È del 3 novembre scorso la dichiarazione del MIUR che chiarisce le imprecise quanto fuorvianti notizie circolate sulla stampa cartacea e online lo scorso ottobre riguardanti le abilitazioni all’estero per l’insegnamento, in particolare per quanto riguarda il sostegno didattico, ritenute immediatamente e automaticamente riconosciute in Italia.
Cerchiamo di fare luce su quanto accaduto e su come il MIUR abbia prontamente risposto sui suoi canali diretti, nonché in Parlamento, su quanto erroneamente divulgato.
Gli argomenti dell'articolo
L’interrogazione parlamentare
Tutto nasce dalla domanda contenuta in un’interrogazione parlamentare avanzata da undici deputati dem rivolta al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, nel tentativo di capire se le abilitazioni all’insegnamento conseguite a pagamento in alcuni Paesi europei, e soprattutto in Romania, e poi utilizzate per le graduatorie in Italia, siano regolari o meno.
È vero che in base ad una direttiva dell’Unione Europea è possibile richiedere il riconoscimento dell’abilitazione all’insegnamento conseguito all’estero, ma la questione qui è ben più ampia e complessa.
“Da notizie di stampa – scrivono i deputati dem – si apprende che molti docenti privi del titolo abilitativo o della specializzazione sul sostegno lo stiano conseguendo all’estero attraverso corsi che non prevedono alcuna prova di ingresso e alcun percorso formativo adeguato”.
Le abilitazioni all’insegnamento conseguite nella fattispecie in Romania verrebbero utilizzate in Italia per scalare le graduatorie dei precari e ottenere un posto da supplenti, evitando così il lungo e necessario iter previsto nel nostro Paese.
La notizia secondo cui “già tra il 2012 e il 2014 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (Miur) ha emanato 500 decreti attuativi solo per l’insegnamento conseguito in Romania”, ha portato l’interrogazione alla Camera da parte della deputata Mara Carocci, prima firmataria, che ha chiesto di far luce su questo dato allarmante.
Un fenomeno che, secondo la Carocci, ha riguardato in tre anni, appunto, circa 500 decreti di riconoscimento per i titoli abilitanti al sostegno conseguiti in Romania.
“I corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, devono prevedere l’acquisizione di un minimo di 60 crediti formativi”, si legge nell’interrogazione parlamentare. E non solo: “Bisogna comprendere almeno 300 ore di tirocinio pari a 12 crediti formativi universitari e articolarsi distintamente per la scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondo grado”.
Ed è per questo che la deputata ha chiesto che venissero effettuate delle verifiche affinché “i percorsi corrispondano a quelli italiani. Altrimenti viene penalizzato chi nel nostro Paese fa l’iter di due anni per ottenere una specializzazione. E poi magari si vede scavalcare da qualche furbetto che magari ha 15mila euro da spendere e il titolo se lo va a comprare all’estero”.
I chiarimenti del MIUR
La smentita da parte del Ministero non si è fatta attendere troppo: “È priva di fondamento la notizia relativa a 500 decreti emanati dal Miur per il riconoscimento di titoli di abilitazione all’insegnamento conseguiti in quel Paese (la Romania, per l’appunto). Nel dettaglio, dal 2012 ad oggi sono state oggetto di valutazione e/o riconoscimento 170 istanze presentate da cittadini romeni che hanno svolto tutta la formazione nel loro paese d’origine e 3 istanze presentate da cittadini italiani, che non riguardano il sostegno, come da notizie circolate, che hanno svolto la formazione in Romania”.
Considerate le numerose difficoltà per conseguire l’abilitazione all’insegnamento in Italia, negli ultimi tempi si è assistito al nascere di numerose agenzie che propongono master a pagamento (i cui costi sono davvero notevoli, tra i 7.000 e i 10.000 euro) e che si ritiene permetterebbero ai laureati italiani di conseguire l’abilitazione alla professione di docente; insomma basterebbe iscriversi a un corso intensivo universitario presso un ateneo di una qualsiasi città romena così da ottenere, nell’arco di pochi mesi, l’abilitazione all’insegnamento. Poiché titoli e documentazioni sono in romeno, sarebbe poi sufficiente tornare in Italia e richiedere al Ministero dell’Istruzione – ai sensi della legge comunitaria – il riconoscimento del titolo anche nel nostro Paese.
Ma, anche su questo versante, interviene il MIUR con un pronto chiarimento: “È priva di fondamento anche la notizia secondo cui questo Ministero ha stipulato convenzioni tra Università italiane e/o straniere, tanto meno con enti privati che pubblicizzano – ingannevolmente – tali informazioni. Chi fosse interessato a svolgere tale tipo di formazione straniera non può chiedere anticipatamente al Miur garanzie sull’effettiva validità del titolo conseguito all’estero, piuttosto deve rivolgersi al Ministero dell’istruzione del Paese presso il quale ha o intende conseguire il titolo, che deve invero essere abilitante nel Paese straniero. Soltanto dopo è possibile inoltrare la richiesta di riconoscimento al Miur”.
Nell’interrogazione parlamentare viene chiesto di far chiarezza anche sul fatto che “tali corsi sono molto costosi, ma consentono in tempi rapidissimi di conseguire un titolo attraverso cui si può essere inseriti in graduatoria una volta tornati in Italia. Infatti, si può facilmente richiedere il riconoscimento del titolo conseguito attraverso una verifica di omologazione da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca in applicazione della direttiva 2005/36, recepita dal decreto-legge 206 del 6 novembre 2006”.
Ma come ben si sa, come stabilito dal Ministero e come vale la pena ancora una volta precisare e sottolineare, in linea generale, “il riconoscimento della professione docente avviene in attuazione del principio della libera circolazione delle professioni sulla base della reciproca fiducia tra i Paesi dell’Unione Europea. Ma non esiste un “riconoscimento automatico” dei titoli ottenuti all’estero. La Direttiva 2013/55/CE, recepita in Italia dal decreto legislativo numero 15 del 2016, prevede infatti la valutazione della formazione attraverso l’analisi comparata dei percorsi formativi previsti nei due Stati membri coinvolti”.
Per esercitare la professione regolamentata di docente è noto che non si beneficia del riconoscimento automatico; ciò avviene, invece, su richiesta individuale ed è importante ribadire che la formazione professionale è sempre soggetta a un procedimento di verifica. La richiesta di riconoscimento del titolo professionale di docente va rivolta, appunto, al MIUR.
Presupposto fondamentale per chiedere e ottenere il riconoscimento professionale di docente è che la formazione professionale sia regolamentata nel Paese d’origine. “L’eventuale rilascio del provvedimento finale avviene soltanto dopo accurata e attenta analisi della documentazione prodotta, nonché dalla verifica dei presupposti giuridico-amministrativi”.
L’iter di riconoscimento della professione docente
L’iter di riconoscimento della professione docente prevede:
- la verifica dell’autenticità dei titoli;
- la valutazione della formazione posseduta, comparata per contenuti e durata con quella italiana;
- l’accertamento della competenza linguistica;
- l’accertamento del superamento di eventuali misure compensative.
Difatti, nel caso in cui si riscontrino differenze nei contenuti e/o nella durata della formazione confrontata a quella italiana, “il riconoscimento può essere richiesto per gli insegnamenti per i quali l’interessato sia legalmente abilitato nel Paese che ha rilasciato il titolo ed a condizione che tali insegnamenti trovino corrispondenza nell’ordinamento scolastico italiano (professione corrispondente). Qualora dall’esame della domanda emerga che non vi è completa corrispondenza tra la formazione professionale richiesta in Italia e quella posseduta dall’interessato, questa Direzione Generale richiederà il superamento di una prova attitudinale o la frequenza di un tirocinio di adattamento”. Le succitate misure compensative, per l’appunto.
Tali misure compensative sono quegli ulteriori accertamenti predisposti per colmare le differenze evidenziate nel confronto tra la formazione posseduta dall’individuo e quella richiesta nel territorio nazionale; esse mirano, quindi, a compensare la differenza nei contenuti della formazione o nella durata della stessa.
Le misure possono consistere in:
- una prova attitudinale, per accertare le conoscenze professionali dell’individuo (che prevede una prova scritta/pratica e in una prova orale sulla base dei contenuti delle materie stabilite dall’Autorità competente e consistente in un esame avente lo scopo di accertare le conoscenze professionali del richiedente per valutarne l’idoneità ad esercitare la professione di docente)
- un tirocinio di adattamento, ovvero un’attività di insegnamento affiancata dalla presenza del docente titolare, accompagnato eventualmente da una formazione complementare secondo modalità stabilite dalla legge.
A conclusione e a conferma di quanto sopra esplicitato dal MIUR, riportiamo la nota di Avviso Urgente da parte del Ministero stesso:
Si avvisa l’utenza che, a seguito della pubblicazione del decreto legislativo 28 gennaio 2016, n. 15, di attuazione della direttiva comunitaria 2013/55/CE, sono messi in linea i nuovi fac-simile dei modelli di domanda per il riconoscimento della formazione professionale di docente acquisita in Paesi comunitari e non comunitari. I soli cittadini comunitari in possesso di titolo rilasciato da un Paese membro dell’UE dovranno documentarne il valore legale solo ed esclusivamente con attestazione della competente autorità. Non saranno di conseguenza accettate più le dichiarazioni di valore in loco rilasciate dalla rappresentanze diplomatiche italiane all’estero in quanto non previste dalla normativa di riferimento.
Leggi la nota MIUR