A volte è utile arrabbiarsi un po’

A che cosa serve parlare di rabbia? A che cosa serve la rabbia?
In un mondo alla costante ricerca della felicità e del benessere, soffermarsi su questa emozione che può farci perdere l’autocontrollo, spingerci a pronunciare frasi offensive o, addirittura, compiere gesti estremi e violenti può suonare quasi stridente, quando non controproducente. Del resto, vista in questi termini così negativi, la rabbia è qualcosa da arginare e controllare, limitando il più possibile i danni che può arrecare a noi stessi e a chi abbiamo di fronte.
Eppure questa emozione è una parte fondamentale del nostro “essere umani”, per esempio quando insorge come reazione a una ingiustizia o a una frustrazione dei nostri bisogni, così come è parte del nostro “essere animali” – lo siamo sempre un po’! – per esempio quando ci spinge all’aggressività in caso di pericolo oppure di competizione.
Per vivere pienamente un’emozione come questa, allora, può tornare utile indagarne le diverse dimensioni, tra cui – io ne sono convinta – ricopre un ruolo importantissimo il suo valore costruttivo.

Il valore costruttivo della rabbia

A questo proposito voglio condividere con voi uno studio, che mi ha fatto molto riflettere, dello psicologo James Averill dell’Università del Massachusetts, in cui lo studioso americano identifica tre tipi di rabbia: la “rabbia malevola”, che esprime disprezzo o desiderio di vendetta; la “rabbia di sfogo”, che scarica una tensione su un soggetto esterno; e la “rabbia costruttiva”, volta a far valere le proprie ragioni, comunicare coinvolgimento e rafforzare le relazioni.
Rafforzare le relazioni con la rabbia? Difficile immaginare in che modo?
Beh, se ci figuriamo una persona che urla e sferra pugni e offende, oppure che grida e aggredisce per ogni minima cosa diversa dai suoi desideri, allora può risultarci davvero complicato comprendere in che modo la rabbia possa rafforzare le relazioni. Ma basta spostare di poco lo sguardo da questa modalità di rappresentazione e immaginare una persona che, pur se rossa in viso, con le sopracciglia corrucciate e i pugni stretti, spiega con fermezza, decisione e coraggio le ragioni per cui dentro di sé è insorta una emozione tanto intensa e capire in che modo la rabbia può diventare costruttiva diventa immediatamente più semplice.
Quando ci troviamo di fronte a una persona capace di riconoscere l’emozione che sta provando e di “raccontarcela”, abbiamo l’occasione di guardare nel suo cuore e nella sua mente, di comprenderla più profondamente e, attraverso questa maggiore comprensione e conoscenza, dare una opportunità in più alla relazione che ci lega, per farla evolvere e, spesso, rinsaldare.
Questa stessa occasione possiamo offrirla noi agli altri quando siamo in grado di riconoscere e raccontare quello che sentiamo in un particolare momento. Il risultato è la creazione di un circolo virtuoso che parte da noi e in noi ritorna passando per le persone che ci circondano e così, mentre ci evolviamo, facciamo evolvere anche le relazioni.

La rabbia di Verdolina la fa volare

È esattamente questo che succede a Verdolina nel Capitolo cinque del racconto che ormai abbiamo imparato a conoscere. La giovane tovaglia verde, entusiasta e un po’ timida, si arrabbia. Diventa rossa come il fuoco, e se lo sente bruciare dentro, perché il suo amico Vento le gioca uno scherzo che non è affatto di suo gradimento: mentre è addormentata, la mette sul comignolo di un forno acceso, facendola avvampare. Lo scherzetto del Vento non è assolutamente pericoloso, ma Verdolina reagisce esprimendo il suo fastidio e il suo disappunto, soprattutto perché, avvolta nella spontaneità del sonno e del sogno, rivela al Vento quella che lei avverte come una delle sue fragilità, ovvero la voglia di piacere esattamente com’è, con il suo colore tanto particolare.
La rabbia espressa da Verdolina, con fermezza ma senza toni aggressivi, diventa per il Vento l’occasione di conoscerla meglio e di comprendere più profondamente i gusti della sua nuova amica e le sue insicurezze. È allora che gli viene in mente, per aiutarla a calmarsi e per farsi anche un po’ perdonare, di trasformarla in una mongolfiera. Così, mentre i due amici volteggiano nell’aria fresca dell’alba piroettando tra le nuvole, la loro relazione si rafforza nella conoscenza l’uno dell’altra, condita da uno spassoso divertimento.

La rabbia siamo noi

Prima di rimandarvi al nuovo laboratorio che, in collaborazione con Francesca de Robertis, ho tratto dal Capitolo cinque di Verdolina scopre il mondo, vorrei concludere questa brevissima riflessione sulla rabbia con un pensiero che, molto di recente, ho avuto modo di approfondire grazie a uno spunto datomi dall’insegnante di mio figlio.
Proprio per gli aspetti negativi che una rabbia non controllata presenta, e proprio a causa dei problemi – anche relazionali – che questa emozione può di frequente portare con sé, la tentazione di pensarla come qualcosa che non ci appartiene e che, indipendentemente dalla nostra volontà, può travolgerci è molto, molto forte, a tratti quasi seducente.
Il rischio che corriamo cedendo a questa tentazione, però, è di attuare una sorta di deresponsabilizzazione per cui pensiamo a noi stessi come a dei soggetti passivi di questo movimento emotivo in cui il “personaggio rabbia” passa, distrugge tutto e se ne va, lasciandoci sfiniti e, spesso, pungolati dal senso di colpa per avere aggredito e ferito chi ci è accanto.
E invece un “personaggio rabbia” diverso da noi, non esiste. Ciò che esiste è un noi arrabbiato che svolge una parte attiva, capace di prendere il controllo della situazione per evitare gli eccessi, capace di canalizzare quella emozione verso una via costruttiva, capace di attribuirle il giusto peso e la giusta misura, nel tempo, nei comportamenti, nelle relazioni.
La rabbia siamo noi, una parte importante del nostro vissuto e dell’identità che, anche arrabbiandoci, costruiamo ogni giorno.
Scaricate gratuitamente dal box qui sotto il nuovo laboratorio! E buon divertimento con Il mandala della rabbia
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