Il disegno non è un test di intelligenza?

Sin dall’antichità, il disegno è stato lo strumento attraverso cui l’uomo ha cominciato ad esprimere e comunicare i propri stati d’animo e il modo in cui vedeva e percepiva la realtà. Tra le pitture rupestri, le ultime ritrovate sono state rinvenute in una grotta dell’isola di Sulawesi, in Indonesia e datate 40.000 anni fa. Queste scoperte ci pongono di fronte ad un assunto incontrovertibile, l’uomo si esprimeva attraverso il gesto grafico ancora prima della conquista del linguaggio scritto e della parola.

La lingua primitiva cercava di riprodurre le forme degli oggetti per trasmetterle esattamente nel modo in cui venivano percepite dagli occhi e dalle orecchie: cogliendone quindi la forma, i contorni, la posizione, il movimento e la capacità di spostarsi nello spazio

(C. Castelli Fusconi, “Dal disegno alla scrittura”, V&P 2007)

L’avvento della scrittura e quindi la maturazione di diversi livelli espressivi, ha consentito di raggiungere modalità comunicative più complesse. Il disegno rimane la prima forma espressiva e comunicativa con cui l’uomo esprime se stesso.
Come prime forme d’arte, le pitture rupestri rappresentano la realtà così come la vedevano gli uomini primitivi. Se Leonardo da Vinci avesse potuto vederle, le avrebbe considerate opere d’arte, poiché secondo una antica concezione “ il quadro che è più esattamente conforme all’oggetto imitato è quello che deve ricevere i maggiori elogi”.

Il disegno infantile e i suoi significati

Il disegno infantile è estremamente originale nel gesto e nel tratto, quasi mai conforme a ciò che il bambino realmente ha davanti ai suoi occhi. Esso rappresenta l’elaborazione a livello grafico di quanto esperisce.
Liquet dice che

La rappresentazione dell’oggetto da disegnare, dovendo essere tradotta nel disegno di linee che si rivolgono all’occhio, assume necessariamente la forma di immagine visiva. Ma questa immagine non è per niente la riproduzione servile di qualsiasi delle percezioni fornite al disegnatore dalla vista dell’oggetto o del disegno corrispondente. È una rifrazione dell’oggetto da disegnare attraverso la mente del fanciullo, una ricostruzione originale che deriva da una elaborazione molto complicata nonostante la sua spontaneità

(D. Widlocher, 1996, A. Editore)

La mente opera pertanto un’elaborazione di ciò che la vista percepisce o dei materiali che provengono dall’esperienza e, limitatamente alle capacità motorie e al controllo visivo che l’individuo possiede, si esprime a livello grafico. Per la sua intrinseca valenza espressiva, il disegno racchiude la vita affettiva e le emozioni di chi lo esegue, il che gli conferisce soprattutto un valore narrativo.

Nel  disegno si riflette tutto il complesso del suo mondo fantastico. Ciò che egli non ci può dire delle sue fantasticherie, delle sue emozioni, nelle situazioni concrete, ce lo indica con i suoi disegni.

(D. Widlocher, 1996)

Sappiamo per certo che il bambino prova piacere nel disegnare, nell’esercizio del gesto, un piacere che è sia motorio, sia visivo. Il mondo, pieno di forme, attrae per la molteplicità degli stimoli che offre alla vista e il bambino comincerà presto a compiacersi nell’aver riprodotto una di tali forme.

Il bambino gioca con il potere evocativo delle forme. Con un gesto magico può fare apparire oggetti nello spazio vuoto di un foglio di carta. Il piacere iniziale, nel lasciare una traccia, aumenta quando si incontra la possibilità di far nascere forme evocative di oggetti cioè immagini

(Stern, 1995, p.127 in D. Widlocher, 1996)

Perchè il disegno non è un test di intelligenza? Studi e ricerche

Pur essendo chiaro che attraverso il disegno l’individuo esprime forti componenti emotive, spesso si tende a commettere un clamoroso errore di valutazione e si cerca di interpretare, attraverso una serie di improponibili indici, questa personale “opera d’arte” come espressione dell’intelligenza. Non sono pochi coloro che ancora oggi pensano che attraverso il disegno si possa effettuare una valutazione cognitiva del soggetto. È bene allora chiarire alcuni punti.
La maniera in cui il gesto trova modo di essere riprodotto, progredisce parallelamente allo sviluppo dell’intelligenza e alle abilità grafo-motorie che sono corrispondenti alle diverse fasi dello sviluppo, per cui si potrebbe dedurre che il disegno può rivelare la maturità intellettuale.
Alcuni test psicologici fanno uso del disegno, sia figurativo che geometrico. Appartengono a questa ultima categoria i test di Bender e di Rey. Tali test richiedono la riproduzione di strutture geometriche più o meno complesse e danno indicazioni sulla capacità percettiva, sul controllo visuo-motorio, sulla memoria.
I test che fanno uso del disegno figurativo, come il test dell’albero e quello della figura umana, sono usati a partire dal loro valore proiettivo. Anche in questo caso quindi nulla ci dice che il test misuri l’intelligenza.
Fu A. Binet nel  1905 a pubblicare il primo test di intelligenza, la scala Binet-Simon, per lo più costruita su prove di tipo lessicale. Da allora ad oggi sono stati prodotti numerosi test che valutano il QI, e quindi lo sviluppo cognitivo dell’individuo, in rapporto a individui della stessa età cronologica. Il test più completo attualmente è la Scala Wechsler.
Dobbiamo ricordare che ormai tutti concordano nel ritenere che questa misura sia insufficiente. L’intelligenza è infatti un concetto più complesso, che non può esser ridotto all’antica formula del QI. Riconoscendo questo, si tende a dare pari valore ad altre componenti che concorrono a definirla. Già negli anni ‘70 lo psicologo americano Howard Gardner ha elaborato una  teoria che propone una visione dell’intelligenza come insieme di capacità diverse: la teoria delle intelligenze multiple.
Negli anni 90 D. Goleman ha invece parlato di intelligenza emotiva, ponendo un ulteriore tassello nella visione dell’intelligenza come costituita anche dalla capacità di percepire e gestire emozioni. Alla luce di tutti gli studi, l’intelligenza è un misto di capacità cognitive ed emotive.
Quello che invece è stato comprovato da studi scientifici e indagini cliniche, è che esiste una correlazione tra lo sviluppo della capacità grafica e la maturità intellettiva. In un recente studio Rosalind Ardn ha curato una ricerca per l’istituto di psichiatria al King’s College di Londra, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Psycological Science.
La stessa Rosalind Ardn ha sottolineato come la moderata correlazione emersa tra disegno dei bambini di 4 anni e intelligenza a 14, non significhi che il disegno possa essere considerato un indice dell’intelligenza. Troppe sono le variabili che concorrono a determinare sia la maturità del gesto grafico che le abilità intellettive.
È del 2011 invece una ricerca condotta in Nuova Zelanda da Willcock E. Muta K., e Hayne H. Children’s human figure drawings do not measure intellectual ability, pubblicata nella autorevole rivista Journal of Experimental Child Psycholog (110, 2011, pp. 444–452). La ricerca dimostra che non vi è correlazione diretta tra differenze di intelligenza e differenze nello sviluppo dell’abilità grafica.
Sebbene gli studi sullo sviluppo grafico e motorio dei bambini ci rivelino delle tappe di sviluppo, che in diversi studiosi hanno tentato di schematizzare, dobbiamo riconoscere che moltissimi fattori incidono su questo sviluppo, facilitandolo, ostacolandolo o semplicemente rallentandolo.

In conclusione, cosa rivela il disegno?

In conclusione il disegno non è un test di intelligenza, rivela piuttosto elementi utili a definire alcuni parametri legati allo sviluppo motorio e intellettivo e elementi inerenti la maturità affettiva ed emotiva.
Il disegno è e rimane un atto creativo, che non andrebbe interpretato in contesti non appropriati, a meno che non si configuri l’esigenza di effettuare una specifica valutazione da parte di un professionista esperto. In questo caso, il professionista sarà anche consapevole di come un solo test o una sola prova non possa essere sufficiente per definire l’intelligenza di quel soggetto.
il disegno non è un test di intelligenzaConcludo riportando un quadro di Mirò, il cui stile grafico pittorico ricorda molto i disegni dei bambini. Per fortuna nessuno ha inteso correlare il suo personale stile pittorico alla sua intelligenza, mentre oggi, a distanza di tanti anni, possiamo ammirare i suoi dipinti con la consapevolezza di avere davanti l’espressione più autentica del surrealismo.
 
 
 
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