Ed eccoci di nuovo a settembre. Un mese importante nel tempo dell’anno, con le vacanze che finiscono, il lavoro che riprende, l’estate che comincia a salutare e, naturalmente, le scuole che riaprono. Quando mi ritrovo a questo punto, ho una sensazione molto più netta del trascorrere del tempo: mi sembra che tutto cominci, di nuovo, e ancora una volta con un bel bagaglio di aspettative e di lavoro da fare.
Tra pochi giorni, Norma, la mia bambina, inizierà la scuola primaria. Ed ecco che le emozioni di oggi mi riportano a un altro settembre in cui si dibattevano più o meno uguali nel mio cuore. Quel settembre dell’ingresso alla scuola dell’infanzia, quando sentimenti contrastanti mi agitavano, un miscuglio di curiosità, preoccupazione, ansia, aspettativa, malinconia e felicità.
Non so a voi, ma a me torna molto utile, quando devo affrontare delle nuove esperienze che mi coinvolgono emotivamente, ripensare a situazioni simili del mio passato che si sono poi evolute in momenti belli e significativi. È così che oggi mi ritrovo a scrivere questo articolo sull’ambientamento nella scuola dell’infanzia che ho vissuto due anni fa e che voglio condividere come sempre con voi amici di Occhicielo: una occasione di riflessione per me e, come spero, qualche suggerimento utile per chi è alle prese con accompagnamenti, affidi, saluti e qualche lacrima.
Gli argomenti dell'articolo
La scuola dell’infanzia… un nuovo lido da scoprire e conoscere
Dopo tre anni molto intensi trascorsi in un nido meraviglioso qui nel milanese, io e mio marito avevamo acquisito una certa dimestichezza con tutta la dinamica distacco-affido-ricongiungimento. Accompagnare Norma da educatrici che ormai sentivamo come “di famiglia” e in un luogo accogliente e protetto ci risultava una bella abitudine, così come andarla a riprendere ascoltando il racconto della sua giornata dalla voce di chi provava per lei un affetto sincero.
Eppure, sapevamo che una esperienza diversa ci stava aspettando. L’ambientamento nella scuola dell’infanzia era un’avventura mai sperimentata, che senz’altro ci avrebbe riservato delle emozioni nuove con cui volevamo confrontarci nella maniera più serena possibile, per il benessere della nostra bambina, e anche per il nostro!
Nuove maestre da conoscere, nuovi spazi con cui familiarizzare, nuovi orari e riti quotidiani da introdurre. Il “nuovo” faceva da protagonista. Ma sappiamo tutti benissimo che i bambini amano le routine, e amano i luoghi che conoscono bene, perché sono entrambi dei porti sicuri da cui partire per altre scoperte. Allora da cosa cominciare per aiutare la nostra piccola a trasformare quei “nuovi” lidi in posti conosciuti dove voler tornare?
Primo incontro tra scuola e famiglia: iniziare dalla fiducia
Mi tornavano in mente con prepotenza le parole di mia madre, che è stata insegnante di matematica e costante rappresentante dei genitori nelle classi mie e di mia sorella:
– Il rapporto di fiducia tra genitori e insegnanti è fondamentale per la serenità dei ragazzi!
Lei insegnava in quelle che ai mie i tempi si chiamavano “superiori”, ma sono sempre stata convinta che le sue parole possano applicarsi a tutti gli ordini e gradi scolastici, e lo sono ancora di più adesso che, da mamma, la scuola la vivo in questo nuovo, importantissimo ruolo di genitore.
Al primo incontro con le insegnanti mi ponevo tante domande: chi mi sarei trovata davanti? In che modo avrei potuto sintetizzare in poco tempo i tratti essenziali della nostra famiglia per presentarla a due persone che tanta parte avrebbero avuto nei mesi a venire nella nostra vita e in quella di Norma?
Ho deciso di ascoltare mia madre, e ho puntato sulla fiducia. Ha funzionato!
Scuola e famiglia unite nella comunità classe
Tanta cronaca ci racconta di una scuola pubblica in cui sembra che le aule siano il campo di battaglia di due schieramenti che combattono “l’un contro l’altro armato”, come direbbe ancora oggi Manzoni. Ma io penso – e con forza – che il destino della nostra esperienza come famiglie nella scuola non debba essere scritto con le espressioni e i toni sconfortanti di un certo modo di fare notizia.
Sono convinta che ciascuno di noi debba trovare un proprio modo originale di scriverlo, partendo innanzitutto dalla identità di quel piccolo individuo della cui crescita è responsabile, ma anche dalla persona che è e da quelle che ha di fronte.
Sì, perché anche gli insegnanti sono persone, anche loro non ci conoscono e non sanno bene cosa aspettarsi da noi, un noi che – questo è bene non dimenticarlo – può diventare un gruppo, di maggioranza, pieno di aspettative e, in alcuni casi, ostile.
Mi ha colpito molto, a questo proposito, il tono di gratitudine e di sollievo con cui una delle insegnanti di Norma, nel corso della seconda riunione di classe, ha ringraziato tutti noi genitori per la disponibilità e la fiducia mostrata nella fase dell’ambientamento iniziale e in tutto il primo periodo di avvio dell’anno scolastico.
Questo ringraziamento semplice e non scontato mi ha fatto realizzare che chi insegna ha delle preoccupazioni molto simili a chi accompagna i propri figli a scuola, riconducibili a un’unica fondamentale questione: gli eventuali ostacoli che possono impedire un sereno rapporto tra scuola e famiglia.
È questo un tema che mi è molto caro, come avrete capito. Un tema che abbiamo già affrontato qui su Occhicielo con la riflessione di Antonella Meiani sulla “comunità classe”, una splendida insegnante con cui ho la fortuna di collaborare, autrice di un libro dal titolo significativo: Tutti i bambini devono essere felici. E – aggiungo io – possono esserlo. E a scuola devono esserlo. (E con questo la smetto di aggiungere, promesso!)
Ambientamento nella scuola dell’infanzia: il ruolo dei genitori
Ma perché i bambini siano felici a scuola, è fondamentale che lo siamo noi genitori quando alla loro scuola pensiamo e, soprattutto, quando la viviamo. Perché, come sappiamo bene, i bambini sono dei captatori raffinatissimi delle nostre emozioni, ce le leggono nello sguardo, nella voce, nel corpo, e i nostri tentativi di nascondergliele o camuffarle sono destinati a fallire miseramente.
È per questo che il nostro ruolo di genitori è così importante anche nella loro vita scolastica, perché, attraverso il nostro sentire, possiamo aiutarli a comprendere e a esprimere il proprio, in maniera serena, anche quando quello stesso sentire non è dolce e positivo, ma li porta a confrontarsi con sentimenti ed emozioni che li turbano e li lasciano spaesati.
Sono davvero tante le cose che possiamo fare per aiutare i nostri bambini a creare una relazione positiva con i ritmi della scuola, con le insegnanti, con i nuovi spazi, anche se in classe non siamo fisicamente presenti, e che avranno anche il benefico effetto di farci sentire partecipi e utili, senza invadere spazi e ruoli che non ci appartengono.
Presentare la scuola come una avventura bella e positiva
Una cosa che vi racconto direttamente dalla mia esperienza, e che si è rivelata molto utile per l’ambientamento della mia famiglia alla scuola dell’infanzia, è la presentazione positiva della classe e delle insegnanti.
Quando sono tornata dal primo emozionante incontro con le due future maestre di Norma, ho approfittato della cena per raccontarlo a padre e figlia con dovizia di particolari (i particolari sono la mia passione!): ho descritto le due signore che mi avevano accolto, il modo in cui erano vestite e sedute, il tono della voce, gli accenti che mi facevano immaginare la loro provenienza, le domande che mi avevano fatto e le cose che mi avevano detto, ho riportato le parole con cui avevo parlato di Norma (suscitando in lei una certa fierezza), ho descritto le piccole sedie sulle quali eravamo sedute e le decorazioni alle pareti, ho parlato degli angoli dell’aula e dei giochi che avevo notato, nonché della “libreria piena di tantissimi libri!”
Come faccio a essere così sicura che tutta questa lunga descrizione sia stata utile?
Il primo giorno di scuola, appena abbiamo messo piede in classe, Norma, a pochi centimetri dalla mia gamba destra, si è guardata intorno per qualche secondo, poi ha puntato l’indice verso un angolo e ha esclamato:
– Mamma, eccola la libreria! Andiamo!
Ci siamo sedute sul tappeto e abbiamo cominciato a sfogliare i libri, offrendo alle maestre l’opportunità di avvicinarsi e di cominciare a interagire con lei.
Conoscendo gli interessi della mia bambina, avevo pensato che enfatizzare la descrizione della libreria si sarebbe rivelato utile per creare un “aggancio” tra il suo mondo e quello nuovo della scuola. Con l’entusiasmo che mi deriva dal “successo della strategia”, mi sento di consigliarla anche a voi.
Nel nostro caso avevo scelto i libri, ma tutto può funzionare allo stesso modo: il giardino con gli scivoli, il salone con i giochi in cui infilarsi, l’angolo delle macchinine, lo spazio della cucina, per non parlare dei colori. Tutto ciò che piace ai vostri bambini e che rappresenta per loro una preferenza, un interesse o una vera e propria passione, un “gancio”, appunto, che le insegnanti possano usare per creare un primo contatto di scambio e relazione a due (senza di noi cioè!).
Salutare con sicurezza e senza ripensamenti
E qui arriviamo direttamente al momento – criticissimo – del distacco, del saluto di mamma o papà, con conseguente affido all’insegnante. Sono certa che il consiglio più offerto e declamato tra tutti è:
–Siate sicuri, chiari, e concisi!
Con l’inevitabile corollario:
– Bando ai ripensamenti in caso di lacrime e alle pe-ri-co-lo-sis-si-me sbirciatine dalle finestre!
Per non deludervi, quindi, ve lo do anche io. Ma non è questa l’unica ragione per cui vi costringo a leggerlo per l’ennesima volta. Il fatto è che il momento del saluto è fondamentale davvero, e ce lo dobbiamo giocare proprio bene, perché quei piccoli occhi a circa un metro da terra sono lì pronti a cogliere la nostra minima incertezza.
Anche in questo caso, sono convinta che ciascuno di noi debba trovare le parole, la coccola, insomma il modo, che sente più congeniale a se stesso e quindi naturale. Nel mio caso, il rito che poi abbiamo adottato anche per i giorni successivi si svolgeva più o meno così: un abbraccio stretto ad altezza Norma (per evitare una presa in braccio che poteva rivelarsi inestricabile), uno sguardo intenso accompagnato da un reciproco “ti voglio bene” seguito a ruota da un “mi mancherai”, per concludere con un bacio e un “ci vediamo dopo così mi racconti”.
Qualche lacrima c’è stata comunque, e non solo di mia figlia, ma devo dirvi che, secondo me, ha funzionato abbastanza bene, ci è così piaciuto che lo abbiamo ripetuto per tutto l’anno con buoni risultati soprattutto per la nostra personale soddisfazione.
Sarei curiosa di conoscere i vostri riti del saluto, se volete raccontarmeli, penso che possa tornare utile a tutti se ci scambiamo idee per perfezionare le nostre personali “tecniche”.
Ritagliare nella giornata un tempo di qualità da trascorrere insieme
Per concludere, voglio raccontarvi un’ultima cosa del nostro ambientamento che per me ha significato tanto e penso possa essere anche uno spunto per riflettere su quanto i bambini sappiano aiutarci ad aiutarli.
Era ottobre, in un bellissimo pomeriggio autunnale, io e Norma tornavamo a casa in macchina dopo la scuola, avevo notato che era un po’ nervosa, come capitava spesso quando andavo a prenderla, allora le ho chiesto:
– Amore, la nuova scuola ti sta piacendo? E i tuoi nuovi amici?
Lei ci ha pensato un attimo e poi con sicurezza mi ha risposto:
– La scuola mi piace, mi diverto lì, ma mi manchi tu!
Un brivido mi ha percorso il corpo, ma le ho detto:
– Anche tu mi manchi molto Norma e mi è venuta un’idea! Che ne dici se, ogni giorno quando torniamo a casa, facciamo una cosa che ci piace solo io e te, senza farci disturbare da nessuno? Così ci ricarichiamo di coraggio e ce lo conserviamo per i momenti in cui non siamo insieme! Cosa ti andrebbe di fare oggi?
Ancora una volta ci ha pensato un attimo e poi mi ha risposto:
– Vorrei disegnare delle farfalle!
– Bella idea! – le ho detto. – Come mai proprio delle farfalle?
– Perché le farfalle sono coraggiose, perché, anche se le loro ali si possono rompere, loro volano lo stesso!
Per fortuna avevo appena parcheggiato. Mi tremavano le braccia e le gambe.
Ecco perché quando siamo salite in casa abbiamo disegnato decine di farfalle. Ecco perché, il simbolo del coraggio nel mio A volte mi sento… inondare di emozioni sono proprio le coloratissime, coraggiosissime farfalle disegnate da Angela Joanna Grancagnolo.
Come mi ha detto una persona molto saggia parecchi anni fa, quando mi disperavo per la perdita prematura della mia mamma:
– Nel tempo che trascorriamo con i nostri figli, più della quantità conta la qualità!
Ed è su questa che ho scelto di fare affidamento per superare con la mia bambina un momento significativo che dovevamo vivere, insieme e separate allo stesso tempo.
Ed è questo che vi auguro di riuscire a fare: trovare del tempo per fare delle esperienze insieme ai vostri figli! Anche nelle giornate caotiche. Senza farvi disturbare dalle “cose da fare”. Esperienze che costruiscano una base sicura per voi e i vostri bambini a cui attingere nei momenti in cui, pur essendo separati, avrete bisogno del vostro unico e meraviglioso “voi”.
Buona scuola!