzione negli Stati Uniti messa a nudo nel 1983 dalla commissione Gardner nel noto “A Nation at Risk”. Si sostenne allora la necessità di rendere i docenti una categoria di professionisti, e si comprese che il primo passo era quello di enucleare una “visione” del buon insegnamento, attraverso la definizione di adeguati standard professionali. Con me sfondi una porta aperta”. Valutare non è giudicare.
La pratica della valutazione permette di assumere informazioni utili sullo stato di attuazione dei processi, delle azioni progettate e programmate, del raggiungimento di obiettivi stabiliti, ma è anche la possibilità di valutare fattori personali, come la soddisfazione, l’efficacia, la motivazione, le attitudini di base allo svolgimento di un così delicato quanto importante compito di guida, quale quello dell’insegnamento. Il National Board For Professional Teaching Standards (NBPTS) citato dal sottosegretario Ugolini ispira il suo lavoro ad un assunto di base fondamentale “Ogni studente ha grandi maestri e ogni scuola ha grandi leader”.
La vision del NBPTS risponde all’esigenza di ogni studente di avere un insegnante realizzato e che sia in grado di dotare ogni allievo delle adeguate competenze per avere successo nella comunità e farsi largo nel mercato del lavoro del XXI° secolo. La mission del NBPTS è quella di favorire l‘apprendimento degli studenti e la loro realizzazione, stabilendo norme definite per gli educatori e sistemi di certificazione, fornendo programmi e sostenendo le politiche di sostegno. Dal 1987, più di 97.000 insegnanti hanno ottenuto la certificazione National Board.
La Certificazione è valida per dieci anni e ogni insegnante ne inizia le pratiche di rinnovo durante l’ottavo o nono anno di insegnamento. La Certificazione National Board è una credenziale di insegnamento di didattica avanzata, che integra ma non sostituisce l’abilitazione all’insegnamento. La certificazione è raggiunta al completamento di un programma di valutazione volontaria progettato per riconoscere l’efficacia e i compiti degli insegnanti, in modo da soddisfare elevati standard. Ci si basa su cinque proposizioni cardine che costituiscono le fondamenta di ciò che ogni insegnante dovrebbe sapere ed essere in grado di fare.
Le proposizioni sono le seguenti:

  • Gli insegnanti hanno degli obblighi verso gli studenti e il loro apprendimento
  • Gli insegnanti devono conoscere a fondo le materie che insegnano e come insegnarle ai loro studenti
  • Gli insegnanti sono responsabili della gestione e del monitoraggio degli apprendimenti dei loro studenti
  • Gli insegnanti devono riflettere sistematicamente sulla loro abilità d’insegnamento e devono imparare dall’esperienza
  • Gli insegnanti sono membri della comunità di apprendimento

Si può, allora, concludere con le parole di Charles Wilson, scrittore canadese, che sostiene “Un bravo leader è colui che riesce a far capire ai propri uomini che hanno molte più capacità di quelle che pensano di possedere, in modo che possano fare un lavoro migliore di quanto credono”